“Il tassidermista di pappagalli ” di Luca Migliorisi, dura e ironica critica all’antropomorfismo

“ Il pappagallo è una bestia difficile, molto difficile, ed è pericolosa, come una bella donna gelosa dal comportamento un po’ schizoide…Il pappagallo continua a ripetere la stessa cosa, e cioè che è geloso di te, e quasi te ne senti adulato, data l’esclusiva morbosità e la violenza immane che mette in pratica contro chi a te si avvicina per cercare, al suo occhio maniacale, di sedurti…” si apre con questo incipit il nuovo romanzo giallo o ,se più vi piace, noir di Luca Migliorisi, giusveterinario con la passione della scrittura , giunto alla sua seconda fatica letteraria. Il libro si intitola “Il tassidermista di Pappagalli”( Edizioni di Algra ) ed è dedicato alla memoria di una figura poco conosciuta Gonzalo Cardona Molina, il Che Guevara dei pappagalli.

Si divide in due parti la prima “Nella quale i pappagalli di vendicano e un mostro si mostra” e una seconda parte “Nella quale il carnefice muta”. Da queste prime battute si coglie la conferma del carattere della scrittura di Migliorisi, il quale ripresenta gli stessi personaggi del precedente romanzo “Nel segno dello scorpione” con la variante di un’inquietante e cruenta storia di pappagalli imbalsamati e appesi allo sterno da un tassidermista( in genere un tecnico che appende gli animali morti per i musei di storia naturale) però in questa narrazione del libro è un assassino che asporta trachea, cuori e polmoni appende allo sterno gli uccelli morti. Qualcuno dirà che è una storia farneticante oppure si soffermerà sul valore simbolico o allegorico però vale la pena di leggere il libro per capire le mille sfaccettature presenti e contenute nel testo che assumono un grande significato. Si può ascoltare dalla viva voce dell’io narrante Claudio Izzo, vicequestore aggiunto del Corpo forestale , veterinario, personaggio poco rispettoso delle regole, ribelle, cinico e cattivo, il quale ha il compito di dipanare l’aggrovigliata matassa nonostante il suo inveterato odio verso le autorità costituite e l’assoluta sfiducia nei confronti del prossimo. Forse Izzo è affascinato dagli animali, viene abbagliato dalla bellezza dei colori e dall’intelligenza dei pappagalli, conduce l’indagine rischiando la pelle però non perde mai il suo buon umore e il sarcasmo dando vita ad innumerevoli digressioni letterarie, musicali, scientifiche che “infondoinfondo” ci stimolano a riflettere sul mondo che viviamo. E’ una critica senza mezze misure all’antropomorfismo che è stata una dottrina culturale molto in voga dalla rivoluzione industriale che ha devastato il pianeta frantumando l’equilibrio naturale. E proprio solo una minoranza ha tentato di opporsi allo sviluppo disordinato e distruttivo, allo sterminio di specie animali, alle esigenze del mercato e del consumismo onnivoro. Tra questi l’eroe della Colombia Molina Cardona è una vittima innocente in quanto difensore dei pappagalli usati e sfruttati in tutti i modi come animali domestici o per il commercio clandestino. Il romanzo descrive figure grevi e indifferenti alla vita naturale che si attivano solo quando spunta all’orizzonte questo misterioso ( pardon enigmatico ) assassino seriale con le stesse dinamiche e che entra in azione all’improvviso suscitando angosce e paure. L’humus in cui si svolge l’intera vicenda è il contesto che ama Luca Migliorisi, nell’area ionica etnea tra Giarre, Riposto e Giardini Naxos dominate dalla “Dea Etna”. E ci sono le solite puntate a Roma, città molto ammirata dallo scrittore, nonostante la sua origine milanese, la città eterna detiene il potere anche risolutivo degli intricati e torbidi omicidi avvenuti in ogni dove ma mai effettuati per pura casualità sempre mirati e indirizzati verso vittime davvero emblematiche.

“Il tassidermista di pappagalli” presentato al Salone del Libro di Torino
Luca Migliorisi, scrittore schivo e riservato, non si nasconde e non dissimula il suo punto di vista sui fatti del mondo anzi conferma la tendenza a rompere con i luoghi comuni, con le ipocrisie, con i pregiudizi manifestando la sua ostilità verso chi adagia allo status quo senza fare nulla per cambiare le cose. Nella sua scrittura c’è pessimismo tuttavia l’(auto)ironia colta può essere anche un’arma di lotta verso i presunti “benpensanti” che pensano e operano male agendo per mere ragioni di profitto e di guadagno.” Ma tant’è “.