Le indagini sui presunti casi di spionaggio e dossieraggio tra diritto di cronaca e di riservatezza

Spionaggio, dossieraggio e terminologie affini caratterizzano la cronaca di questi giorni. La questione trae origine dalla pubblicazione di tre inchieste su Domani il 27, 28 e 29 ottobre del 2022. Nei tre articoli si provvede a ricostruire la presenza di un conflitto di interessi riguardante il Ministro della difesa, Guido Crosetto, il quale dal 2018 al 2021 avrebbe percepito circa 2,3 milioni di euro tra stipendi e compensi da società appartenenti al business degli armamenti.
Si tratta di società che, a seguito della nomina avvenuta, diventano così dirette interlocutrici del ministero di cui assume la posizione vertice. Società, peraltro, affiliate all’Aiad, cioè l’associazione confindustriale del comparto difesa e aerospazio presieduta proprio da Crosetto, fino alla nomina nel governo Meloni, e che hanno interessi milionari con Palazzo Barachini.
Subito dopo l’uscita delle inchieste, Crosetto, presenta una denuncia alla Procura di Roma. Non perché si sente diffamato, ma ritenendo piuttosto che le informazioni divulgate provengano da ambiti per i quali si debba invece garantire il diritto di riservatezza.
Il problema per il Ministro non sembrerebbe ricadere sul tema inerente le informazioni vere pubblicate, bensì sulle modalità con cui esse siano state conseguite. I magistrati della Procura di Roma guidata da Francesco Lo Voi aprono un fascicolo e chiedono a Sogei, la società che gestisce i sistemi informatici delle banche dati dell’Agenzia delle Entrate, di capire chi ha avuto accesso alle informazioni patrimoniali di Crosetto.
Sogei segnala diversi nominativi, sebbene le cure della procura romana si concentrano essenzialmente su uno: il finanziere Striano, per lunghi anni investigatore antimafia tra Sicilia, Calabria, Campania, e infine collocato a capo dell’unità analisi segnalazioni operazioni sospette della procura nazionale antimafia. A Via Giulia svolge la sua attività insieme al magistrato Antonio Laudati, responsabile dell’unità Sos, anche lui indagato, e per tali ragioni le indagini passano a Perugia: infatti la procura guidata da Cantone (ex presidente dell’Anac) è quella designata competente per le inchieste che coinvolgono i magistrati capitolini. Cantone si coordina anche con Francesco Melillo, che da maggio 2022 riveste la posizione di nuovo capo della procura nazionale antimafia subentrando a Federico Cafiero De Raho, nel contempo andato in pensione.
Melillo, dopo il suo arrivo, realizza delle modifiche a riguardo delle procedure operative dell’unità Sos. Ad agosto del 2023, con una fuga di notizie, si viene a sapere dell’apertura delle indagini sul finanziere Striano e sul magistrato Laudati. La procura di Perugia sospetta che siano loro le fonti del giornale Domani e, di conseguenza, per chiarirlo svolgono delle perquisizioni e dei sequestri dei loro dispositivi elettronici.
L’inchiesta di Perugia sulla fuga di notizie dalla banca dati della procura nazionale antimafia ha fornito l’assist perfetto, a una parte della politica, per condurre la battaglia contro le segnalazioni per operazioni sospette. Ci si riferisce alle cosiddette Sos dell’antiriciclaggio di Banca d’Italia, che contengono informazioni riguardanti i flussi finanziari considerati sospetti.
Nella selva di segnalazioni una categoria specifica è identificata con la sigla “Pep”, la quale indica una “Persona politicamente esposta”. In essa vi rientrano i membri dei partiti, nonché di una fondazione o associazione collegate ai partiti stessi. Tra questi, tuttavia, possono rientrare anche assistenti, consulenti, familiari se hanno legami stabili con le persone politicamente esposte. La ragione per la quale il legislatore ha previsto una specifica categoria è abbastanza semplice: monitorare eventuali movimenti bancari sopra-soglia riconducibili a rappresentanti delle istituzioni, i quali, più di altri, assumono la responsabilità della gestione di risorse della collettività. Ciò si giustifica pure, a causa dell’elevato livello di corruzione e distrazione di denaro pubblico in Italia.
La procura di Perugia ha deciso di indagare anche sull’accesso a questa particolare banca dati dove confluiscono le Sos inviate dall’Ufficio informazione finanziaria (Uif) di Banca d’Italia. La stragrande maggioranza delle indagini sulla Pubblica Amministrazione, sulla corruzione o sul traffico di influenze, comprese quelle sulle organizzazioni mafiose è propria cominciata dai documenti dell’antiriciclaggio. Analizzando queste relazioni, i magistrati, hanno maturato il convincimento di vederci più chiaro, avviando, controlli ulteriori, scoprendo grandissimi giri di denaro, dietro i quali vi erano mazzette o riciclaggio.
Si tratta quindi di un’inchiesta giudiziaria che, nonostante la grancassa della politica e di parte dell’informazione, non possiede alcun elemento che risulti compatibile con le fattispecie di cui si parla in relazione al verificarsi di “spionaggio e dossieraggio”. Peraltro, il termine dossieraggio non configura in nessun atto della procura, tutt’al più, l’accusa più grave, potrebbe riguardare l’accesso abusivo a sistema informatico che avrebbe compiuto il finanziere Striano, in concorso con gli altri indagati – tra cui i tre giornalisti di Domani -, che gli avrebbero richiesto informazioni.
Non sussiste, quantomeno al momento, nessuna associazione a delinquere. I reati sono contestati singolarmente agli indagati, al massimo è presente il concorso tra due persone. Agli atti di indagine non rileva alcuna associazione tra gli indagati.
Non c’è, ancora, l’ipotesi di spionaggio. Questo è un reato esplicitamente previsto dal codice penale, all’art. 257, che si contesta a «chiunque si procura, a scopo di spionaggio politico o militare, notizie che, nell’interesse della sicurezza dello Stato o, comunque, nell’interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni». Tale reato non è stato contestato ad alcuno degli attuali indagati.