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Una vecchia proposta del CNR sul collegamento tra la Sicilia e la penisola

La vicenda del Ponte sullo Stretto di Messina è talmente antica che quasi si perde nella notte dei tempi.
Ritorna ciclicamente, come i corsi e ricorsi storici di Giambattista Vico, nell’agenda di qualche governo.
Viene riesumata strumentalmente ai fini di propaganda politica, e quasi mai affrontata con serietà nel merito.
Non servono le “guerre di religione”, ma confronti pacati privi di pregiudizi.
Circa 40 anni fa il Consiglio Nazionale delle Ricerche, che non può essere sospettato di integralismo ambientalista, aveva compiuto studi sull’argomento.
Era venuta fuori una proposta che, ancora oggi, appare lungimirante da un punto di vista tecnico e, soprattutto, realistica, realizzabile e utile per la collettività.

Essa prevedeva una soluzione costituita, per le merci, dal decongestionamento dell’area dello Stretto e dalla diffusione, sul territorio della Sicilia, di alcuni terminali portuali con bacini di utenza di media grandezza e con funzioni specifiche.
In particolare venivano individuati alcuni poli utilizzando le strutture già esistenti: Milazzo, Tremestieri, Termini Imerese, Pozzallo.
Bisognava solo dotarle di adeguati servizi stradali e ferroviari che garantissero la possibilità di rapido collegamento con le aree di produzione interna.
Stesso soluzione veniva indicata per il trasporto aereo mediante l’utilizzo degli aeroporti esistenti (Catania, Palermo, Trapani, Comiso) ed incentivando il ricorso a navi e traghetti veloci per il collegamento marittimo.
Una soluzione di questo tipo permetterebbe la diffusione sul territorio del grande flusso finanziario previsto per la realizzazione del Ponte, e al contempo permetterebbe di raggiungere complessivamente, in tutta l’Isola, livelli accettabili nella qualità dei servizi e delle infrastrutture destinati al trasporto commerciale e di passeggeri.
Se a tali considerazioni aggiungiamo altre di carattere tecnico, quali il dato scientificamente certo che quella dello Stretto di Messina è l’ area a più alto rischio sismico d’Europa e che sia il territorio messinese che quello calabrese sono soggetti a gravissimi dissesti, ritengo che la soluzione proposta 40 anni fa dal CNR meriti di essere presa in considerazione.
Una cosa è comunque certa: su questo tema, come su altri, non servono i toni accesi e i fanatismi.
La vera politica, quella seria, approfondisce, valuta e poi decide scegliendo la soluzione più adeguata.
Tutti vogliamo lo sviluppo vero e diffuso della Sicilia, utilizzando al meglio e in modo razionale le risorse.
Evitando di fare monumenti allo spreco o cattedrali nel deserto.
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P.S. : Negli anni ’90, quando ero deputato all’Assemblea Regionale Siciliana, chiesi si discutesse della proposta del CNR unitamente al Consiglio Regionale della Calabria. Ma, come sempre, i politicanti preferirono gli slogan alla discussione nel merito.

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Laureato in Giurisprudenza nell’ Università di Catania. Avvocato penalista di lunga e consolidata esperienza, patrocinante presso la Suprema Corte di Cassazione e Giurisdizioni Superiori. In particolare modo svolge attività di assistenza e consulenza legale, nonché attività di rappresentanza e difesa in sede contenziosa e stragiudiziale, principalmente nel settore del diritto penale e prevalentemente nelle seguenti materie: Reati contro l’ordine pubblico; Reati contro la Pubblica Amministrazione; Reati contro la persona; Responsabilità medica; Diritto penale del lavoro; Reati contro il patrimonio. E’ stato uno dei fondatori del Movimento La Rete e poi deputato regionale dello stesso gruppo politico all’Assemblea Regionale Siciliana per due legislature. E’ un animatore e un attivista dell’impegno antimafia a Catania in Sicilia e si è distinto nell’attività professionale difendendo molti collaboratori di giustizia che hanno reciso i legami con Cosa Nostra.

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