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Serie Ritratti: Giovanni Falcone, il Maxi-Processo

Il lavoro del Pool Antimafia porterà al Maxi-Processo di Palermo, un procedimento penale innovativo nella storia repubblicana in termini di forze dispiegate e mole di lavoro da parte dei giudici e della polizia giudiziaria oltreché di collegamenti probatori e processuali; fondamentale sarà la collaborazione di Tommaso Buscetta, noto anche come il “boss dei due mondi” per la sua latitanza tra gli Stati Uniti, il Brasile e l’Italia, che con le sue rivelazioni al giudice Falcone metterà in luce la struttura dell’organizzazione denominata Cosa Nostra e le dinamiche interne alla stessa. Grazie al cosiddetto “Teorema Buscetta” ed al lavoro del Pool si misero alla sbarra ben 475 imputati, poi scesi a 460, ed il processo si aprì il 12 febbraio 1986 in un Aula-Bunker gremita costruita appositamente a fianco del carcere Ucciardone di Palermo, a prova di attacco missilistico, per permettere una migliore gestione degli spostamenti degli imputati dal carcere all’aula e viceversa. I reati contestati furono quelli di omicidio, traffico di stupefacenti, estorsione, associazione mafiosa e cosa fondamentale ne fu dimostrata l’unitarietà del disegno criminoso che nel passato invece aveva visto sempre un approccio separato nelle indagini e nella celebrazione dei processi. In primo grado vi furono ben 346 condannati e 114 assolti, 19 ergastoli e furono comminate pene per un totale di ben 2665 anni di carcere.

All’indomani di quella che fu considerata una delle più importanti vittorie dello Stato contro la mafia, il Pool guidato da Antonino Caponnetto cominciò a disgregarsi. In prima istanza vi fu la sostituzione di quest’ultimo con Antonino Meli, il quale venne preferito nella carica di Consigliere Istruttore della Procura di Palermo a Giovanni Falcone. Falcone era indubbiamente più esperto in tema di criminalità organizzata, ed in particolar modo di quella mafiosa, ma il Consiglio Superiore della Magistratura gli preferì, con 14 voti favorevoli 10 contrari e 5 astenuti, Antonino Meli, motivando con la maggiore anzianità di servizio la scelta. Quest’a scelta’ultima contribuì in maniera significativa ad anticipare la fine dell’Ufficio Istruzione di Palermo, soprattutto per quanto concerneva la coordinazione delle indagini, da un lato, e l’emarginazione a cui andò incontro Falcone dall’altro. Questa nomina mise ancor di più in evidenza la solitudine del giudice, il quale, fu delegittimato davanti all’opinione pubblica rispetto al lavoro che fin lì era stato condotto in maniera egregia. La sovraesposizione ha sempre avuto come equazione il pericolo per chi si occupa e si è occupato in maniera attiva e propositiva del fenomeno mafioso. Questa fu la prima grande sconfitta dopo la vittoria del Maxi Processo, ma non si rivelò l’unica nota stonata per Giovanni Falcone. Quando lo stesso si candidò per la guida dell’Alto Commissariato per la lotta alla mafia, venne sconfitto da Domenico Sica. Ad un’amarezza quindi se ne aggiungeva un’altra.

Gli effetti dell’isolamento trovarono conferma l’anno dopo; il 21 giugno del 1989 alle 7:30 gli agenti di Polizia che erano addetti alla protezione di Falcone presso la villa affittata all’Addaura, località balneare vicina a Palermo, dove il giudice era in attesa dei colleghi svizzeri Carla Del ponte e Claudio Lehman, trovarono 58 cartucce di esplosivo modello Brixia B5 all’interno di un borsone sportivo abbandonato nella spiaggetta antistante la villa. Fu proprio in quell’occasione che Falcone parlo delle “menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia”. La delegittimazione si acuì quando venne messa in giro la voce che l’attentato in realtà era frutto dello stesso Falcone, considerato reo di volersi fare pubblicità e rafforzare la propria candidatura a Procuratore aggiunto. Ricorderà lo stesso Falcone tempo dopo in una trasmissione televisiva condotta da Corrado Augias che “Se ti si pone una bomba sotto casa e quest’ultima non esplode è colpa tua che non l’hai fatta esplodere”, alludendo alle maldicenze da un lato ed alla credibilità delle propria persona dall’altro.

Intervista di Corrado Augias a Giovanni Falcone
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Alessandro Sorace classe 1988, nato a Catania. Giurista, giornalista pubblicista, appassionato di arte, storia ed amante della cultura, del gusto e del buon vivere. Collabora da gennaio 2022 col quotidiano online "Clessidra 2021".

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