L’omicidio di Giovanni Zangara, negò un favore alla mafia di Corleone

In Italia prima dello scoppio della guerra nel 1911 era stato introdotto il suffragio universale maschile. E così per la prima volta potevano votare anche gli analfabeti e questa riforma consentì nel 1914 a Corleone, l’elezione del primo sindaco socialista, il sindacalista Bernardino Verro. Insieme a lui venne eletto anche Giovanni Zangara che divenne assessore.
Solo un anno dopo Verro fu assassinato e fu sostituito da un falegname socialista, Carmelo Lo Cascio. Giovanni Zangara, fu anche un dirigente di primo piano del movimento contadino e mantenne la carica di Assessore comunale sino al 3 novembre 1915 ,giorno in cui venne ucciso Verro.
Dopo la guerra vi era penuria di beni di prima necessità quali il frumento e lo Stato pensò di razionalizzare la distribuzione del petrolio che scarseggiava. A Corleone questo compito venne affidato proprio a Zangara ,il quale si occupava della distribuzione alle famiglie bisognose.
Intanto la mafia spadroneggiava e alla fine di gennaio del 1919, il nuovo capo mafia di Corleone, Michelangelo Gennaro, chiese a Giovanni Zangara, una certa quantità di petrolio per la sua masseria. L’assessore si rifiutò poiché in base alle regole Gennaro non rientrava tra le famiglie che ne avevano diritto. Il rifiuto di Zangara di dare del combustibile appartenente alle affittanze pubbliche, e quindi , destinato ai poveri, al capomafia Michelangelo Gennaro segnò il suo destino. La prepotenza mafiosa non ammetteva dinieghi e il capo mafia si sentì profondamente offeso. Lo stesso giorno della risposta negativa ricevuta il 29 gennaio, tre persone incaricate da Michelangelo Gennaro attesero in via Marsala l’assessore e lo colpirono a morte sparandogli con delle pistole. Il povero Zangara spirò in Ospedale subito dopo.
Questo episodio di sangue si inquadrava nella repressione violenta alle lotte contadine portata avanti dalla mafia a Corleone e il fatto che ci fosse una giunta socialista non poteva mai essere accettata dai mafiosi. Giovanni Zangara aveva solo 42 anni ed era un uomo semplice di professione “cordaro”. La mafia lo uccise anche perché voleva sostituire con la violenza la giunta a Corleone ed esercitare nuovamente non solo il potere dentro la casa comunale ma anche bloccare le lotte contadine dopo la grande guerra.
Bisogna fare un passo indietro e ricordare che La Sicilia nei primi anni del Novecento era pervasa dalla lotta contro il latifondo come peraltro avveniva in tutto il Sud. E così erano nati il movimento dei“fasci siciliani” che rappresentò un tentativo di protesta organizzata che si poneva degli obiettivi concreti e che fu represso dal governo del Regno. Sino a quel momento le lotte erano state sporadiche e isolate,venivano portate avanti con l’occupazione delle terre e la distruzione della proprietà. Mancava una vera rivendicazione per ottenere le riforme agrarie. In questo contesto visse Giovanni Zangara che militò nel Partito Socialista avvicinandosi sin da giovane all’impegno politico con una fede e una passione idealista tipica di quegli anni. Morì per non avere accettato l’imposizione mafiosa e la sua storia è un esempio limpido di coerenza per la libertà e la legalità.