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Un comune denominatore mediatico: il silenzio sul “sistema Montante”

Esplorando quotidiani, settimanali e, soprattutto, pagine web e profili facebook, si può rilevare come sia minimizzato, se non ignorato del tutto, il “sistema Montante”. Troppo silenzio. Il fatto è che questo scandalo, forse il più inquietante degli ultimi decenni, coinvolge tanti ambiti e tanti personaggi, molti dei quali vere e proprie “icone della legalità”, che risulta quasi sconveniente trattarlo. Mette così tanto imbarazzo da spingerlo verso l’oblio della pubblica opinione, la cui conoscenza dei fatti è stata limitata a tal punto da portarla a credere che questo raffinatissimo marchingegno criminale sia una semplice e grottesca iniziativa di un biciclettaio fasullo, capace solo di accreditarsi prestigioso “imprenditore antimafia” presso ogni corte di potere, fino a farsi affidare tutti i beni confiscati nazionalmente alle mafie. Spiegarlo è difficile quanto comprendere le 1.350 pagine redatte dal Pubblico ministero Graziella Luparello che, infine, definisce perfettamente il “sistema Montante”: una mafia trasparente. Ma chi può avere la capacità di sconvolgere l’immaginario collettivo sedimentato che non accetterebbe, ad esempio, un Andrea Camilleri che mente sulla storia delle “biciclette Montante”, una “gran minchiata”, una bugia ad arte per certificare un antico pedigree industriale all’uomo della provvidenza, a Calogero Antonio Montante, “Antonello” per gli amici (come lo chiama don Ciotti, difendendolo ansiosamente). Come si fa a sfatare l’infallibilità di certi miti, insindacabili, che però bussano alla corte di Montante a chiedere favori e sostegno? E, allora, visto che gran parte dei poteri rischia di essere toccato e sporcato, anche minimamente, dallo scandalo, si fa come al solito, come sempre, cioè, si annacqua e si copre. Si contrastano e si inibiscono gli approfondimenti, si serrano i ranghi, si dissuadono gli ostinati. Bisogna fermarsi. Ci si accontenti di quello che c’è. “Il popolo è minorenne …”, distratto dalla sapiente gestione populistica dei media, si lascia coinvolgere e manipolare. Montante è un incidente di percorso per il sistema. Un sistema che, con nuova locuzione, può essere definito con il termine “Sbirromafia”. La titolarità, infatti, spetta alle istituzioni, stavolta, ai servizi “deviati” e alle enclavi accademiche, queste ultime da sempre inosservate dagli inquirenti. Conclusione: una cortina fumogena sul “caso Montante”, nessuna evoluzione investigativa, una stampa vaga e aleatoria … Tutto scivolerà nel dimenticatoio. Repressione, invece, per certi scrittori d’inchiesta “ficcanaso”, con ogni mezzo, dal momento che continuano a scavare e rinvenire pezzi di verità inconfessabili. Una regola dice che è difficile comprendere senza rileggere. Se vi và, buona rilettura.

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Laureato in Giurisprudenza nell’ Università di Catania. Avvocato penalista di lunga e consolidata esperienza, patrocinante presso la Suprema Corte di Cassazione e Giurisdizioni Superiori. In particolare modo svolge attività di assistenza e consulenza legale, nonché attività di rappresentanza e difesa in sede contenziosa e stragiudiziale, principalmente nel settore del diritto penale e prevalentemente nelle seguenti materie: Reati contro l’ordine pubblico; Reati contro la Pubblica Amministrazione; Reati contro la persona; Responsabilità medica; Diritto penale del lavoro; Reati contro il patrimonio. E’ stato uno dei fondatori del Movimento La Rete e poi deputato regionale dello stesso gruppo politico all’Assemblea Regionale Siciliana per due legislature. E’ un animatore e un attivista dell’impegno antimafia a Catania in Sicilia e si è distinto nell’attività professionale difendendo molti collaboratori di giustizia che hanno reciso i legami con Cosa Nostra.
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