La nobile figura di Eugenio Colorni, il filosofo che sognò l’Europa unita e federata

Eugenio Colorni, fu un personalità di primo piano della cultura della prima metà del novecento. Era un filosofo, politico antifascista, fu anche promotore insieme a Ernesto Rossi e Altiero Spinelli, relegati al confino dell’Isola di Ventotene, a seguito dei provvedimenti del Tribunale Speciale, del Manifesto per un Europa Libera e Unita che è la massima opera del federalismo europeo. Colorni proveniente da una famiglia di origine ebrea, fu seguace del pensiero socialista e curò, persino in piena occupazione nazista a Roma, l’introduzione e la pubblicazione clandestina di questo documento fondamentale per lo sviluppo dell’idea federalista europea.
Nacque a Milano e sin da giovanissimo si appassionò allo studio della filosofa. Fu profondamente influenzato dalle opere di Benedetto Croce e dal rapporto che intrattenne con i cugini Enrico, Enzo ed Emilio Sereni, tutti più grandi di lui, maestri che incisero nella sua formazione culturale. In particolare fu Enzo, che era un accanito socialista sionista, ad esercitare su di lui una forte influenza ideale e religiosa, al punto che Eugenio appena quattordicenne si avvicinò per un breve periodo al sionismo.
Nel 1926 si iscrisse presso la facoltà milanese di Lettere e filosofia. Qui ebbe come docenti Giuseppe Antonio Borgese e Piero Martinetti che furono, tra l’altro i suoi insegnanti prediletti, e con quest’ultimo a 21 anni si laureò con una tesi sullo sviluppo e significato dell’individualismo leibniziano. Proprio a Leibniz dedicò gran parte dei suoi studi filosofici e approfondimenti culturali per tutta la sua breve vita.
Ebbe un rapporto di amicizia con Guido Piovene, che sarà giornalista e scrittore, e con cui, però, interruppe i rapporti quando lo stesso Piovene nel 1931 scrisse una serie di articoli antisemiti sul giornale L’Ambrosiano. Nello stesso periodo Colornni partecipò all’attività dei Gruppi goliardici per la libertà ed ebbe contatti continui con Lelio Basso e Rodolfo Morandi. Negli anni trenta si avvicinò alla divisione milanese del movimento anti-fascista Giustizia e Libertà e collaborò in seguito attivamente con il nucleo giellista di Torino, di cui i capi furono prima Leone Ginzburg e poi con Vittorio Foa. In questo periodo ebbe contatti dialoghi intensi anche con il massimo filosofo italiano Benedetto Croce. Fece studi in Germania a metà degli anni trenta conobbe la moglie Ursula, che poi partecipò anche anch’essa alla stesura del famoso Manifesto europeista. A cominciare 1931 cominciò a scrivere recensioni ed articoli per le più importanti riviste di cultura italiana quali Il Convegno, La Cultura, Civiltà Moderna, Solaria e la Rivista di filosofia di Martinetti. Nel 1932 pubblicò, presso la società editrice “La Cultura” di Milano, uno studio critico su L’estetica di Croce.
Tra il 1932 ed il 1933, fu anche lettore d’italiano presso l’Università di Marburgo e, tuttavia, con l’avvento del nazismo in Germania, fu costretto a tornare in Italia. Insegnò a Trieste in un Istituto magistrale e conobbe Umberto che frequentò assiduamente. Sempre nella stessa città ebbe contatti con intellettuali quali Pier Antonio Quarantotti Gambini, Bruno Pincherle ed Eugenio Curiel.
Nel 1934, nella collana scolastica che Giovanni Gentile diresse per Sansoni, pubblicò una traduzione della Monadologia Leibniz, preceduta da una lunga introduzione intitolata Esposizione antologica del sistema leibniziano. Però a cominciare dal 1935, Colorni intensificò il proprio impegno politico contro il regime fascista e in seguito all’arresto di quasi tutto il direttivo giellista torinese, prese contatti con il Centro interno socialista, costituito clandestinamente a Milano nell’estate del 1934 da Rodolfo Morandi, Lelio Basso, Lucio Mario Luzzatto e Bruno Maffi , come organismo di collegamento dei socialisti in Italia.
Cosicchè nell’aprile del 1937, dopo gli arresti di Luzzato e Morandi, Colorni divenne, di fatto, il responsabile del Centro e in questi anni maturò la sua adesione ancora più intensamente la sua adesione agli ideali socialisti.
Infatti nell’estate del 1937, in occasione del “IX Congresso internazionale di filosofia” di Parigi, ebbe modo d’incontrare persona Carlo Rosselli, Angelo Tasca, Pietro Nenni ed altri esponenti della direzione del PSI, e a seguito di questo conta decise di fare parte del Psi, mantenendo sempre una posizione indipendente e autonomista. Con vari pseudonimi, ma soprattutto con quello di Agostini, tra il 1936 ed il 1937, pubblicò importanti articoli su Politica socialista.
L’8 settembre del 1938, all’inizio della campagna razziale promossa dal regime, fu arrestato dall’OVRA a Trieste, in quanto ebreo ed anti-fascista militante, venendo pertanto rinchiuso nel carcere di Varese. I giornali pubblicarono la notizia soprattutto il Piccolo di Triste e il Corriere della Sera fecero una dura campagna antisemita in cui sottolineò che Colorni manteneva rapporti con altri ebrei in Italia e all’estero. La sottolineatura sul “complotto ebraico” serviva a giusti care la legislazione anti-semita appena varata in Italia dal regime. Il Tribunale speciale non riuscì, però, a concludere un processo formale nei suoi confronti. Venne ,quindi, assegnato al con no per la durata massima, ovvero cinque anni.
Dal gennaio del 1939 all’ottobre del 1941, Colorni fu confinato nell’isola di Ventotene, dove proseguì i suoi studi filoso scientifici e discusse intensamente con gli altri compagni con nati, Ernesto Rossi, Manlio Rossi Doria e Altiero Spinelli riportò in una sua pubblicazione nei sette Dialoghi di Commodo, che scrisse insieme a Spinelli e che vennero pubblicati postumi.
In questo periodo Colorni abbracciò dunque anche le idee federaliste europee propugnate da Spinelli e Rossi, con i qua nel 1941, partecipò alla stesura del Manifesto per un’Europa libera e unita, meglio noto come Manifesto di Ventotene, che sarà il documento politico e culturale più importante e famoso posto a fondamento dell’idea di Europa Unita nel dopo guerra. Infatti nel 1944, a Roma, nel mezzo della lotta partigiana, Colorni riuscì a pubblicare clandestinamente un volume dal titolo Problemi della Federazione Europea, che nella sua “Prefazione” al Manifesto, auspicò la nascita di una politica federalista europea come scenario democraticamente praticabile dopo la catastrofe della guerra. In tal senso Colorni diede una grande contributo nella stesura del Manifesto di Ventotene introducendo nella stesura il suo punto di vista di social autonomista.
Nell’ottobre del 1941, grazie anche all’intercessione di Giovanni Gentile, riuscì ad essere trasferito a Mel , in provincia d Potenza, dove, nonostante lo stretto controllo della polizia, riuscì ad avere contatti con alcuni degli anti-fascisti locali. Il 6 maggio del 1943 riuscì a fuggire da Mel , rifugiandosi a Roma, dove visse da latitante.
Dopo il 25 luglio del 1943, si dedicò con passione all’organizzazione del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, na nell’agosto dalla fusione del PSI col giovane gruppo del Movimento di Unità Proletaria.
Non dismise però il suo impegno in favore del sogno europeista ed a ne agosto partecipò, assieme ad Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Ursula Hirschmann, Manlio Rossi Doria, Giorgio Braccialarghe e Vittorio Foa, in casa dello scienziato azionista Mario Alberto Rollier a Milano, alla riunione che diede vita al Movimento Federalista Europeo che a il programma del “Manifesto di Ventotene”.
A seguito dell’8 settembre, oltre a fare parte della resistenza antifascista, prese parte alla direzione del PSIUP impegnandosi con passione nella ricostruzione della Federazione Giovanile Socialista Italiana e nella formazione partigiana della prima brigata Matteotti.
Fu, quindi, redattore capo dell’Avanti! Clandestino e Sandro Pertini ricordò sempre questo incessante e intenso impegno condotto con fede ardente e vasta cultura. Colorni aspirò ardentemente di dirigere il giornale socialista anche dopo la liberazione e la ne della guerra.
Nella Roma occupata dalle forze naziste, in una tipografia a nascosta di Monte Mario, riuscì persino a stampare 500 copie libriccino di 125 pagine intitolato Problemi della Federazione Europea, contenente il “Manifesto di Ventotene”.
Il suo destino fu segnato il 28 maggio del 1944, quando pochi giorni prima della liberazione della capitale, venne fermato in via Livorno da militi fascisti della famigerata banda Koch. Tentò di mettersi in fuga, ma fu raggiunto e ferito gravemente tre colpi di pistola. Morì il 30 maggio, a soli 35 anni, sotto la falsa identità di Franco Tanzi.
Nel 1946 gli fu conferita la medaglia d’oro al valore militare e alla memoria. Eugenio Colorni è stato un gigante della vita culturale del novecento che non tralasciò mai l’impegno politico e che sognò insieme ad altri l’Europa unita e federata c una comunità politica libera che ponesse ne alle guerre e ai con itti. Fu anche un socialista dall’anima pura e autentica rivendicò un’autonomia di pensiero e una sua visione di un mondo diverso.