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Le cariche della Polizia a Pisa e la “via stretta” per l’esercizio delle libertà democratiche

Si parte dal considerare come le scende accadute a Pisa e Firenze rappresentano, senza dubbio, una sconfitta per tutti. Questo va affermato in principio a prescindere dalle responsabilità che saranno accertate.

Quando in una Repubblica democratica, al cui vertice si erige la Costituzione che scolpisce diritti e libertà fondamentali, si verificano scontri di tal fatta, in cui il risuono “stonato” è quello di urla, spintoni e manganelli, bisogna chiedersi urgentemente quale sia la direzione che si sta seguendo per interrogare il modello di società che assume forma e consistenza, soprattutto per le future generazioni in un contesto storico caratterizzato da forti tensione e da cambiamenti probabilmente epocali.

Preso atto che le forze dell’ordine svolgono un lavoro prezioso ed encomiabile a tutela del convivere civile garantendo l’osservanza delle regole che consentono l’esercizio reciproco e pacifico dei diritti ai quali prima si diceva, resta, tuttavia, più di qualche ombra in relazione ai fatti accaduti presso le due città toscane, in cui, peraltro, i manifestanti erano giovanissimi e quindi destinatari principali di quei messaggi di pace di cui vi è estrema urgenza per evitare che i vari focolai di guerra sparsi nel mondo divampino ancor più, o peggio ancora, ci si abitui nell’indifferenza generale.

Deve sottolinearsi come la Costituzione, sorta infatti sulle ceneri dell’antifascismo, affinché antichi regimi dittatoriali mai più siano oggetto di restaurazione negli attuali assetti statali, permette, la libertà di manifestazione del pensiero (ivi compresa quella anticonformista, purché lecita) nonché il diritto di associazione e di riunione, che, esprimono la base su cui si fondano le cosiddette “libertà collettive” tipica espressione del principio democratico che interpreta nella partecipazione al governo della società un vero e proprio punto cardinale.

Per queste ragioni le immagini che rinviano a tali accadimenti sono “tragiche”, come se le lancette della storia in qualche modo fossero restituire in immagini in bianco e nero e non più con i colori fatti propri dalla Costituzione repubblicana.

Si protestava per la richiesta di un cessate il fuoco in Palestina, apparentemente in assenza di criticità particolari che potessero giustificare una carina, sebbene i fatti dovranno ancora trovare una risposta piena ed esaustiva presso le sedi competenti.

Le opposizioni in tal senso hanno chiarito che provvederanno a presentare una interrogazione parlamentare al Ministro Matteo Piantedosi, affinché, il titolare del Viminale, riferisca in Aula sui fatti di cui in discorso. Il timore è che vi sia la volontà di politica di far tacere – o comunque limitare – le voci fuori dal coro rispetto ad un ordine internazionale che vede l’Italia schierata secondo posizioni ben definite che, condivisibili o meno, lasciano spazio alla manifestazione del dissenso, purché civile e democratico.

Appare nient’altro che grottesco, come valori fondamentali, i quali dovrebbero intrecciarsi l’uno con l’altro, si pensi alle esigenze di ordine pubblico cui sono preposte le autorità di Pubblica sicurezza, e il diritto di ciascun cittadino di poter manifestare le proprie idee, anche attraverso forme di riunione, entrino in un vortice alimentato da conflitti e addirittura da violenza.

In riferimento al caso di specie si dice che il corteo non fosse autorizzato e nessuna comunicazione fosse giunta alle autorità preposte da parte dei promotori dell’iniziativa, tuttavia vedere la veemenza con cui gli agenti si scagliano contro manifestanti così giovani, apparentemente inermi, desta numerosi elementi di perplessità meritevoli di approfondimento, come si spera possa velocemente accadere a partire dalle spiegazioni che sia il questore che il prefetto saranno chiamati a garantire.

L’individuazione delle modalità e delle cause sottese agli accadimenti avvenuti, dunque, dovrà risultare sottoposta al vaglio delle analisi necessarie, perché se responsabilità fossero accertate anche la previsione di sanzioni costituisce invero una delle misure più alte che caratterizzano un sistema democratico per il convivere civile; quanto affermato rimane immutato quand’anche si ponesse definitivamente in evidenza una responsabilità da imputare alle forze di polizia che, pur svolgendo un lavoro prezioso e decisivo, esercitano i poteri attribuiti dalla legge in relazione ai confini dettati dalla legge stessa allo scopo di conseguire il supremo interesse generale.

Il fatto assume un valore che va ben al di là dell’accadimento in sé, infatti rappresenta occasione per valutare lo stato di salute della nostra democrazia e, soprattutto, per misurare il “clima” che si respira nel nostro paese che, con ogni evidenza, reca il mal funzionamento di gravi passaggi a vuoto e risente delle contingenze internazionali, nella misura in cui, esprimere le proprie idee, sempre più, sta diventando complicato e in taluni casi anche pericoloso per la tutela della propria incolumità.

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Mi chiamo Luca Gigliuto e sono animato dalla straordinaria passione per il diritto, quest'ultimo inteso come occasione inestimabile di ricerca di giustizia e verità. Sono un legale e mi occupo, altresì, in qualità di docente di insegnamento, consapevole dell'importanza fondamentale di formare ed informare le persone con le quali ho costantemente il privilegio di poter interloquire, investendo, su quei valori alti del convivere umano e civile che, talora, la mediocrità di questo tempo sembra non considerare. Amo la scrittura che si traduce nella capacità di comunicazione e, a tal proposito, vanto collaborazioni con alcune tra le più prestigiose riviste giuridiche scientifiche online, come Diritto.it, Altalex e Quotidiano Legale. Sul piano professionale, inoltre, sono un amministratore condominiale, iscritto presso il registro nazionale Confedilizia, nonché mediatore civile e commerciale ed arbitro presso la Camera Arbitrale Internazionale. Mi nutre pure la passione per il sociale, la quale è coincisa con l'impegno personale nel mondo dell'associazionismo e in compagini politiche, sempre e comunque, a sostegno del bene comune come propria stella polare. Credere sempre, fermarsi mai.
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