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Elisa Castorina, la poetessa degli splendidi “riccioli “barocchi

     

     Una poetessa assolutamente inedita: una scoperta. Eugenio d’Ors considerava il Barocco come una costante eterna dello spirito: una categoria metastorica, dunque. E sia pure. Però, per quanto metastorico lo si voglia, il Barocco continua a far breccia, di tanto in tanto, nel tempo – nella Storia – e a sbrilluccicare del suo lucore nei testi degli autori più disparati, noti (val la pena di ricordare l’ingegner Gadda? O il professor Bufalino? O il barone Lucio Piccolo di Calanovella, o il “poliziotto” Pizzuto? O lo slavista Angelo Maria Ripellino?) e meno noti.

     Quest’ultimo sembra essere il caso di Elisa Castorina, poetessa (diremmo) naturaliter “barocca”. Nata a Torino nel 1971 da famiglia di origine siciliana, la poetessa si è laureata in lettere nell’ateneo torinese con una tesi su La tradizione barocca nel ‘900 letterario siciliano e lavora nel campo dell’editoria.

     Le sue poesie presentano, senza minimamente lasciar trasparire il sottostante sforzo compositivo, tutto l’armamentario stilistico-formale del Barocco: elenco enumerativo e accumulativo dei nomina; catene di metafore che gonfiano il periodare versico; insistiti giochi verbali (dalle allitterazioni alle paronomasie, dalle germinazioni alle ellissi e alle riprese anaforiche ecc.); scoppiettante linguaggio figurato inteso a cogliere e a rappresentare anche il dettaglio, il ricciolo più minuto della realtà; incastri di assonanze e di rime volte ad alimentare la sonorità dei versi; ricchezza e varietà, unite alla scansione rapida, musicale, dei metri e dei ritmi.

     Se il Barocco storico fu, nei poeti che lo assunsero a “forma” di espressione comunicativo-inventiva, piena consapevolezza della sua natura e della sua funzione precipuamente retoriche e stilistiche, non si è troppo distanti dal vero affermare che questa poesia, possedendo l’autrice (e mostrando di possedere) tale consapevolezza, s’inalvei nel lungo solco della tradizione barocca della lirica italiana.

                                           

                                  Due poesie di Elisa Castorina

                UNA QUIETE DOPO UNA TEMPESTA

                              A tornire tornare

                              caprioli dopo-tempesta

                              uno dopo l’altro

                              e la lancia arresta

                              col pendolo risorio del timore

                              il timone timido che s’impaura

                              ad ogni magrissimo rumore.

                              Sono questi grami granuli dei giorni

                              sempre trifogli anche dopo

                              la ricerca arguta

                              un’attesa attenta a grammo

                              di clessidra un’Idra

                              che muta e si sparpaglia.

                              Ma questo è peggio che da liquido tenaglia.

                                         IL COLORE E IL SIMBOLO

                               Se vesto rosso

                               mi voglio fare sangue tutto il petto,

                               cuore a fuoco ch’espanda

                               certe isole di forza;

                               divenire una penisola rauca e fonda.

                               Il bianco lo guardavo a te addosso,

                               il nero in quell’altro che gracchiava:

                               e tu nocca di poca pazienza

                               scaverai oggi ancora un’altra tara.

                                        Elisa Castorina.

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Nato a Giarre nel 1941, Franco Pappalardo La Rosa si è laureato in Giurisprudenza a Torino, dove vive dal 1963. Giornalista, critico letterario, poeta e narratore, ha collaborato alle pagine culturali de L’Umanità, del Giornale del Sud e della Gazzetta del Popolo e a numerose riviste letterarie. Ha redatto: “voci” per il Dizionario della Letteratura Italiana (Milano, Tea, 1989), per il Grande Dizionario Enciclopedico – Appendice 1991 (Torino, UTET, 1991) e per il Dizionario dei Capolavori (Milano, Garzanti, 1994). In volume ha pubblicato: Il filo e il Labirinto: Gatto, Caproni, Erba (Torino, Tirrenia Stampatori Editrice, 1997); Cesare Pavese e il mito dell’adolescenza (Alessandria, Edizioni dell’Orso, 1993, 1a ristampa); Lo specchio oscuro: Piccolo, Cattafi, Ripellino (ibidem, 2004); Viaggio alla frontiera del Non-Essere: la poesia di Giorgio Caproni (ibidem, 2006); Il poeta nel “labirinto”: Luciano Erba (ibidem, 2006); Alfonso Gatto: dal surrealismo d’idillio alla poetica delle “vittime” (ibidem, 2007); Il fuoco e la falena. Sei poeti del Novecento: Caproni, Cattafi, De Palchi, Erba, Piccolo, Ripellino (ibidem, 2009); Cinque studi. Esemplari di narrativa italiana del Novecento (su “Associazione indigenti”, di M. Collura, “Caro Michele” di N. Ginzburg, “L’amore è niente” di M. Lattes, “Il Compagno” di C. Pavese, “Fratelli” e “Il Custode” di C. Samonà), Torino, Achille e La Tartaruga, 2015; Le “storie” altrui: narrativa italiana del penultimo Novecento (77 recensioni e interviste), ibidem, 2016. Autore anche di narrativa e di poesia, ha pubblicato: Il vero Antonello e altri racconti, Acireale, Lunarionuovo, 1985; Angelo, Torino, Ananke, 1999; Il caso Mozart, Roma, Gremese, 2009, postfazione di G. Barberi Squarotti (romanzo finalista al premio Brancati-Zafferana 2009); Rondò. Tre racconti, Milano, Mimesis, 2012, nota critica di G Tesio; Farandoletta. Un sogno in Sicilia, romanzo, Torino, Achille e La Tartaruga, 2018; Il Melomane, romanzo, ibidem, 2022; L’orma di Sisifo. Poesie 1958-2012, nuova edizione con inediti, ibidem, 2020 (contiene le poesie apparse, rispettivamente, nelle sillogi: Il cuore, la metropoli, Padova, Rebellato, 1969, e Ultime dalla Còlchide, Torino, L. G. C., 1978).

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