Realizzazione dei termovalorizzatori a Catania e Palermo: appalto integrato e accelerazione delle procedure

Importanti avanzamenti nell’iter per la realizzazione dei due termovalorizzatori in Sicilia. Infatti, sono state individuate le aree a Palermo e Catania nelle quali dovranno sorgere gli impianti. Questo è stato deciso a conclusione di due incontri voluti dal presidente della Regione, Renato Schifani, con gli amministratori dei Comuni e i tecnici degli uffici regionali interessati.
Lo stesso presidente della Regione, in qualità di commissario straordinario, si è pronunciato parlando di “verifiche fondamentali e propedeutiche per procedere prima della fine dell’estate, una volta approvato definitivamente il Piano rifiuti, all’affidamento delle due analisi tecnico-economiche che saranno poste a base dell’appalto integrato per la progettazione esecutiva e la costruzione”.
In particolare, a Catania, la zona individuata è quella antistante l’Interporto, in contrada Pantano d’Arci. Si tratta di un’area di una ventina di ettari, stretta tra l’ottava e la terza strada, della zona industriale del capoluogo etneo. Si risolve così uno dei temi centrali concernenti la localizzazione del sito, sul quale, peraltro, vi è stata ampia convergenza da parte di tutti coloro che hanno partecipato all’incontro per il termovalorizzatore di Catania.
Altro aspetto rilevante che merita di essere osservato, prende forma, circa la possibilità sul versante delle procedure di ricorrere al cosiddetto “appalto integrato”, il quale, come chiarito recentemente dallo stesso Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, riveste funzione speciale e quindi derogatoria, e come tale non ammette interpretazioni estensive.
Alla luce di ciò, limitatamente per le procedure finanziate dal PNRR e PNC risulta ammessa la possibilità di affidare la progettazione e l’esecuzione dei relativi lavori sulla base del progetto di fattibilità tecnica ed economica, essendo espressamente confinato alle sole “procedure afferenti agli investimenti pubblici finanziati, in tutto o in parte, con le risorse previste dal PNRR e dal PNC e dai programmi cofinanziati dai fondi strutturali dell’Unione europea”.
La finalità è quella di superare le lentezze riconducibili alle stazioni appaltanti sui progetti del PNRR e di compiere una procedura più snella e rapida per la realizzazione delle “grandi opere” ad esso connesse.
A tal proposito, il progetto di fattibilità tecnica ed economica, sulla cui base si avvia la procedura di appalto integrato, rappresenta un livello di progettazione al cui interno vengono indicate tutte le informazioni fondamentali per individuare le peculiarità decisive in relazione alle opere pubbliche da concepire e realizzare. Allo scopo di agevolare questo tipo di affidamento, il ministero al ramo competente, a corredo, ha proceduto con la pubblicazione sul proprio sito istituzionale delle linee guida sottese alla redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica.
In tal senso è il Decreto Semplificazioni bis (d.l.. n. 77/21, poi convertito dalla legge. n. 108/2021), per gli appalti di lavori finanziati con i fondi del PNRR e del PNC, ha contemplato la possibilità di bandire un appalto integrato di progettazione ed esecuzione lavori ponendo a base di gara il progetto di fattibilità tecnica ed economica (PFTE).
L’affidamento può avvenire mediante acquisizione del progetto definitivo in sede di offerta, ovvero, mediante offerte aventi ad oggetto la realizzazione del progetto definitivo, del progetto esecutivo e il prezzo. La disciplina speciale si distacca da quella precedente, in modo particolare, per la più ampia estensione applicativa dell’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione delle opere, potendo l’appalto di lavori essere affidato in virtù di un semplice progetto di fattibilità tecnica ed economica.
Semplificazione delle procedure, da una parte, e clima di collaborazione e di sinergia emerso nei due incontri con i Comuni di Palermo e Catania, dall’altra, lasciano presagire che i tempi forse siano realmente maturi per la costruzione dei due termovalorizzatori che, sfuggendo adesso da disamine tecniche relative al funzionamento di essi, potrebbero tuttavia contribuire per la Sicilia allo scopo di marginalizzare lo stato di perenne emergenza in materia di rifiuti, tentando di ridurre l’impatto ambientale.
A Catania in via particolare, gli organi sia politici che tecnici preposti per conto della città etnea, hanno quindi assunto la responsabilità dell’individuazione dell’area ritenuta adeguata per la realizzazione dell’inceneritore destinato a coprire la zona della Sicilia orientale. La struttura sarà edificata con parte degli ottocento milioni di euro a disposizione della struttura commissariale con a capo Schifani.
Il terreno rientra nella titolarità dell’ex Asi (Area di sviluppo industriale), sebbene da anni in gestione alla Sidra, la società partecipata che gestisce l’acquedotto della città situata ai piedi dell’Etna. La Sidra, infatti, dispone del terreno perché, al suo interno, sono localizzati alcuni pozzi di acqua a uso irriguo, non potabile.
Sulla base del piano regionale, in quest’area della zona industriale, poco distante anche dal deposito dell’Amts, con “affaccio” sullo stabilimento farmaceutico Pfizer, dovrà sorgere l’impianto pubblico tramite cui procedere a bruciare i rifiuti indifferenziati derivanti praticamente da mezza Sicilia.
Si pensa, quindi, che da tale azione possa maturare un ulteriore obiettivo, dichiarato tanto dalla Regione quanto dal Municipio, cioè impiegare l’energia prodotta dall’incenerimento dell’immondizia per alimentare parte del comparto industriale catanese. Nella medesima area dovrebbe essere realizzato, a quanto si apprende, anche l’impianto per la digestione anaerobica dell’organico: ossia, il compostaggio della frazione umida della spazzatura e degli sfalci di potatura.