Intervista a Paolo Borrometi :”L’antimafia è un valore etico e non un motivo per appendersi delle medagliette sul petto”

Paolo Borrometi è un uomo, un intellettuale che mostra un indomito coraggio di vivere . Nato a Modica 40 anni fa, dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza ,ha preferito dedicarsi alla passione giornalistica collaborando con il “Giornale di Sicilia” e divenendo in breve tempo nel 2013 pubblicista e successivamente professionista nel 2017. Collabora da oltre 10 anni con l’AGI di cui è diventato nel 2019 vice direttore e recentemente nel marzo 2023 è stato nominato condirettore. Nel 2013 ha fondato una testata giornalistica online “LaSpia.it” nella quale approfondisce inchieste e indagini i sulla criminalità organizzata. Paolo è un collega che ha ricevuto numerose , svariate minacce e intimidazioni da appartenenti alla criminalità organizzata provenienti in particolare dal ragusano e dal siracusano. Una sua inchiesta pubblicata sul giornale ha contribuito in modo determinante allo scioglimento del comune di Scicli per infiltrazioni mafiose. Nell’aprile del 2014 subisce un’aggressione ad opera di persone incappucciate che gli procura una grave menomazione alla mobilità della spalla. Nello stesso anno è oggetto di minacce e reiterate violenze verbali Dopo l’ incendio doloso alla porta di casa sua gli viene assegnata una scorta dei Carabinieri. Nel dicembre del 2015 per motu proprio il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella gli conferisce l’onorificenza di Cavaliere dell’ Ordine al Merito della Repubblica Italiana.
Le sue inchieste continuano e hanno condotto al commissariamento per mafia di Italgas, la prima azienda quotata in borsa ad essere colpita da un provvedimento di questo tipo dal Tribunale di Palermo. E ancora le sue inchieste sul Mercato ortofrutticolo di Vittoria ,sui trasporti su gomma gestiti dai Casalesi , a sulla presenza mafiosa nel sudest siciliano, sulle “vie della droga” alla provincia di Ragusa. hanno portato ad indagini della magistratura e a processi. Nel 2016 Borrometi si dedica ad alcune inchieste scottanti sulla mafia di Siracusa, di Pachino e Avola ,soprattutto sulle piazze di spaccio della droga. L’AGI nel 2016 lo trasferisce da Ragusa a Roma ,tuttavia il giornalista continua a ricevere pesanti minacce di morte in privato e persino sui social network. Rosario Crocetta, Presidente della Regione nel 2017 lo insignisce della Medaglia d’oro di benemerenza della Regione Siciliana con la seguente motivazione “per il coraggio e la determinazione nel portare avanti la professione malgrado le innumerevoli minacce ricevute dalle cosche mafiose del suo territorio”.
Un’altra onorificenza “Pegaso” gli viene conferita dal Presidente del Consiglio Regionale della Toscana Eugenio Giani il 29 settembre del 2017 per “l’impegno civile in favore della legalità e contro le mafie”.
Nell’aprile del 2018 è stata emessa un ordinanza del Gip di Catania che ha portato all’arresto di quattro persone in cui si rende pubblico il tentativo di organizzare un attentato mafioso nei confronti del giornalista che doveva essere realizzato dal clan Cappello di Catania su sollecitazione del gruppo mafioso Giuliano di Pachino.
Anche Papa Francesco ha ricevuto il giornalista in udienza privata nell’aprile del 2018 per manifestargli la sua solidarietà e vicinanza assicurando la sua preghiera. Nel settembre del 2018 è stato assunto dall’emittente della CEI TV 2000. Fa parte del gruppo stampa della Fondazione Caponnetto ed è tesserato onorario della Cgil e della Uil. Altri riconoscimenti sono stati le cittadinanze onorarie di Palermo, Romentino (Novara), Candiolo(Torino),Bracciano(Roma), Vinovo (Torino), Alcamo (Tp) ,Scordia (Catania) e Barberino Tavernelle(Firenze). Innumerevoli sono i procedimenti giudiziari per minacce e calunnie(oltre cinquanta) che lo vedono coinvolto come parte lesa a dimostrazione che Paolo Borrometi non si arrende mai e continua a fare il suo lavoro , a svolgere il dovere di cronista senza piegare la testa nei confronti dei potenti e dei mafiosi. Paolo è un uomo dai tratti nobili, simpatico, garbato e molto gentile assai disponibile a rilasciarci un’intervista a Piedimonte Etneo dove ha presentato il suo ultimo libro “Traditori.Come fango e depistaggio hanno segnato la storia d’Italia”.

Chi sono i “Traditori”?
I traditori sono tutti coloro i quali hanno tradito il giuramento che hanno fatto sulla Costituzione. Donne e uomini in divisa che hanno tradito lo Stato, personalità pubbliche che hanno violato il giuramento sulla Costituzione. Però il libro è anche una provocazione ,perché i traditori sono anche tutti quei cittadini che nonostante vedano e sappiano si girano dall’altro lato , traditori sono anche coloro i quali mettono in scarsa luce tutti i servitori di questo Paese che sono l’assoluta maggioranza ma troppo spesso noi giornalisti ci dimentichiamo di ricordarli.
Cosa ti ha spinto a fare giornalismo d’inchiesta, forse la curiositas insieme alla ricerca della verità ?
Sono un uomo curioso in ogni senso. Mi ha spinto certamente un collega giornalista, un ragazzo che è stato ucciso nella mia provincia a soli 27 anni, si chiamava Giovanni Spampinato. Uno dei tantissimi giornalisti uccisi da mafia e terrorismo in questo Paese . Di Spampinato ancora oggi si dice che se l’è andata a cercare. E siccome non potevo mai immaginare tra i banchi di scuola, al liceo, che un giornalista si andasse a cercare la morte semplicemente per fare il proprio dovere,ho iniziato ad appassionarmi a quella storia di Giovanni Spampinato e ho sognato da grande di fare il giornalista ma di farlo come lo faceva lui, scavando e facendo inchieste giornalistiche , ecco come nasce la mia passione per il giornalismo.

Giovanni Spampinato
Hai citato Giovanni Spampinato, un grandissimo giornalista purtroppo ucciso e molto calunniato. La verità si è scoperta a distanza di moltissimi anni. Molti sono i giornalisti d’inchiesta che hanno perso la vita e che sono stati calunniati da Peppino Impastato a Giancarlo Siani e tanti altri. Oggi il lavoro di giornalista d’inchiesta è meno rischioso rispetto al passato?
Non penso che sia meno rischioso. Ci sono tante colleghe e tanti colleghi nelle periferie italiane che vengono minacciati, aggrediti ,insultati e intimiditi. Io penso che oggi ci sia un’altra sensibilità verso le minacce che i giornalisti ricevono e questo permette di arrivare il giorno prima di eventuali fatti criminali e non il giorno dopo come succedeva prima. Voglio soltanto ricordare che giornalisti come Peppino Impastato, Pippo Fava , Giovanni Spampinato, Cosimo Cristina, Beppe Alfano sono stati calunniati in vita e in morte.Penso che ognuno di noi possa e debba realmente tentare di continuare il loro lavoro semplicemente con il nostro impegno alla ricerca della verità.
Oggi cos’è Cosa Nostra secondo te. Esiste ancora il rito d’iniziazione, si può parlare di una Cosa Nostra secondo quello ci ha descritto Buscetta o è divenuta altra cosa?
Penso che gli intenti siano quelli di sempre, l’arricchimento, il profitto e il dominio del territorio al Sud.Oggi abbiamo una Cosa Nostra neanche 2.0 ma 3.0. Una Cosa Nostra per la quale molto probabilmente non si riuniscono più i capi delle province perché è molto complicato che si possano vedersi. Penso che oggi il rito d’iniziazione per come l’abbiamo conosciuto sostanzialmente non esista più. Ritengo che oggi le mafie siano radicalmente cambiate. Sparano molto meno e soltanto quando è strettamente necessario. Prima il ricorso al sangue era la prima riserva di intimidazione della mafia, oggi la riserva della violenza fisica, dell’uccisione e del sangue, è l’ultima delle istanze, questo dobbiamo averlo ben chiaro. Le mafie però sono ancora oggi fortissime . L’arresto di Matteo Messina Denaro ha chiuso un ciclo in Cosa Nostra ma non ha posto fine alla vita di Cosa Nostra, è solo finita la mafia militare dei corleonesi. Oggi dobbiamo comprendere che le mafie fanno affari con la sanità, con gli appalti pubblici come hanno sempre fatto ,stanno tentando di “attaccare” per inserirsi nei flussi finanziari del PNRR. Oggi c’è l’esigenza che i giornalisti e la società civile parlino sempre più delle mafie perché la politica ne parla troppo poco.
Il processo celebrato a Reggio Calabria “‘Ndrangheta stragista” portato avanti del Pm Lombardo,brillante magistrato, ha parlato di Cosa Unica affermando che c’è stata un’alleanza tra mafia e ‘ndrangheta negli anni in cui scoppiarono le bombe del 1993-93 . Questo patto portò anche all’uccisione di carabinieri. Ecco pensi che la mafia si sta orientando verso nuovi paradisi finanziari abbandonando le vecchie collusioni bancarie e sposta i capitali fuori dai confini locali?
Le mafie hanno compreso molto prima di quanto noi possiamo immaginare che farsi la guerra non era assolutamente produttivo per loro e hanno iniziato a dividersi il territorio, a spartirsi gli affari e a diventare una Cosa unica. Il libro “Traditori” analizza tutti questi fatti e anche questa unione inevitabile tra le mafie ,non solo Cosa Nostra e ‘ndrangheta ,ma anche di tutte le altre mafie, anche le alleanze con la camorra e la sacra corona unita. Il frutto di quell’unione è stato l’uccisione di un grande magistrato Antonino Scopelliti che doveva rappresentare l’accusa in Corte Cassazione al maxi processo. Questo valoroso giudice dopo aver ricevuto una richiesta di corruzione per diversi miliardi di vecchie lire che rifiutò immediatamente venne ucciso poco dopo. La sua fine venne decisa sulla base di un accordo assai probabile tra il clan Santapaola e la ‘ndrangheta calabrese.
Il nostro è un Paese senza verità. Ritieni che le verità storiche sui fatti di mafia siano acquisite anche se le verità giudiziarie non siano arrivate o arrivino in ritardo?
Sono due cose diverse. Il vero problema che noi in questo Paese abbiamo fatto una grande confusione, abbiamo pensato che la verità storica dovesse essere per forza una verità processuale. Tangentopoli ha sballato l’idea di verità in questo Paese, abbiamo affidato la ricerca delle verità ai magistrati, sbagliando .Soprattutto i giornalisti hanno una grande responsabilità, comprendere che le verità non si fanno nei processi, quelle sono verità processuali che sono un’altra cosa. Le verità vanno ricercate con il lavoro di approfondimento, di studio e di ricerca che devono fare i giornalisti d’inchiesta.
Proprio in questi giorni è morto Andrea Purgatori, uno dei più grandi giornalisti d’inchiesta, che sicuramente hai conosciuto ecco che eredità ci lascia questa luminosa figura?
Ci lascia una grande eredità. Ho avuto l’onore di conoscerlo e di avere uno straordinario rapporto di stima. Andrea Purgatori ci fa comprendere come in questo Paese il giornalista debba essere “cane da guardia” della democrazia e non “cane da compagnia”. Ha messo spesso d’accordo l’intero arco costituzionale perché lui voleva sempre fare le pulci a tutti. Ed è quello che deve fare un giornalista non guardare in faccia gli uomini del potere, non avere riguardo per nessuno.

Andrea Purgatori
Il fronte antimafia molto spesso si divide e vi è stato anche il caso Montante con un antimafia di facciata in cui molti sono stati involontari sostenitori delle ex presidente di Confindustria Sicilia
La figura di Montante è stata resa credibile dalle istituzioni di questo Paese che lo incontravano e lo legittimavano. Quella era un antimafia di cartone che non ha fatto bene all’Italia in quanto ne abbiamo visto i frutti avvelenati. Il problema è che ognuno di noi non deve avere mai un profitto dall’attività che fa. Per tale motivo non amo il termine di giornalista antimafia e ogni volta che lo sento salto dalla sedia. Non possono esistere giornalisti antimafia, dell’anticorruzione e della legalità. Esistono giornalisti punto, come esistono sacerdoti punto, così come esistono imprenditori punto, che per definizione sono per la legalità. L’antimafia è un valore etico e non un motivo per appendersi medagliette sul petto.

Paolo Borrometi