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Enzo Tortora, il simbolo della giustizia che sbaglia

Alle quattro di notte del 17 giugno di quarant’anni fa, Enzo Tortora, uno dei volti più popolari della TV in quel momento viene arrestato dei carabinieri per spaccio di droga e associazione di stampo camorristico. Questo resta nella memoria collettiva come il più clamoroso dei casi di errore giudiziario. Un arresto che resta nelle menti di tutti per quel fotogramma del popolare conduttore in manette presso il comando del reparto operativo dei carabinieri. L’inchiesta della Procura di Napoli scosse il mondo dello spettacolo e mosse i primi passi dalle dichiarazioni di pentiti legati alla nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo e dai falsi testimoni, in totale una ventina di persone, che tirarono in ballo tortura come corriere di sostanze stupefacenti. Queste accuse a detta dei magistrati partenopei, furono vagliate e attenzionate con precisione. Il giornalista fu rinchiuso dapprima a Regina Coeli, e poi nel carcere di Bergamo, all’interno dei quali scrisse numerose lettere per proclamare la sua innocenza, e solo dopo sette mesi di reclusione ottenne gli arresti domiciliari nella sua casa di Milano. Fu eletto il 17 giugno dell’anno successivo europarlamentare ed il 20 luglio tornò in libertà. Chiese al Parlamento Europeo l’autorizzazione a procedere nei suoi confronti che gli fu rilasciata a dicembre dello stesso anno. A febbraio vi fu il rinvio a giudizio, e a dicembre del 1985 fu richiesta nei suoi confronti la condanna per traffico di stupefacenti e associazione di tipo mafioso.

Renzo Villa ed Enzo Tortora nel 1981

Questa sentenza venne ribaltata nel settembre del 1986 dalla Corte di Appello di Napoli, ottenendo l’assoluzione piena ed i pentiti che avevano fatto dichiarazioni contro di lui ritenuti non credibili. Lo stesso Tortora dichiarò che era la fine di un incubo, divenendo così uno dei simboli dell’errore giudiziario. A mettere la parola fine a questa vicenda, intervenne la Cassazione il 13 giugno del 1987, ma poco meno di un anno dopo nel maggio 1988 il presentatore dopo dura malattia venne a mancare. La vicenda è ben raccontata nel libro edito da Mondadori intitolato “Testa alta, e avanti. In cerca di giustizia, storia della mia famiglia” uscito a marzo di quest’anno e scritto dalla figlia Gaia, la quale per la prima volta dopo tanti anni a messo a nudo le proprie emozioni ed il proprio vissuto attorno alla figura del padre, vittima di una giustizia tutt’altro che giusta. La stessa ha sottolineato come solo poche figure del mondo dello spettacolo di allora, furono vicine alla sua famiglia e si spesero per proclamare l’innocenza di del padre. Uno di questi fu Piero Angela, il quale quando apprese la notizia, accorse a casa Tortora, consolando la figlia Gaia che fino ad allora non aveva proferito parola per lo shock. Il vero e proprio cataclisma che investì la famiglia Tortora, lasciò il segno nelle loro vite per sempre. La stessa Gaia, ospite in una trasmissione Rai, ammise che il padre una volta liberato non fu più lo stesso uomo di prima. Tutta la vicenda lo aveva segnato in maniera indelebile e ne aveva minato la salute, dapprima mentale e poi anche fisica. Come lo stesso Tortora disse una volta rientrato in TV, la sua vicenda aveva avuto risalto in quanto egli stesso era un personaggio noto, ma doveva servire per tutti coloro che non avrebbero avuto la possibilità di difendersi allo stesso modo, contro le ingiustizie perpetrate nelle aule di tribunale.

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Alessandro Sorace classe 1988, nato a Catania. Giurista, giornalista pubblicista, appassionato di arte, storia ed amante della cultura, del gusto e del buon vivere. Collabora da gennaio 2022 col quotidiano online "Clessidra 2021".

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