Il tentativo di un cambio di postura istituzionale dell’Ue nei confronti di Israele

La misura è colma, almeno a parole. Così potrebbe riassumersi il diverso “posizionamento” assunto dall’Unione europea rispetto agli efferati crimini di guerra e ai crimini umanitari che il governo di Tel Aviv continua, imperterrito, a perpetrare nei confronti di civili inermi.
Questo è il comune sentire che gradualmente si allarga tra le istituzioni europee; parole scandalosamente tardive e complici, che hanno permesso, pur indirettamente, l’uccisione di persone innocenti alle quali nulla poteva essere contestato, se non il bene più grande: la vita.
Quanto è dunque sottile il filo dell’ipocrisia tra la consapevolezza di uno sterminio di massa e indiscriminato e un atteggiamento di meschina ipocrisia che, adesso, soltanto adesso, riconosce ilsuperamento di un limite invalicabile da contestare al barbaro assassino Netanyahu e ai suoi sodali.
Israele ha quindi oltrepassato il limite, e il sostegno e la comprensione dell’Unione europea sono ridotte. In poco tempo, l’esecutivo con a capo Benjamin Netanyahu ottiene da Bruxelles censure e critiche.
Assume una posizione formale, uscendo piano allo scoperto, la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen, segnando un allontanamento probabilmente epocale, la quale ha affermato che “l’espansione delle operazioni militari israeliane a Gaza che prendono di mira le infrastrutture civili, tra cui una scuola che fungeva da rifugio per le famiglie palestinesi sfollate, uccidendo civili, compresi bambini, è abominevole”.
Pur non sapendo a quali conseguenze particolari questa dichiarazione possa orientare, non v’è dubbio che la Commissione europea ha sempre sostenuto il diritto di Israele alla sicurezza e all’autodifesa, ma questo profluvio di non può mai trovare giustificazione secondo il diritto umanitario e internazionale.
Quanto riferito da Von der Leyen, oltre a essere un’ulteriore, più forte, condanna, è anche il puntodi non ritorno per Netanyahu e i membri del suo governo. Von der Leyen, tedesca, rompe il tabù tutto germanico di prendere le distanze da Israele a cause delle responsabilità storiche del Paese nella campagna di sterminio sistematico durante il periodo del terzo reich.
Una linea analoga è stata espressa anche da Kaja Kallas, Alto Rappresentante dell’Unione europea, che, poco prima della telefonata tra Von der Leyen e Abdullah II, dal podio, lanciava strali contro il governo di Israele per un atteggiamento che “va oltre la risposta proporzionata”.
La risposta di Israele agli attacchi di Hamas ha prodotto un cambio di rotta epocale nella Germania.
Persino il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, ha pubblicamente scaricato l’alleato affermando che l’operato di Israele “non può più essere giustificato” e che da parte ebraica “è stata oltrepassatauna linea”.
Netanyahu, forse più in apparenza che di sostanza, dunque, si ritrova isolato, scaricato anche dall’Unione europea e con la Germania che riduce le resistenze derivanti dall’eredità storica della Shoah che hanno impedito, fino ad adesso, di assumere posizioni più critiche nei riguardi delloStato di Israele.
Lo scarto scavato nei confronti degli alleati europei è certificato dal supporto di diciassette Paesi membri all’avvio di una revisione dell’Accordo di associazione Ue-Israele, attualmente in corso da parte dei servizi giuridici della Commissione europea.
Per essere più precisi, però, affinché la verifica del rispetto degli obblighi sui diritti umani porti a un effettivo riposizionamento europeo nei confronti di Israele, la strada è irta di ostacoli e lunga. Per giungere ad una sospensione, quand’anche parziale, dell’Accordo di associazione, serve un voto all’unanimità per una condivisione totale. Ed è bastato che, uno Stato membro si mettesse di traverso, sembrerebbe l’Ungheria, per paralizzare l’avvio di nuove sanzioni ai coloni israeliani violenti in Cisgiordania.
Rimane il dato, sfumato, ma c’è: a più di un anno e mezzo da quando è stato messo sul tavolo la prima volta, l’Unione europea ha deciso di voler procedere ad una revisione dell’accordo di associazione con Israele.
In tal senso, una forte maggioranza dei Paesi membri è favorevole alla revisione dell’art. 2 dell’accordo di associazione con Israele, cioè quello che prevede che le relazioni tra Bruxelles e Tel Aviv siano basate sull’osservanza dei diritti umani.
A tutto questo, si aggiunge, inoltre, un altro risultato ottenuto da Israele: un rapporto tutto nuovo tr Unione europea e Autorità palestinese. La presidente dell’esecutivo europeo conferma al re di Giordania che, a causa del deterioramento della situazione nei territori palestinesi, ed in particolare in Cisgiordania dove risiede l’Anp, l’Unione europea ha deciso di rafforzare la vicinanza all’Autorità nazionale palestinese e al popolo palestinese.
Un sostegno che si traduce, oltre che a una rinnovata vicinanza sul versante politico, ad un pacchetto complessivo recante un’assistenza finanziaria di circa un miliardo e mezzo di euro, per ilperiodo tra il 2025 e il 2027, di cui 310 milioni di euro destinati a supporto diretto all’Autorità palestinese.