L’inquietante testimonianza giudiziaria di Gioacchino Genchi, un racconto poco conosciuto e indagato

Appare estremamente inquietante la deposizione del Dott. Gioacchino Genchi, durante la sua testimonianza al Processo sui depistaggi per la strage di via D’Amelio, tenutosi a Caltanissetta e che ci riportano indietro alle famose “lettere del corvo”.
Era il 1989,Gioacchino Genchi, giovane Funzionario di Polizia si ritrova, suo malgrado, poiché voleva intraprendere a tempo pieno la funzione di Avvocato, ad essere il Dirigente dell’Ufficio Telecomunicazioni ed essendo amico di La Barbera frequentava spesso quegli Uffici della Squadra Mobile della Questura di Palermo, dove quest’ultimo ricopriva il ruolo di Dirigente. All’epoca Genchi abitava poco distante da Palermo a San Nicola La Rena in una casa locata in una zona di campagna. A causa dei suoi impegni in Ufficio frequentava poco il paese e non conosceva i suoi abitanti, tranne un amico con cui aveva legato e il prete della parrocchia.
Durante una cena, l’amico, gli rappresentò con preoccupazione il fatto che aveva notato uno strano movimento di persone, a lui sconosciute, che si recavano nella cabina telefonica della stazione ferroviaria del paese e periodicamente utilizzavano quel telefono ivi posto per effettuare delle chiamate ed, inoltre, occupavano anche una casa proprio nei pressi della ferrovia ( com’è noto al tempo non erano ancora diffusi i cellulari). Tutto ciò accadeva sempre in ore notturne o serali e pertanto tale fatto lo aveva insospettito. Il giorno dopo, Genchi, raccontò tutto a La Barbera.
In quel periodo si erano verificati una serie di omicidi poco decifrabili agli inquirenti, in quanto le vittime erano tutte ascrivibili alla fazione vincente dei “corleonesi” e, quindi, di conseguenza legati a Riina che ormai aveva preso le redini di “cosa nostra” in tutta Palermo e provincia, uccidendo tutti i suoi avversari e costringendo alcuni sopravvissuti a scappare, addirittura, via dall’Italia. Quindi, tali serie di delitti risultavano tutti inspiegabili e avevano creato una certa fibrillazione in chi doveva indagare e cercare le ragioni di tali morti.
Genchi nutriva molta stima dell’amico La Barbera, poiché lo indica come un uomo dalle capacità eccezionali in quanto dotato di un intuito investigativo non comune e con una capacità di apprendere immediatamente quello che leggeva che era riscontrabile in nessun’altro di sua conoscenza. Tuttavia , Genchi afferma pure, che La Barbera non era assolutamente capace di parlare in quanto usava un lessico quasi incomprensibile e tantomeno di scrivere; racconta che per stilare un semplice bigliettino di auguri, una volta, dovette rifarlo per una ventina di volte. Sempre Genchi, asserisce anche che La Barbera non era affatto avvezzo agli affari politici poiché non ne capiva assolutamente nulla.
Ritornando ai sospetti sugli uomini alla stazione, Genchi e La Barbera riescono ad identificare due dei personaggi equivoci e si trattava addirittura del collaboratore di giustizia Salvatore Contorno(Coriolano della foresta) e tale Gaetano Grado. Salvatore Contorno, aveva iniziato a collaborare con la Giustizia dagli Stati Uniti, dove era fuggito perché uno degli scappati alla mattanza effettuata da Riina e nessuno, almeno ufficialmente, sapeva della sua presenza, in quel momento, nel palermitano.
Genchi e La Barbera accertano anche che addirittura era stata restituita a Contorno la sua 112 blindata che aveva prima delle sua fuga e che gli era stata asuo tempo sequestrata. A restituirgliela, all’insaputa dei Funzionari della Squadra Mobile e, quindi, anche di La Barbera che ricordiamo era il era il Capo della Squadra Mobile , era stato un allora giovane Commissario Capo che corrispondeva al nome di Antonio Manganelli.
(Manganelli, oggi defunto, diventerà successivamente prima Capo del Servizio Centrale Operativo Speciale -SCO- e dopo, Capo della Polizia).
Il fatto della restituzione dell’autovettura blindata al Contorno, fece andare su tutte le furie Arnaldo La Barbera in quanto lo riteneva, e credo giustamente, un fatto estremamente grave ed inspiegabile; anche perché fatto a sua insaputa facendolo quindi allarmare. Genchi, uomo di estrema intelligenza, frena le furie di La Barbera e gli consiglia, prima di rendere noto al Ministero il gravissimo episodio, di gestire in modo più riservato la cosa per capirne di più e dopo, eventualmente, rendere noto a chi di dovere i fatti.
Genchi suggerisce quindi a La Barbera di mettere sotto controllo telefonico quella cabina dove Grado e Contorno si recavano ad effettuare quelle chiamate, riuscendo nottetempo a rendere inutilizzabili tutti i telefoni pubblici del circondario e lasciando funzionante solo quella della stazione ferroviaria. Procedono con l’intercettazione e con loro somma sorpresa, sin dai primi colloqui telefonici, accertano che il Contorno, tra gli altri, intratteneva rapporti diretti con il Dott. Gianni De Gennaro(in quel momento capo dello SCO; nominato nel 92/93 Capo della D.I.A. a cominciare dalla sua nascita; successivamente, anch’egli nominato Capo della Polizia nel periodo del G8 di Genova; Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio durante il Governo Monti dal 2013 al 2020 e un’altra miriade di incarichi di importanza Nazionale).
Genchi afferma che il contenuto delle telefonate tra De Gennaro e Contorno era estremamente “suggestivo” poiché quelle conversazioni avvenivano in prossimità di quella serie di omicidi inspiegabili sopra citati. Specifica che erano giornate primaverili e di sole splendente e Contorno diceva a De Gennaro: “…minchia nescinu comu i babbaluci ( escono come le lumache) c’è l’acquazzina…”. Cosa non corrispondente con il meteo in quanto non c’era rugiada, non c’era pioggia e le lumache escono solo con l’acqua. Queste le riflessioni che fa il dott. Genchi. Aggiunge che il riferimento che fa Contorno era completamente decontestualizzato dalle effettive condizioni meteo di quel preciso periodo.
I due, La Barbera e Genchi, a questo punto, hanno un quadro abbastanza completo di quello che poteva essere accaduto e Genchi afferma che La Barbera recepisce molto male il fatto che Gianni De Gennaro, che egli lo considerava suo amico, non riferisce a lui i fatti che stavano succedendo nel suo territorio e che lo terrorizzarono, e ,quindi, non era stato assolutamente messo al corrente di ciò. Genchi, continuando nel suo racconto, accenna anche ad un altro personaggio, tale D’Agati, che era parte integrante del gruppo di Contorno e Grado e il suddetto sarebbe stato anch’egli uno dei killer degli omicidi occorsi in quel periodo poi, in un secondo momento, ucciso anche lui.
A quel punto Genchi intima a La Barbera di effettuare un’immediata perquisizione nel covo occupato da Contorno e dai suoi accoliti, ma La Barbera a questo punto tentennò. Aggiunge, sempre Genchi, che lui non sa dire e né spiegare le motivazioni delle perplessità di La Barbera nel fare l’immediata e più che doverosa irruzione nel covo di Contorno. E non sa neanche dire se vi fossero state delle “consultazioni” con l’Autorità Giudiziaria, ed in particolare tra il Dott. Falcone e La Barbera. E’ comunque al corrente del fatto che furono fatte una serie di richieste di intercettazioni e che l’Ufficio Istruzione della Procura, non ritenne di autorizzarle.
Genchi, superò questo ostacolo suggerendo di fare delle “intercettazioni preventive” ,che non hanno valore giudiziario in quanto non valide ai fini dell’accusa, ma soltanto ai fini di acquisire notizie in ordine ai fatti su cui si indaga e che non “passano”, pertanto, dall’essere autorizzate dall’Autorità Giudiziaria. Tali intercettazioni portarono dei risultati che Genchi non specifica, ma fa capire che sarebbe emerso chiaramente come Contorno e i suoi uomini erano gli autori di quei delitti effettuati nei confronti degli uomini di Riina. E,quindi, da queste intercettazioni Genchi afferma, che bisognava immediatamente intervenire con una irruzione nel covo di Contorno per procedere all’arresto immediato degli occupanti il rifugio, poiché egli non avrebbe voluto rispondere di una possibile omissione, come ufficiale di Polizia Giudiziaria, dato che era venuto a conoscenza di fatti gravi e che avrebbero potuto evitare la commissione di omicidi che stavano nel frattempo continuando.
La richiesta perentoria di Genchi, non fu avallata e gli dissero che bisognava attendere, anche se lui non capiva cosa bisognava attendere ,dato che si sapeva dove era la casa/covo di Contorno e di cosa si erano resi, più che verosimilmente, responsabili gli occupanti.
A questo punto Genchi, comprendendo che c’era qualcosa che non quadrava in tutta questa storia, “si tira fuori” e si scrive ad un corso per Agenti informatici che si teneva a Roma, sebbene egli fosse un Funzionario con qualifica e compiti notevolmente diversi. Affitta una casa nei pressi della Scuola e si porta tutta la famiglia, “rompendo” qualsiasi rapporto con chiunque e non rispondendo neanche alle telefonate che gli pervenivano da La Barbera o altri da Palermo. L’oggetto del contendere, specifica Genchi, fu il fatto che La Barbera non aderì alla richiesta di effettuare un’immediata irruzione nel covo di Contorno. Su pressione del Pubblico Ministero che lo interroga durante il processo sui depistaggi, Genchi, afferma che le determinazioni di La Barbera, non derivarono da lui, ma desume che sicuramente non aveva avuto l’avallo per operare ricevendo “pressioni” per non procedere ed andare avanti nelle attività, come aveva fatto sino a quel momento.
Dopo che Genchi tagliò, per i motivi suddetti, ogni rapporto con Palermo, un giorno, mentre aveva finito la lezione al corso che si teneva alla caserma Castro Pretorio a Roma e stava per fare rientro a casa lo venne a trovare il Dott. Luigi De Sena; poi diventato Prefetto, già Vice Capo della Polizia e Direttore Nazionale Criminalpol ( ebbe successivamente incarichi politici in seno al PD, cui era membro dal 6/Maggio 2008 al 14/03/2013. Ha fatto parte della Commissione permanente- affari costituzionali – dal 2008 al 2011; facente parte della 10° Commissione permanente – industria, commercio,turismo- dal 12/10/2011 all’14/03/2013; facente parte della commissione speciale per l’esame di disegni di legge di conversione in decreti leggi, dallo 08/05/2008 al 22/05/2008; facente parte del Comitato parlamentare Schengen, Europol e immigrazione , dal 04/06/2008 al 14/03/2013; facente parte della commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari, dal 05/11/2008 al 17/11/2008 come membro e da Vice Presidente dal 5/11/2008 al 14/03/2013. E’ stato anche prima di intraprendere la carriera Politica, Vice Capo della Polizia e Direttore della Criminalpol, nonchè Prefetto di Reggio Calabria. Muore a Roma, dopo una malattia, il 31/08/2015).
Genchi afferma che in quel momento De Sena era un Funzionario di Polizia che lui conosceva perché gli era stato presentato da La Barbera che quest’ultimo considerava il suo “mentore” e pertanto “devoto” e “riconoscente”. Il PM. Sempre durante il dibattimento, a quel punto, chiede a Genchi dove prestava servizio De Sena in quel momento? Genchi, risponde che prestava servizio al SISDE (Servizi Segreti). Sempre Genchi ricorda che aveva conosciuto personalmente De Sena in precedenza e memorizza un pranzo fatto, anche alla presenza di La Barbera, presso il ristorante “La Cuccagna” posto frequentato assiduamente proprio da La Barbera. Comunque, Genchi, fa presente il contenuto del dialogo che ebbe con De Sena, il quale lo invitò a ritornare a Palermo e superare le diatribe con La Barbera. Dunque il PM chiede se De Sena era al corrente delle motivazioni per cui Genchi si era allontanato da Palermo e questi risponde: “…guardi, le posso assicurare che sapeva tutto…”. De Sena, invita a pranzo Genchi e il giorno dopo vanno in un Ristorante di Piazza Barberini. Poi De sena si presentò il giorno dopo con un altro Funzionario di Polizia, il Dott. Cavaliere che poi fu Capo della Criminalpol Nazionale, Prefetto e prima ancora Dirigente della Squadra Mobile.
De Sena convinse Genchi a ritornare a Palermo, però, dopo che era stato eseguito il blitz nel covo di Contorno, rinvenendo un consistente quantitativo di armi. Genchi apprese,poi, una volta tornato a Palermo, da una fonte confidenziale che non vuole rivelare, che probabilmente quella perquisizione nel covo di Contorno “…non è stata molto efficace…”. Genchi fa, quindi, “…arrivare voce ai Carabinieri…” dell’opportunità che si eseguisse un’ulteriore perquisizione perché nelle more avevano commesso una cosa, a sua insaputa, che definisce “…cosa assai poco elegante…” relativa alla difesa d’ufficio per furto di energia elettrica assegnata alla moglie di Genchi, anch’essa Avvocato, incarico datogli dall’Avvocato Antonio Battaglia, diventato successivamente Senatore. La Direttissima del Processo riguardava l’imputato Grado ( il complice di Contorno) che era stato accusato in quell’occasione anche di furto aggravato di energia elettrica nel covo di Contorno. Genchi a proposito del Processo a carico degli arrestati a cui andò ad assistere, trovati in possesso di un arsenale, tra cui una fondina per pistola con marchio USA non commerciata in Italia, dichiara che quello fu un processo anomalo poiché, sebbene la caparbietà di un giovane Pubblico Ministero, Ambrogio Cartosio, nel voler dimostrare la gravità dei fatti era assolutamente “disperato” di fronte alla “reazione”, soft e minimizzata, del Tribunale. Sulle armi furono eseguite le perizie balistiche a Roma, fu detto che non avevano mai fatto nessun omicidio. Genchi dichiara che ha avuto “…grossi sospetti…” sulle attività di perizia fatte su quelle armi e comunque dalla successiva perquisizione al covo fatta dai Carabinieri furono rinvenute altre numerosissime armi precedentemente non sequestrate. Il P.M. conclude l’esame chiedendo se con La Barbera hanno mai più parlato di tale fatto? Genchi dichiara che più che parlare, con La Barbera sorridevano sui fatti in quanto entrambi avevano le “…idee abbastanza chiare di quello che in realtà era accaduto…”. Aggiunge che lui ha sempre fatto quello che il dovere e l’obbligo giuridico gli imponevano di fare, denunciando sempre il tutto. Dovevano essere “altri” deputati ad accertare e approfondire i fatti per come realmente si erano svolti, cosa che evidentemente e chiaramente non si verificò!
Genchi successivamente, dopo le stragi, diventò il consulente di punta della Procura di Caltanissetta, in quanto esperto di informatica. Fu lui a scoprire che i computer di Falcone furono manomessi dopo la sua morte sebbene la stanza al Ministero di Falcone era sigillata immediatamente dopo la sua morte. Da quel momento Genchi, da che era considerato un “mostro sacro”, per come svolgeva il suo lavoro da tutto l’ambiente giudiziario, venne isolato, abbandonato, trasferito al Reparto Mobile (ex celere) e, poi, addirittura destituito dalla Polizia. A Genchi non gli fu permesso di indagare sulle carte di credito di Falcone, non fu ascoltato quando suggerì di non arrestare un mafioso e di indagarlo ulteriormente, poiché considerato l’anello di congiunzione tra mafia e Servizi Segreti e con quell’arresto si vanificarono le ulteriori prove che potevano essere raccolte.
Tutti sappiamo quello che accadde successivamente, i depistaggi, i falsi pentiti come Scarantino, la sparizione dell’agenda rossa di Borsellino, il mancato arresto di Provenzano a Mezzojuso e molto altro. Alla luce di tali fatti, verrebbe da chiedersi in che Nazione viviamo? E mi domando anche se questi fatti non possono essere collegabili con le morti di Attilio Manca e di Luigi Ilardo, in quanto, almeno per quest’ultimo, uno degli uomini nominati da Genchi, il Dott. Manganelli, quando era Dirigente dello SCO, ha avuto un ruolo attivo, per la determinazione e la definizione dell’arresto di Santapaola Benedetto, che rimane un episodio contornato da misteri e da circostanze ancora non bene chiariti e che potrebbero collegarsi con la morte di Ilardo poiché gli stessi uomini che “consegnarono” il latitante Santapaola.Poi a dire di Santo La Causa,killer di Ilardo e boss pentito, l’ordine di uccidere Luigi Ilardo, avvenne con un messaggio proveniente dal carcere di cui oggi non risultano indagati.
Genchi ha dovuto lottare sul piano giudiziario per essere, nel tempo, assolto da tutte le accuse e reintegrato in Polizia. Soltanto che il funzionario, com’è accaduto a tanti, ha preferito lasciare e fare, credo giustamente e comprensibilmente, per proseguire la carriera di Avvocato.