Allo Stabile sulle tracce del contemporaneo Male oscuro

Un caposaldo della letteratura italiana, un successo editoriale che nel giro di una settimana si aggiudicò i premi letterari Viareggio e Campiello; un cast di alto livello, una messa in scena convincente. Sono questi gli ingredienti dello spettacolo Il male oscuro, in scena in questi giorni allo Stabile di Catania (con repliche fino al 23 febbraio), una coproduzione Teatro Biondo Palermo, Marche Teatro, Teatro Stabile di Catania per l’attenta regia di Giuseppe Dipasquale.
Protagonista un Antonio Vassallo che, dopo averci deliziato in varie fiction televisive, si conferma un ottimo attore di teatro, dando vita a Bepi, un personaggio tormentato e quanto mai attuale, segnato da una nevrosi da cui non riesce a liberarsi e che condiziona la vita di tutti quelli che lo circondano. Si dipana così, con grande naturalezza, grazie anche alle scene senza fronzoli di Antonio Fiorentino, una vicenda ben orchestrata, sottolineata dalle eleganti musiche di Germano Mazzocchetti e dai bei costumi di Dora Argento, dove la dimensione nevrotica emerge in tutta la sua drammaticità ed ironia, con momenti esilaranti, soprattutto di vita matrimoniale.
Ricorda tanto questo Bepi lo sveviano Zeno Cosini, cui lo Stabile ha dedicato uno spettacolo del suo nutrito cartellone, dall’incapacità di superare il trauma della morte del padre, di relazionarsi autenticamente con i familiari al complesso rapporto con la moglie e l’amante; e anche questa volta il teatro catanese azzecca il giusto tono della messinscena, puntando sul perfetto duettare tra Vassallo e Ninni Bruschetta nel duplice ruolo dello psicanalista e di suo padre, calato adeguatamente nei ruoli e caratterizzato dalla sua bella voce: bravi anche gli altri attori da Cesare Biondolillo, a Lucia Fossi, Luca Iacono, Viviana Lombardo, Consuelo Lupo e Ginevra Pisani.
Così, di scena in scena, lo spettatore si immerge nell’avventura di uno scrittore che non domina la propria vita, ma ne è dominato, sempre in balia degli eventi, sul baratro della depressione, fiducioso (ma non troppo) in una psicanalisi che, pur aiutandolo a conoscersi meglio, rappresenta un’ancora malferma e poco convincente.
Opera dunque attualissima, che sviscera in tutti i suoi aspetti il male oscuro, che un po’ tutti ci riguarda. Siamo tutti Bepi, vittime di mille doveri, della repressione degli istinti vitali, condannati a una vita a metà, cui il teatro con la sua eterna e rinnovantesi magia ha dato forma e sostanza.
Un’altra bella prova dello Stabile, attendendo la sapiente ironia del Gogol dell’Ispettore generale con Rocco Papaleo.