L’economia interna cambia volto?

All’indomani della marcia tentata sulla città di Mosca, è stata opinione diffusa che Prigozhin si fosse scavato la fossa con le sue mani. C’era solo da attendere. E così molto probabilmente è stato. L’aereo precipitato ieri tra San Pietroburgo e Mosca molto probabilmente aveva a bordo il leader della Wagner, e se così fosse questo episodio confermerebbe la strategia di eliminazione dei propri avversari in stile KGB del leader russo Vladimir Putin. La scelta di fare fuori i propri oppositori non è cosa nuova per il leader del Cremlino, che nel tempo si è macchiato di morti stranamente avvelenati e di attentati attribuiti ad altri al fine di portare acqua al proprio mulino. Fonti della stampa inglese (il Daily Mail si è espresso in tal senso), dicono che in realtà un secondo jet abbia raggiunto Mosca e che tutta questa sarebbe una messinscena per permettere all’uomo della Wagner di sparire in modo per così dire elegante. Al di là di ogni ipotesi di stampo complottistico, in entrambi i sensi si intende, il clima geopolitico a livello globale non è per niente buono, ed anche questa affermazione può apparire come eufemistica. Non vi sono al momento leader nazionali in grado di mediare quella che sembra apparire come la crisi del terzo millennio, fondata sul fallimento delle attuali democrazie e su una svolta a destra di gran parte delle democrazie europee. Non è un caso. La sinistra non è riuscita a creare un pieno, ma bensì un vuoto di opposizione che non ha fatto altro che favorire questo tipo di svolta. Svolta che però come è evidente pende tutta da un lato e cavalca la paura delle persone. Sembra un po’ il tramonto della tanto decantata globalizzazione. Quest’ultima ha indubbiamente avuto un ruolo chiave nello sviluppo economico mondiale, ma adesso sembra essere in una fase di stallo e per certi versi si ha la sensazione di una regressione, con la “voglia” di ogni paese di ritornare ad una propria economia circolare interna. La scintilla che ha animato questo tipo di movimento è stata proprio la guerra in Ucraina, che ha fatto emergere ad esempio, come si fosse dipendenti dalla stessa per quanto riguardava l’approvvigionamento del grano, o come si fosse dipendenti dalla Russia per il gas. La tendenza allora ha cominciato ad essere quella del ritorno alla vecchia autonomia economica pre-globalizzata. Sarà questa una scelta possibile e percorribile? Chi lo sa, probabilmente non in toto, nel senso che si avrà una situazione per così dire ibrida nella quale si cercherà di avere una propria solida base economica che possa far fronte alle mancanze che oggi dipendono dalle produzioni di altri paesi. La delicata situazione mondiale che si è venuta a creare ha spinto da questo punto di vista alla riflessione su dove si stesse avviando l’economia globale e come sempre avviene, i fatti spesso fanno emergere i nodi al pettine di una tendenza nella nuova economia globalizzata. In tutto ciò il made in Italy ha sicuramente avuto negli ultimi decenni uno sviluppo importante grazie a quegli imprenditori che ne hanno sempre più affermato il brand a livello internazionale, ma probabilmente, è proprio il caso di dirlo, questo si dovrebbe affermare sempre più anche a livello interno su larga scala e non solo all’estero. Il nodo della questione da questo punto di vista sono i costi alti da sostenere, dato che quando si parla di made in Italy parliamo comunque di eccellenze del nostro territorio che non temono confronti con nessuno a livello mondiale, la nostra storia parla per noi. L’auspicio è che tutto ciò possa avvenire con un bilanciamento di costi, e soprattutto con una politica del lavoro che possa consentire una maggiore occupazione e di conseguenza una maggior capacità di spesa pro-capite.