L’interesse superiore dei figli nei provvedimenti indifferibili ex art. 473bis c.p.c.

In seno all’ordinamento giuridico vi sono una serie di norme la cui sistematicità rappresenta l’elemento peculiare che caratterizza talora la diversità di esse, tuttavia con l’unico comune denominatore che prende forma nell’esigenza di individuare interessi meritevoli di tutela, soprattutto quando ciò investe la posizione di soggetti ritenuti deboli, verso i quali, infatti, la dimensione privatistica incontra manifestazioni di salvaguardia dai connotati pubblici da riconoscere prontamente nei riguardi dei legittimati.
Ossia, una volta che viene fissato il principio, la natura sostanziale del quale, richiede quindi, la capacità di traduzione pratica attraverso il concepimento di norme processuali che, in via secondaria e strumentale, consentano l’effettivo raggiungimento dei bisogni di tutela. In tal senso, ci si concentrerà essenzialmente su una norma importante a riguardo dei casi in cui è coinvolta la prole.
L’art. 473bis 15 c.p.c., prevede che, in caso di un pregiudizio imminente ed irreparabile, o quando la convocazione della controparte potrebbe pregiudicare l’attuazione del provvedimenti, il giudice possa emettere un decreto inaudita altera parte nell’interesse dei figli e, nei limiti delle domande proposte delle parti.
Il giudice fissa nei successivi quindici giorni, l’udienza per conferma, modifica o revoca dei provvedimenti emessi con decreto, assegnando all’istante un termine per la notifica alla controparte. La norma prevede dunque, un’anticipazione dei provvedimenti provvisori, adottabili in prima udienza ai sensi dell’art. 473bis 22, al fine di evitare il verificarsi di situazioni pregiudizievoli, nel tempo intercorrente tra il deposito del ricorso e la prima udienza.
A proposito di detti provvedimenti, pertanto, può discutersi circa la reclamabilità dei quali emessi sia inaudita altera parte, che all’esito dell’udienza di conferma, modifica o revoca.
Sui decreti emessi inaudita altera parte, si ritiene che essi non siano soggetti a reclamo in quanto equiparabili ai provvedimenti endoprocedimentali, ovvero quei provvedimenti che si caratterizzano dalla previsione di un termine finale di efficacia, come nel caso previsto dall’art. 473bis 15, che prevede la fissazione di un’udienza per conferma, modifica o revoca.
Se invece, vengono impugnati insieme il provvedimento emesso inaudita altera parte, e quello emesso dopo l’instaurazione del contraddittorio, l’impugnazione del primo è inammissibile per carenza di interesse, essendo la decisione inglobata nel secondo provvedimento.
Lo stesso accade se, nel caso di lungaggini del procedimento di reclamo, vengano emessi i provvedimenti provvisori ai sensi dell’art. 473bis 22.
Sulla reclamabilità dei decreti, si ritiene plausibile un’estensione analogica dell’art. 473bis 24, che consente il reclamo contro i provvedimenti provvisori resi ex art. 473bis 22, anche sul presupposto che nell’udienza ex art. 473bis 22, ove non intervengano modifiche rispetto all’epoca di emissione dei provvedimenti indifferibili, il tribunale potrebbe limitarsi ad una semplice conferma dei provvedimenti precedentemente assunti o non provvedere affatto sicché, in tal caso, si dovrebbe ipotizzare, ove si facesse propria la tesi della non reclamabilità dei provvedimenti emessi ai sensi dell’art. 473bis 15, la possibilità anche di reclamare provvedimenti, assunti ai sensi dell’art. 473bis 22, che rinviano, quanto al contenuto, ai provvedimenti assunti ai sensi dell’art. 473bis 15.
In relazione ai provvedimenti de potestate di cui al 473bis 24 secondo comma si ritiene che essi siano reclamabili, visto che l’art. 473bis 24 estende il reclamo a tutti i provvedimenti de potestate emessi in corso di causa, e il termine “in corso di causa”, si riferisce a tutta la durata del processo a partire dal deposito del ricorso.
La sentenza n. 22423/2023 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha sancito che, i provvedimenti de potestate resi dal tribunale ordinario, nel corso dei giudizi aventi ad oggetto la separazione e lo scioglimento del matrimonio, nel sistema normativo antecedente alla riforma di cui al d.lgs. n. 149/2022 non sono impugnabili con il ricorso straordinario per Cassazione, ai sensi dell’art. 111, comma 7, della Costituzione, trattandosi di provvedimenti temporanei incidenti su diritti soggettivi ma non definitivi, in quanto privi di attitudine al giudicato seppur rebus sic stantibus (cioè tenuto conto della situazione esistente), essendo destinati ad essere assorbiti nella sentenza conclusiva del grado di giudizio e, comunque, revocabili e modificabili in ogni tempo per una nuova e diversa valutazione delle circostanze di fatto preesistenti o per il sopravvenire di nuove circostanze.
Ancora sul piano giurisprudenziale, il contributo che deriva dalla Corte trova conferma nella sentenza n. 9621/2021 con cui si afferma, peraltro, la reclamabilità e la ricorribilità in Cassazione dei decreti de potestate emessi dal Tribunale per i Minorenni anche in via non definitiva, quindi, nel corso del giudizio, salvo che siano stati adottato a titolo provvisorio ed urgente, dovendosi far riferimento con tale espressione, considerata l’assenza all’epoca della decisione della disciplina di cui all’art. 473bis 15, ai provvedimenti comunque emessi inaudita altera parte, o all’esito di sommaria istruttoria, in cui sia stato fissato un termine di efficacia, in aderenza con la giurisprudenza sugli atti endoprocessuali.