Oppenheimer e la ricerca scientifica organizzata

In questi giorni gira per le sale il film su Oppenheimer, lo scienziato che ha coordinato negli aspetti tecnico-scientifici il progetto Manhattan, finalizzato alla realizzazione delle bombe atomiche.
Ho visto che sta riscuotendo un certo successo ed interesse anche tra i giovani, che di quei fatti e di quel periodo non sapevano proprio nulla. Penso pure che qualche adulto non abbia avuto nozione di quei retroscena che sono stati ovviamente oscurati e dimenticati dall’immagine dirompente ed emblematica dei funghi atomici che hanno sovrastano minacciosi le città annichilite di Hiroshima e Nagasaki.
Quello che sicuramente ci si ricorderà è la successiva, continua e potenziale, minaccia di distruzione totale che questa nuova tecnologia, utilizzata per scopi militari e strategici, avrebbe potuto provocare e della conseguente e globalmente condivisa “guerra fredda”, che ci ha potuto garantire un incredibilmente lungo periodo di pace. Almeno in Europa.
Da allora sono cambiate la situazione politica mondiale, gli equilibri, le tecnologie, l’intelligenza e la saggezza politica. Ma purtroppo sembra che certe paure siano tornate.
Ma non è di questo che intendo parlare che, oltretutto, esula dalle mie competenze.
Ho lavorato in un centro di ricerca che fu istituito negli anni ‘50 per utilizzare le conoscenze, le ricerca e le scoperte nel settore nucleare per scopi civili, in particolare per produrre energia. Il centro era frequentato da scienziati, fisici chimici e biologi, e da ingegneri, tutti tesi a realizzare prototipi di reattori nucleari e degli impianti a valle ed a monte della fase di produzione di energia. Il centro era lontano da grandi città, era sorvegliato in continuazione con guardie armate ed era racchiuso da una doppia recinzione elettrificata. E tutto mi sembrava normale.
Visitando altri centri di ricerca in Europa ed in USA ho notato una perfetta analogia al centro dove lavoravo, con leggere variazioni tipiche delle tradizioni locali. (Tra questi centri si istituirono spesso delle sfide in versione “nucleare” delle Olimpiadi, soprannominate “Atomiadi”!).
Leggendo ed approfondendo ho capito che archetipo di questi centri, tutti uguali, tutti protetti, tutti sorvegliati, fu proprio il progetto Manhattan ed il centro di ricerca di Los Alamos!

La “scoperta” da parte della politica che la scienza poteva avere una valenza militare strategica (nella prima guerra mondiale il contributo della scienza era stato “solo” tecnico) ha dato l’impulso, in tutte le parti del mondo, ad istituire delle nuove organizzazioni statali dove, concentrando scienziati ed interessi industriali, sempre sotto un diretto controllo politico (a volte anche militare), si sarebbero potuti ottenere risultati e “prodotti” tali da determinare il grado di “potenza, industriale e militare” della nazione.
Fino ad allora la ricerca, scientifica e industriale, era sempre stata svolta da piccoli gruppi, nelle università ed in istituti affini e nei reparti specializzati delle grande industrie, tra i quali esisteva una naturale osmosi e sinergia. Ogni istituto e laboratorio era specializzato in un determinato settore, scientifico o tecnologico, e la diffusione delle informazioni era solo limitata dal segreto industriale (o militare).
Questo cambio di orizzonte, con la necessità di realizzare l’intera filiera per lo sfruttamento dell’energia atomica, ha portato ogni nazione, indipendentemente e spesso in concorrenza, a realizzare il suo/i suoi centri di ricerca, tutti, ufficialmente, finalizzati all’utilizzo civile e pacifico dell’energia atomica. Malgrado l’ottimo livello di conoscenze nel settore della fisica nucleare, all’Italia, dopo alcune vicende giudiziarie (si veda il caso del Prof. Ippolito), fu assegnato un ruolo ausiliario nel quadro delle attività internazionali sull’energia nucleare.
Servono ancora questi grandi centri di ricerca? C’è ancora la necessità di concentrare le eccellenze nazionali per scoprire o realizzare qualcosa che sia risolutivo per il benessere della nazione e, magari, per l’umanità?
Secondo me, forse non più. Prima (ma anche dopo) del Progetto Manhattan le scoperte e le invenzioni sono state in genere opere d’ingegno individuali o di piccolissimi gruppi, in concorrenza o in collaborazione tra loro, capaci di intuizioni o colpi di fortuna (serendipita’). Probabilmente per le verifiche sperimentali degli argomenti più prettamente scientifici, finalizzati quindi allo studio delle conoscenze di base (ad es. astrofisica, fusione nucleare), potrebbero essere adeguati dei centri di ricerca scientifica internazionali, come quelli europei, dove, in maniera proficua e razionale, potrebbero raccogliersi le migliori competenze.
Ma è anche pur vero che il potere politico di ogni governo con quell’esperienza, originale ed unica, ha scoperto nella Scienza e nella ricerca organizzata (e finanziata) uno strumento ed una potente arma, di conoscenza ma anche di persuasione competente, utile al suo agire.
Era il dramma umano vissuto da Oppenheimer, creatore e prigioniero del suo stesso progetto. Ma anche tuttora il nostro.