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Abolizione dell’abuso d’ufficio: opportunità e rischi per la legalità nei Pubblici Servizi

Con la recente abrogazione dell’articolo 323 del codice penale, che regolava il reato di abuso d’ufficio, l’Italia ha compiuto una scelta controversa e di grande impatto nel campo della giustizia e dell’amministrazione pubblica. Tale decisione, accolta con favore da una parte del mondo politico e amministrativo, è stata invece criticata da chi teme che possa indebolire i controlli e la trasparenza nelle pubbliche amministrazioni, aprendo la strada a possibili abusi di potere e corruzione.

L’abuso d’ufficio è stato per anni uno strumento giuridico per contrastare l’utilizzo improprio delle funzioni pubbliche. In questo articolo, analizziamo le implicazioni di questa abolizione, i rischi che comporta per la società e le alternative legislative e giudiziarie che potrebbero colmare il vuoto lasciato dalla sua eliminazione.

Scendendo nel particolare l’articolo 323 del codice penale prevedeva il reato di abuso d’ufficio, punendo quei pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio che, nell’esercizio delle loro funzioni, violavano norme di legge o di regolamento per procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale o causare un danno ingiusto. Era un reato dal carattere “sussidiario”, applicabile cioè solo quando l’azione non configurava altri reati specifici.

Questa norma, sebbene spesso criticata per la sua interpretabilità e applicazione talvolta incerta, ha rappresentato uno strumento di garanzia per i cittadini, in quanto contribuiva a limitare le azioni arbitrarie dei funzionari pubblici. Tuttavia, numerosi amministratori lamentavano che la sua applicazione si prestava a interpretazioni ampie e, di conseguenza, poteva costituire un freno alla loro operatività, causando persino un timore diffuso di procedere con decisioni anche quando legittime.

La decisione di abrogare l’abuso d’ufficio nasce da una crescente critica all’effetto paralizzante che tale reato avrebbe avuto sulle amministrazioni. In particolare, i promotori dell’abolizione sostenevano che il timore di incorrere in procedimenti giudiziari per abuso d’ufficio scoraggiasse i funzionari pubblici dal prendere decisioni rapide, rallentando l’efficienza della macchina amministrativa. Il legislatore, quindi, ha optato per l’abrogazione con l’obiettivo di alleggerire il carico di responsabilità legali dei pubblici ufficiali, sperando di ridurre la cosiddetta “paura della firma” che si era diffusa negli ultimi anni. Tuttavia, sebbene questa riforma potrebbe facilitare una gestione amministrativa più dinamica, lascia irrisolte alcune questioni rilevanti, prima fra tutte la prevenzione e il contrasto di eventuali abusi di potere.

L’abolizione di questa fattispecie di reato apre diversi scenari che potrebbero esporre il sistema pubblico a nuovi rischi. Anzitutto la maggiore vulnerabilità alla corruzione; l’assenza di una norma come quella dell’abuso d’ufficio potrebbe rendere più difficile individuare e punire comportamenti che, pur non configurando altri reati specifici, compromettono l’imparzialità e l’integrità dell’azione amministrativa. La giurisprudenza, infatti, faceva spesso affidamento sull’abuso d’ufficio come strumento per reprimere condotte irregolari che sfuggivano ad altre fattispecie di reato. In secondo luogo riduzione della fiducia dei cittadini: l’opinione pubblica potrebbe percepire l’eliminazione di questo reato come un segnale di impunità per i funzionari pubblici. Una mancanza di responsabilità diretta rischia di compromettere la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni, danneggiando il principio di trasparenza e accountability, essenziale per una democrazia funzionante.

In terza istanza il rischio di maggiore arbitrarietà; senza la previsione del reato di abuso d’ufficio, i pubblici ufficiali e gli incaricati di pubblico servizio potrebbero sentirsi meno vincolati da principi di correttezza e imparzialità, con il pericolo di favorire decisioni arbitrarie che non sempre rispondono all’interesse collettivo. Anche se l’abolizione è stata pensata per snellire le procedure decisionali, il rischio è che possa facilitare comportamenti opportunistici o eticamente dubbi.

Infine il problema di responsabilità politica e amministrativa. In un sistema democratico, è fondamentale che i pubblici ufficiali siano responsabili per le loro azioni e scelte. L’assenza del reato di abuso d’ufficio potrebbe ridurre questa responsabilità, lasciando potenzialmente senza sanzione alcuni atti che, pur non essendo illeciti dal punto di vista penale, restano moralmente e amministrativamente discutibili.

L’abolizione di tale reato secondo alcuni giuristi e osservatori, dovrebbe essere accompagnata dall’introduzione di nuove normative o meccanismi che garantiscano comunque un controllo sull’operato dei pubblici ufficiali. Alcune possibili soluzioni includono il rafforzamento delle norme anticorruzione. L’introduzione di norme più specifiche e dettagliate contro la corruzione potrebbe colmare parte del vuoto normativo lasciato dall’abuso d’ufficio, assicurando che i funzionari pubblici non possano ottenere benefici personali o favorire terzi in maniera indebita.

Avere dei codici di condotta più stringenti. Le pubbliche amministrazioni potrebbero dotarsi di codici di comportamento vincolanti, con sanzioni disciplinari per i dipendenti che agiscano in modo non etico o in violazione dei principi di trasparenza e correttezza.

Inoltre una maggiore trasparenza amministrativa. La digitalizzazione e la trasparenza dei processi decisionali e contrattuali nella pubblica amministrazione possono ridurre le possibilità di abuso, facilitando il controllo sia interno che da parte della società civile. Ed infine l’introduzione di figure di controllo esterno. Si potrebbero introdurre figure indipendenti per il monitoraggio delle decisioni amministrative, come osservatori o comitati etici, che valutino l’integrità e la legalità delle decisioni prese dai funzionari pubblici.

L’abolizione dell’abuso d’ufficio ha implicazioni anche per il sistema giudiziario. La norma era spesso fonte di interpretazioni giurisprudenziali complesse e variabili, con numerosi procedimenti intentati ma poche condanne definitive. Questo alto numero di procedimenti finiti senza sentenza ha portato parte della classe politica e amministrativa a considerare il reato inefficace e, di fatto, superfluo.

Tuttavia, la completa eliminazione dell’abuso d’ufficio, senza adeguate misure compensative, lascia aperta la questione della responsabilità morale e giuridica dei pubblici ufficiali, nonché della tutela dell’interesse pubblico. Anche dal punto di vista sociale, la rimozione di tale reato rischia di minare ulteriormente la fiducia dei cittadini verso la pubblica amministrazione, generando una percezione di impunità.

La speranza è che le istituzioni sappiano cogliere questa occasione per ripensare profondamente i meccanismi di controllo e accountability nell’ambito della pubblica amministrazione, così da garantire che l’efficienza non venga raggiunta a scapito della legalità e dell’interesse collettivo.

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Alessandro Sorace classe 1988, nato a Catania. Giurista, giornalista pubblicista, appassionato di arte, storia ed amante della cultura, del gusto e del buon vivere. Collabora da gennaio 2022 col quotidiano online "Clessidra 2021".

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