Una toccante Anna Karenina inaugura la stagione dello Stabile catanese

Davvero bravi Gianni Garrera e Luca De Fusco nella loro riduzione teatrale di Anna Karenina,
indimenticabile romanzo di Lev Tolstoj, realizzata in coproduzione tra il Teatro Stabile di Catania e
il Teatro Biondo di Palermo, in scena a Catania dal 3 al 12 novembre per l’apertura della stagione
2023/24, che vede come protagonista una attrice versatile come Galatea Ranzi.

Bravi perché tutti si chiedevano cosa ci sarebbe stato di quel memorabile romanzo e di quella
memorabile protagonista in una performance che naturalmente avrebbe dovuto operare tagli e
aggiustamenti, vista anche la mole delle pagine, dei personaggi e delle situazioni. Ebbene nello
spettacolo in scena allo Stabile in questi giorni c’è tutto Tolstoj, c’è tutta Anna, c’è l’anima di una
storia drammatica, fatta di urgenze e delusioni, di grandi gioie e atroci dolori.

Il tutto reso e fatto teatro da una performance multimediale, che non ha risparmiato inserti e sovrapposizioni video di Alessandro Papa, didascaliche sovraimpressioni e un’attenzione precipua al significato sostanziale dell’opera tramite la tecnica degli a parte, recitata a turno dai vari protagonisti, quell’artificio teatrale che, già presente nel teatro greco, ha conosciuto in epoca contemporanea un importante sviluppo, soprattutto come strumento d’indagine della psiche e dei pensieri più profondi dei
personaggi che agiscono in scena.

Questo controcanto ha avuto un ruolo decisivo nello spettacolo, animandolo di profonda
introspezione e sottolineando con le parole dello scrittore russo il volto più moderno di Anna
Karenina, quella cocente critica al moralismo borghese, di cui Anna sarà vittima predestinata.
Galatea Ranzi, affascinante sulla scena come nei video, ha dato voce e corpo intimamente perfetti
all’eroina tolstojana, complice la scena volutamente scarna, allo scopo di creare un teatro di
parola, dove solo la parola conta.

A dialogare con lei l’icastico Paolo Serra nei panni del formale Karenin, desideroso solo di salvare le apparenze senza turbare il suo mondo perfetto, minacciato dalla forza travolgente dell’eros; e il Vronskij del convincente Giacinto Palmarini, amante appassionato prima, poi deluso e desideroso di liberarsi del peso di una passione ormai fonte di noia e preoccupazioni.

In perfetta sintonia anche Mersila Sokoli nel ruolo di Kitty e Francesco Biscione in quello di Levin,
innamorato tenace, ma anch’egli alla fine disilluso; un plauso a parte merita Stefano Santospago,
che ha incarnato uno Stiva, fratello di Anna e ironico critico del matrimonio, davvero accattivante,
cui ha fatto da contraltare Debora Bernardi nel ruolo della moglie Dolly, anche lei vittima
dell’ipocrisia sociale. Brave anche Giovanna Mangiù nei panni di Betsy e Irene Tetto in quelli di
Lidija, che hanno punteggiato con la loro recitazione lo sviluppo via via sempre più drammatico
dell’azione scenica, fino alla toccante scena finale, memore di una delle pagine più belle della
letteratura di tutti i tempi, che ha trasmesso perfettamente l’angoscia di Anna, risoluta a morire e
memore di tutta la sua vita, ispirata all’amore e alla verità.
L’avanzare sulla scena del treno ha siglato magistralmente un esordio in grande stile per il Teatro
Stabile catanese con la grande regia di Luca De Fusco: grandi applausi finali, un pizzico di
commozione e tanta voglia di rileggere il capolavoro di Tolstoj.