Teatro Bellini, l’affascinante Traviata degli specchi conclude la stagione lirica 2023

E’ stata una bella e applaudita Traviata quella cui abbiamo assistito venerdì 1 dicembre al Teatro Massimo Bellini, una versione alternativa che ha davvero catturato gli spettatori.
L’opera più rappresentata di Verdi, la più amata e ascoltata, una storia di amore e morte che si intreccia con una fuggevole e insinuante gioia di vivere, è stata proposta in una regia davvero accattivante, l’allestimento di Henning Brockhaus, fondato su una parete a specchi che riflette la scena, consentendo una diversa e prospettica angolazione sulla triste vicenda. Circa trent’anni fa lo scenografo Joseph Svoboda ideò infatti la celeberrima “Traviata degli specchi”, che finalmente, dopo oltre 50 edizioni e riconoscimenti mondiali, è approdata a Catania, regalando agli spettatori una full immersion nella vicenda davvero emozionante.
Valido il cast vocale, caratterizzato anche da buone doti interpretative, dove è innanzitutto emersa proprio la Violetta del soprano catanese Daniela Schillaci, considerata una delle maggiori interpreti della scena lirica internazionale, protagonista di un bel successo personale, che ha tratteggiato il complesso personaggio con un trasporto in linea con la direzione musicale ed una vocalità davvero efficace. Una voce morbida, duttile e un timbro gradevole le hanno consentito di brillare nei recitativi e nei passaggi delle fioriture insieme a una buona presenza scenica. Una Violetta piacevole, dunque, tanto nei duetti, (in particolare quello con Germont padre) quanto nell’aria del III («Addio, del passato bei sogni ridenti») e nell’arioso del finale III («Prendi: quest’è l’immagine»). Valida anche la prova dell’Alfredo di Giorgio Misseri, caratterizzata da un buon fraseggio, che gli ha meritato caldi applausi finali.
Ottima performance, infine, di Franco Vassallo nei panni di Giorgio Germont, parte qui particolarmente impegnativa, che il baritono ha risolto con buon controllo dell’emissione vocale, conservando una buona timbratura e risonanza nel registro acuto, soprattutto nella celeberrima aria “Di Provenza”.






Bravi anche i comprimari: Floria Bervoix, interpretata da Elena Belfiore, il Barone Douphol da Gianluca Lentini, il Marchese d’Obigny da Dario Giorgelè, il dottor Grenvil da Gaetano Triscari, Gastone da Massimiliano Chiarolla, Sonia Fortunato nel ruolo di Annina.
Il tutto amalgamato alla perfezione dall’accurata direzione del maestro Josè Cura, che ha saputo perfettamente dosare la tensione orchestrale, proprio come Verdi richiedeva, adatta a reggere la corrispettiva tensione drammatica delle voci, manifestando un ottimo feeling con l’Orchestra del Teatro Massimo Bellini . Non a caso, ha ribadito Daniela Schillaci in una sua recente intervista, tutta la lettura di Cura “fa trasparire l’emozione e la tensione dei personaggi con dei colori meravigliosi e i tempi un po’ più serrati, ma sempre animato da un rispetto profondo per il volere verdiano”. Altresì buona e ricca di colore la prestazione del Coro istruito da Luigi Petrozziello.






Il tutto per la felicità degli ascoltatori, che hanno avuto modo di godersi in un incantevole teatro uno dei più bei melodrammi italiani…in un magico gioco di specchi che, riflettendo nel momento finale il pubblico, ha significativamente simboleggiato la società che crudelmente ha ucciso Violetta Valery. Allora come adesso.
