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I disordini nella partita del Catania a Padova e le misure sanzionatorie ad hoc: il DASPO

I fatti accaduti di recente, in occasione dell’ultimo match di coppa Italia, tra Padova e Catania, in relazione ai disordini causati da alcune frange di facinorosi della tifoseria etnea, consentono di rinviare ad aspetti interessanti che sul piano normativo si inseriscono nella dimensione del regime sanzionatorio di specialità da applicare ai responsabili, accanto, naturalmente, alla punibilità delle condotte per le quali possa integrarsi una fattispecie di reato di cui rispondere.

Spesso gli stadi di calcio, a dire con maggiore costanza nel passato, anche per gli interventi di contrasto che il legislatore nel frattempo è riuscito a determinare, per circoscrivere gli effetti lesivi derivanti dalle intemperanze presenti in occasione dello svolgimento di partite calcistiche, hanno rappresentato lo spazio nel quale dare libero sfogo a scene di vera e propria guerriglia, imponendo, da parte delle Autorità di pubblica sicurezza, uno sforzo assai decisivo per contrastare i pericoli legati all’incolumità pubblica e alla sicurezza generale.

Al di là delle misure adottate sul piano sportivo, le cui norme sono caratterizzate da uno spazio di giurisdizione autonomo, prevedendo, ad esempio, la disputa delle partite a porte chiuse o al divieto di accesso ai tifosi durante gli incontri, il versamento di multe o ancora altro, rileva in modo importante quanto stabilito dalla legislazione dello Stato allo scopo di sanzionare sul versante sia della deterrenza, sia della repressione, le condotte illecite da imputare ai relativi responsabili, di cui, questi ultimi, siano chiamati a dare conto davanti alla giustizia.

Più in particolare, dunque, si pone l’attenzione al cosiddetto Daspo. Si tratta di un divieto sancito dalla legge verso quegli individui a seguito di azioni gravi improntate alla violenza, da cui segue la preclusione di poter accedere alle manifestazioni sportive in costanza di svolgimento. Il questore, infatti, attraverso l’emanazione di un provvedimento di natura amministrativa, dispone l’opposizione che si traduce in una diffida nei confronti di coloro sottoposti a detta misura.

Il termine Daspo esprime quindi un acronimo: divieto di accedere alle manifestazioni sportive. Il suo concepimento sorge infatti sulla base di accadimenti di cronaca legati a forme di violenza più risalenti nel tempo che, tuttavia, hanno svolto da “trampolino” affinché il legislatore si facesse carico di un fenomeno sociale, la cui portata, grave e ripetuta, non poteva risultare ancora esente da una precisa regolamentazione operante sul binario sanzionatorio.

Con la legge n. 401 del 1989 si provvede quindi all’emanazione del Daspo, il quale può estendersi in termini di divieto anche a quei luoghi limitrofi allo svolgimento delle manifestazioni sportive, si pensi agli spazi pubblici inerenti al trasporto, al transito o alla sosta del soggetto punito. La previsione della disciplina, risentiva, peraltro, della Convenzione europea di Strasburgo adottata nel 1989 sempre con riferimento a disordini causati da facinorosi in occasione di eventi sportivi, specie calcistici.

E’ pacifico osservare come la normativa in materia sia stata nel tempo suscettibile di modificazioni, basti pensare a quelle intercorse secondo un orizzonte temporale che oscilla dal 1994 (d.l. n. 717 del ’94) al 2007 attraverso l’emanazione della legge n. 41/2007, meglio nota come legge Amato. In mezzo altri interventi normativi finalizzati a recare un impianto normativo più adatto, e soprattutto maggiormente efficace, rispetto all’esigenza di riuscire a debellare tali eventi di cronaca, in molti casi pure tragici.

In considerazione che il Daspo esprime la valenza di un provvedimento di tipo amministrativo, la cui durata può estendersi fino a cinque anni, esso risulta basato sull’avvio di un procedimento amministrativo destinato all’interessato e finalizzato all’emanazione di un provvedimento che, stante la legge n. 241 del 1990, segnatamente all’art. 7, serve a riconoscere alla parte coinvolta l’esercizio del diritto di difesa attraverso una dichiarazione difensiva, e quindi tentare la tutela avverso al provvedimento amministrativo oggetto di contestazione.

L’azione preposta alla diffida, in tal senso, assume particolare efficacia a seguito dell’avvenuta notifica al soggetto, come peraltro stabilito a tenore dell’art. 9 del regolamento, e di conseguenza a partire dalla primo evento sportivo che segue dalla notifica predetta.

Adattamenti sono previsti invece, là dove, si procedesse all’emanazione del Daspo con carattere di urgenza. Ciò avviene quando il provvedimento rimane sotteso a comprovate ragioni di violenza, assai gravi e pericolose, tali per cui risulterebbe indispensabile intensificare l’intensità del provvedimento di divieto per la maggiore salvaguardia dell’ordine pubblico.

Si parla di casi, nei quali, invero, la diffida viene emanata dall’Autorità preposta, il questore, in assenza di preventiva comunicazione circa l’avvio del procedimento amministrativo di cui si diceva in precedenza in via ordinaria, sebbene residua parimenti uno spazio di tutela, per mezzo di azioni esperibili dal soggetto, allo scopo di ottenere l’eliminazione della diffida e dei relativi effetti tramite annullamento.

Nel corso del tempo la misura in esame ha continuato a subire aspetti evolutivi: in tal senso il Daspo con obbligo di firma. In tali casi sarà trasmessa in quarantotto ore la comunicazione relativa l’obbligo di firma, che diventerà effettivo solo a seguito del provvedimento di convalida del giudice per le indagini. Cionondimeno, in assenza di convalida da parte di quest’ultimo, pur non sussistendo l’obbligo di firma, rimarrà invariata la preclusione di accesso agli eventi di tipo sportivo in aderenza a quanto previsto attraverso il Daspo.

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Mi chiamo Luca Gigliuto e sono animato dalla straordinaria passione per il diritto, quest'ultimo inteso come occasione inestimabile di ricerca di giustizia e verità. Sono un legale e mi occupo, altresì, in qualità di docente di insegnamento, consapevole dell'importanza fondamentale di formare ed informare le persone con le quali ho costantemente il privilegio di poter interloquire, investendo, su quei valori alti del convivere umano e civile che, talora, la mediocrità di questo tempo sembra non considerare. Amo la scrittura che si traduce nella capacità di comunicazione e, a tal proposito, vanto collaborazioni con alcune tra le più prestigiose riviste giuridiche scientifiche online, come Diritto.it, Altalex e Quotidiano Legale. Sul piano professionale, inoltre, sono un amministratore condominiale, iscritto presso il registro nazionale Confedilizia, nonché mediatore civile e commerciale ed arbitro presso la Camera Arbitrale Internazionale. Mi nutre pure la passione per il sociale, la quale è coincisa con l'impegno personale nel mondo dell'associazionismo e in compagini politiche, sempre e comunque, a sostegno del bene comune come propria stella polare. Credere sempre, fermarsi mai.

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