Viaggio (breve) in Sicilia. Note sull’energia.

Quest’estate ho fatto una breve ma intensa incursione nella bella Sicilia, tra tradizioni, ricordi, umanità e risorse naturali, con la fortuna di avere un amico, guida ed anfitrione, che mi ha permesso di accedere a delle realtà locali, vivaci e dinamiche. È la bellezza del viaggiare, del conoscere, del capire!
Anche in viaggio ci si porta però appresso il bagaglio (o fardello) delle proprie conoscenze ed esperienze che, per un ingegnere, significa sempre piazzare tecnologia e cambiare (si spera sempre per il meglio) la qualità della vita delle persone che la vivono.
L’impressione che ho avuto è che la Sicilia è (anche) Sole e piccole e medie comunità e paesi, con un territorio fertile, ma a volte brullo e segnato da feroci incontinenze naturali (almeno nella parte Orientale).
È risultato quindi abbastanza spontaneo pensare che questa combinazione di elevata insolazione e presenza di comunità non estese, con consumi energetici limitati rispetto ad aree fortemente industrializzate, possa essere il luogo ideale per pensare di istituire le Comunità Energetiche Rinnovabili (acronimo CER), presenti e promosse dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Tra le varie definizioni di CER colgo quella del report “Community Energy Map”, prodotto dalla Luiss Business School (reperibile online): “ Le Comunità Energetiche sono … un modello alternativo per la promozione e l’uso di energia da fonti rinnovabili, incentrato sui bisogni energetici, ambientali e sociali identificati dalle realtà locali. “
Di cosa si tratta? Nella sostanza consiste nell’associarsi tra produttori (singoli cittadini, enti locali, piccole e medie aziende) di energia rinnovabile, in genere da fotovoltaico, con utenti (gli stessi delle tipologie dei produttori) che vogliono utilizzare quell’energia, integrandola poi con quella che proviene dalla rete di distribuzione di energia elettrica nazionale. È un modello “alternativo” perché prevede che l’energia che serve alla comunità proverrà dal “basso” (piccoli e medi impianti da rinnovabile) piuttosto che da grandi centrali di potenza (in genere alimentate a gas naturale), che alimentano la rete elettrica.
La singola CER, oltre a risparmiare sull’acquisto di energia elettrica dalla rete, che ne beneficerà in termini di stabilità, avrà un “premio” per ogni quantità di energia (espressa in kWh, chilowattora) scambiata tra i membri-utenti della CER; beneficio economico che dovrà poi essere distribuito tra i membri della CER.
Esistono delle condizioni tecniche (tutti i membri devono essere collegati alla cabina primaria di distribuzione elettrica; ogni impianto della CER deve avere una potenza inferiore a 1000 kW, ecc.), ma la normativa appare in evoluzione data la relativa novità, almeno in Italia.
Le condizioni, almeno nelle realtà della Sicilia che ho visto, mi sembrano ci siano tutte. Si tratta di sensibilizzare la popolazione sugli effetti benefici, non solo economici ma anche in termini di posti di lavoro locali e di indipendenza e sicurezza energetica, e le autorità locali, che dovrebbero assumersi un ruolo proattivo e di garanzia nei confronti dei membri privati della CER. Dal punto di vista tecnico sono tra le altre presenti società (Energy Service Company, ESCo), che agiscono su tutto il territorio nazionale, e che sono in grado di fornire indicazioni, supporto e progettualità su tutto il corso del progetto.
Occorre indubbiamente superare difficoltà burocratiche, finanziarie, amministrative e una naturale diffidenza a collaborare con altri. Ma un’altra caratteristica delle CER è la possibilità di procedere anche per piccoli passi, mettendo dapprima “in comune” il proprio impianto fotovoltaico domestico e/o quello sul tetto della scuola, e finire per vendere la energia in eccesso della “propria” CER (e le conoscenze tecniche acquisire) ai paesi vicini.
Basta iniziare il viaggio!