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Conversazione con la scrittrice Simona Lo Iacono:”Vivo scrivendo e sogno di scrivere”

Simona Lo Iacono, 52 anni, di professione magistrato,è una prolifica, ormai affermata scrittrice che ha raggiunto le vette della notorietà nel panorama letterario nazionale. Ha  pubblicato diversi racconti ,romanzi e storie  vincendo diversi premi letterari sia nel campo della poesia che nell’ambito della narrativa. E’ impegnata nella cura  di una rubrica sul blog letterario “Letteratitudine” di Massimo Maugeri dove svolge un’importante ruolo editoriale di critica  letteraria. Ha iniziato nel 2008 scrivendo “Tu non dici parole” e con questo racconto ha vinto il prestigioso Premio Vittorini Opera prima. E’ la storia di una bambina Francisca, vissuta nel 1638 a Bronte , che viene  abbandonata alla ruota degli esposti. Dimostrando una tenacia e forza riesce a sopravvive in mezzo agli stenti presso la “Casa del buon fanciullo” e nonostante ciò Francisca si nutre della bellezza che la circonda. Lei riesce ad avere una memoria straordinaria e impara a memoria le parole della Messa e dell’offertorio pronunciate in latino mettendola in relazione alla lingua reale e il linguaggio  è il mezzo capace di vincere la morte. Fa una miracolo quando con la sola forza della parole sconfigge Pilosa, bandito affamato  e megalomane che assalta la ruota degli esposti con un manipolo di delinquenti. Successivamente la Loiacono nel 2011 ha scritto “Stasera Anna dorme presto” edito da Cavallo di ferro . E’ la storia di due donne e due uomini che scrivono quattro diari di medesimo adulterio vissuto, ognuno dal proprio angolo visuale, dove esprimono i patimenti dell’anima che sono l’emozione,il dolore, le sofferenze,i sacrifici, le illusioni e gli inganni. Ognuno di questi quattro personaggi narrano un frammento della realtà e,quindi, di verità  che sfugge agli altri. In modo particolare affiora la figura di Anna che lascia la Sicilia e con essa  tutte le sue ambizioni, per sposare Carlo, giovane avvocato con un futuro brillante seguendolo a Roma . Anna spera in tal modo di vivere  un futuro migliore dove soprattutto possa continuare liberamente a coltivare l’indomita passione per la letteratura e la scrittura. Purtroppo ben presto si rende conto che non sarà così e la relazione con Carlo si manifesta in un glaciale realtà e fredda convivenza sino al punto da scoprire di Elisa che è divenuta l’amante del marito. Anna tenterà di riannodare i fili della memoria alla ricerca dell’origine di tutto quello che vive  ed è riannodare il passato in una sorta processo dove i protagonisti compreso un cugino recitano  una parte di testimoni con un ribaltamento di ruolo da vittima a carnefice. Poi nel 2013 con lo stesso editore pubblica Effatà che si svolge a Siracusa nel 1950 e descrive la storia di un bambino molto sveglio anche se nato  sordomuto,  Nino Smith. E’ figlio di Dora Genesio, un’attrice formatisi  in Inghilterra che tornata in Sicilia aspira a calcare il palco del teatro Luna. Dora si era sposata con un soldato inglese morto in guerra. Benché affetto da questa grave disabilità Nino legge le labbra, gli occhi e le mani e comprende  anche il linguaggio del corpo come  un libro che parla e spiega. Un giorno il bambino scopre nel teatro durante le prove sotto il palco, una stanza stretta e una botola d’accesso. È la buca del suggeritore ed è proprio  ciò che a Nino servirebbe: qualcuno che possa parlare in sua vece. Inizia così una strana e singolare amicizia fra il bambino sordomuto e il maestro di buca, anche se  quest’ultimo è un personaggio che incuriosisce perche si porta dietro una borsa di cuoio in cui vi sono pinze, tubi a tromba, vasetti. Cosicchè utilizzando questi arnesi inizia a visitare il bambino per  cavargli fuori la  voce. Ninno scopre una realtà angosciante ed inquietante su questo personaggio che condusse dal settembre 1939 all’aprile 1945 esperimenti medici senza il consenso del paziente, su prigionieri di guerra e civili nelle zone occupate partecipando allo sterminio di massa nei campi di concentramento. Nel 2016 si cimenta nel romanzo Le streghe di Lenzavacche. Tratta di  donne che nel 1600 in Sicilia venivano abbandonate dagli uomini , spose gravide, figlie reiette o semplicemente sfuggite a situazioni di marginalità ed emarginazione. Queste donne decidono di frequentarsi  in un’  abitazione  e iniziarono a condividere le loro esperienze . Furono valutate dalla comunità come pazze e  come corruttrici in preda al demonio. Con questo romanzo Simona Lo Iacono è stata semifinalista al Premio Strega.

 Nel 2017 pubblica il Morso, un romanzo che  risulta vincitore lo stesso anno del Premio Racalmare-Sciascia. Sostenuta da una  scrittura agile,chiara  e coinvolgente, Simona Lo Iacono rappresenta una storia tratta da una vicenda realmente esistita di un donna, Lucia Salvo, detta “la babba”. Un romanzo toccante in cui questa donna fragile,indifesa e ingenua riesce a districarsi nel mondo poiché è dotata da una ricca umanità e un’immensa vitalità. Nel 2019 Simona Lo Iacono scrive un libro molto affascinante “L’albatro” edito da Neri Pozza in cui tratteggia magistralmente uno dei più grandi scrittori italiani di sempre, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, descrivendolo da  bambino quando vive solitario e con atteggiamento contemplativo, curioso delle cose che gli stanno attorno nonchè silente chiuso nell’isolamento di una grande famiglia aristocratica. Un libro colmo di magia e incanto in cui un bambino scopre il mondo degli adulti ascoltandoli e non comprendendo bene le loro parole. La Tigre di Noto edito da Neri Pozza nel viene pubblicato 2021 . Con questo romanzo ha vinto il Premio Erice. In questo libro si parla di Anna Maria Ciccone, una donna e una scienziata realmente esistita che visse nell’epoca fascista . Nativa di  Noto nel 1891, lasciò la Sicilia e giunse a Pisa prima dell’inizio della Grande Guerra per studiare fisica ed era l’unica donna del suo corso. Ebbe modo di insegnare alla  Normale approfondendo lo studio delle traiettorie e le intermittenze della luce in quanto la spettrometria era l’oggetto dei suoi studi che riuscirono ad avere una vasta risonanza persino nel campo della nascente meccanica quantistica molecolare. Si impose in tal modo in un mondo dominato dai maschi grazie alla sua enorme passione alla forza e al coraggio riuscendo in un impresa davvero titanica, nel 1944. Portò in salvo i testi ebraici della biblioteca dell’università di Pisa dai nazisti che intendevano requisirli e poi distruggerli. La Neri Pozza la stessa casa editrice pubblica “Il mistero di Anna” del 2022. E’ la storia di  Anna Cannavò, bambina di dieci anni, che frequenta la quinta elementare a Siracusa nel 1968. Vive in una condizione di indigenza essendo proveniente da una famiglia poverissima eppure è come se Anna non se ne accorgesse. È interessata a capire e soprattutto  a carpire il mistero delle parole poetiche. La maestra annuncia in classe che il Ministero della Pubblica istruzione ha indetto un concorso e che il premio consiste nel trascorrere una intera settimana a Milano in compagnia di una famosa scrittrice. Anna Cannavò partecipa al concorso e la prova consiste nello scrivere una lettera alla scrittrice in cui si deve raccontare la propria giornata. La scrittrice destinataria della missiva è Anna Maria Ortese. Anna viene selezionata e parte alla volta di Milano per trascorrere un’intera settimana con la scrittrice o meglio la signora Anna Maria. Però una volta arrivata a destinazione Anna scopre che non c’è solo una signora Ortese, ma anche  la sorella Maria. A questo punto la piccola Anna entra nel mondo e nelle intimità delle due sorelle Ortese venendo a conoscenza della malattia degenerativa della sorella a cui si accosta con comprensione ,dolcezza e tenerezza.  Abbiamo voluto “indagare” l’anima della scrittrice conversando con Simona Lo Iacono

Le sue opere sono tenute insieme sempre da un filo rosso in cui la femminilità e la marginalità umana  viene raccontata in varie sfaccettature. Personaggi colorati dall’intelligenza ,dal talento ,dalla volontà ,dalla forza e dall’umiltà. Sono sempre storie i cui prevale  il riscatto con la forza del linguaggio e della parola.

Sì, c’è un legame indissolubile tra riscatto e parola. La parola è il nido di ogni rivoluzione, perché è l’atto creativo per eccellenza, quello che ci definisce e ci ricrea, sempre.

Nei suoi romanzi il viaggio e il linguaggio sono segni di un’esplorazione del vivere.

Proprio perché la parola è sacra e immette la creazione nel mondo, essa è anche lo strumento che abbiamo, in letteratura, per intraprendere un viaggio nel più inesplorato dei mondi: noi stessi. La parola ci rivela innanzi tutto a noi, ci scardina e ci fiuta ancor prima della nostra psiche. E’ lei che ci stana e che ci conduce.

Lei  osserva il mondo con gli occhi delle donne che riescono in imprese straordinarie sorretti dall’intelligenza e dalla volontà quasi divina di cui le protagoniste sono portatrici.

In verità le mie donne sono straordinarie nell’ordinario. Sono donne defilate, umili, oppure dimenticate dalla storia ufficiale, dal mondo del potere. La loro eccezionalità sta proprio nella loro piccolezza, nel fatto di scontare solitudini, oppure di essere rimaste inascoltate. Io le raccolgo proprio per questo, per compiere un atto di giustizia, per  dar loro l’opportunità di essere finalmente accolte.

Quando è nata in lei l’ispirazione per la poesia e i romanzi e quali  sono scrittori gli scrittori che ama e ha amato ?

Ho iniziato a scrivere da piccolissima. Avevo solo cinque anni quando ho composto la mia prima poesia e non ho mai più smesso. All’inizio la parola era ciò che mi consentiva di “vedermi vivere dall’alto”, perché  lo sdoppiamento tra chi scrive e ciò che viene scritto consente una maggiore lucidità e capacità di “leggersi”. E’ come se il dormiente si vedesse dormire. Poi,  poco a poco, la parola è diventata anche uno strumento di trasfigurazione della realtà. Ciò che vivo passa prima dalla vita e poi, subito dopo, dalla parola. Ed è solo in questo secondo caso, quando la vita viene raccontata, che essa diviene reale.

Dunque ho amato tutti gli scrittori che mi hanno consentito questo passaggio, dalla vita alla parola e dalla parola ancora alla vita. La Ortese, sopra tutti, ma anche Elsa Morante, Marguerite Yourcenar, i grandi Russi, i sudamericani, la meravigliosa Lalla Romano, il suggestivo Sebastiano Vassalli, e molti altri che è impossibile elencare.

Sembra attratta dal mondo degli ultimi che descrive con realismo ed amore in cui la condizione umana e sociale sono un unicum esistenziale.

E’ solo dal basso che arriva la salvezza. Non dal potere. Non dalla grandezza. Non dalla ridondanza. Chi è tralasciato è anche chi fa esperienza dello sforzo di rialzarsi, del miracoloso anelito verso l’altro, del bisogno di attuare giustizia, solidarietà, amore. Mi interessa la luce che viene dal buio, dall’ombra e dalle cadute.

La sua scrittura sembra intrisa da una compassione ed una pietas che esprime il suo alto grado di spiritualità verso il prossimo.

In realtà gli altri, “il prossimo”, non sono altro da noi. Ci appartengono, sono uniti al nostro mistero, al nostro destino umano. E’ impossibile pensare di essere completi senza far proprio il cammino altrui, o di essere pienamente felici se altri sono infelici. Il lamento che sale dalla terra ci riguarda.

Lei alterna alla finzione frutto dell’immaginazione la realtà di personaggi realmente esistiti.

Mi piace moltissimo mescolare la ricerca storica, la biografia e  i dati della realtà con la finzione letteraria. E’ un modo per far parlare il tempo, per riportare in vita il passato. Chi non c’è più rivive attraverso questa commistione che si nutre sia del vero sia del falso. Ma tutto ciò viene fatto sempre con una direzione, che è quella – finale – di restituire senso e significato. E’ un percorso che ha una meta, la conquista di uno sguardo che spero, alla fine, possa farsi  commosso e compassionevole sulle sorti del mondo, degli altri e della storia.

Dietro molte storie che ha scritto c’è il dilemma di una dramma di un oppressore che domina un oppresso. C’è il senso di un’ingiustizia subita.

E’ quello che sperimento nella mia vita professionale. L’ingiustizia da riparare. L’abuso. La violenza. Nel processo vengono convogliate le disarmonie della vita, le sopraffazioni. A questa ingiustizia io riparo come magistrato con le sentenze. Ma poiché la sentenza raccoglie sempre, necessariamente, una verità limitata, processuale ( ciò che un dibattimento penale riesce a raccogliere lascia  fuori altre realtà e altri sguardi), ecco che a quella medesima ingiustizia io pongo riparo, in letteratura, con le storie. Dunque scrivere, per me, è sempre un atto normativo.

Ormai appartiene alla categoria di scrittori magistrati e naturalmente mi sorge una domanda banale: come riesce a conciliare il suo lavoro impegnativo e pesante con la sua passione di romanziera ?

E’ tutto frutto di grande fatica ma anche di tanta necessaria organizzazione e disciplina. Cerco di scrivere all’alba oppure la notte, quando cioè, tutti i doveri lavorativi e familiari sono compiuti. E poi valorizzo molto il periodo di ferie, che mi serve spesso per fare ricerche e imbastire idee.

Che sensazione ed emozioni prova nel dedicarsi ai romanzi ?

E’ come tornare in me stessa. Trovarmi.

Secondo lei si scrive per sé o per gli altri ?

Io scrivo sempre per “raccontarmi” una storia. E dunque, all’inizio, per me. Poi, però è la storia a spingermi naturalmente verso gli altri.

Pirandello affermò:la vita o la si vive e o la si scrive.

Sì, e io aggiungerei che la si vive scrivendo, per quel processo di cui ho parlato prima. Perché è la scrittura a conferire senso e quindi consapevolezza sulla realtà.

Lei non ha mai nascosto di essere una narratrice profondamente emotiva e sensibile al punto di provare nostalgia e dolore al termine di ogni libro ?

E’ così. Mi dispiace sempre moltissimo staccarmi dai personaggi con i quali ho condiviso una storia e quindi, una parte della mia vita. E’ il motivo per cui dopo la conclusione di un romanzo, il giorno dopo io sono già alle prese con un’altra storia. Per rimediare a quel senso di abbandono.

In mezzo a tanti impegni quando le resta del tempo libero a che cosa si dedica?

Mi dedico alle passeggiate. Sono una camminatrice. Non sono veloce, perché mentre cammino mi piace guardare o pregare. Però mi fa stare bene, mi rende felice. Poi, mi piace molto viaggiare.

Qual’è una sogno futuro che vorrebbe realizzare ?

Continuare a scrivere.

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Rosario Sorace, nasce a Giarre il 13 maggio 1958;nel 1972, a 14 anni, inizia un intenso impegno politico e sociale. A soli 25 anni diventa segretario regionale dei giovani socialisti in Sicilia e dopo due anni, nel 1985, viene eletto al Consiglio Comunale di Giarre. Successivamente, viene eletto al Consiglio Provinciale di Catania dove svolge la carica di Assessore allo Sviluppo Economico. Nel 1991 viene eletto Segretario della Federazione Provinciale del PSI di Catania. Nel contempo consegue la laurea in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Catania in cui oggi svolge il servizio in qualità di funzionario di Biblioteca del Dipartimento di Scienze Chimiche. È giornalista pubblicista. Collabora dal 2018 con i giornali on line IENE SICULE, SIKELIAN, IL CORRIERE DI SICILIA e AVANTI LIVE. È un grande di lettore di prosa e scrittore di poesie.
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