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Giovanni Lizzio, pagò con la vita la sua determinazione contro la mafia catanese

Cosa Nostra catanese ha cercato di evitare sempre omicidi eccellenti e Nitto Santapaola  era molto accorto a compiere simili azioni criminose comprendendo meglio di qualsiasi boss della cupola   che l’eliminazione di qualche uomo dello Stato nel territorio etneo avrebbe comportato gravi conseguenze per gli affari mafiosi e per i traffici illeciti. Fu uno choc per tutti quando venne ucciso l’Ispettore Giuseppe Lizzio il 27 luglio del 1992 a Catania e questa uccisione avvenne proprio a pochi giorni dalla strage di Via D’Amelio. L’Ispettore venne assassinato mentre era in macchina, fermo al semaforo in via Leucatia allorchè due killer in moto gli si avvicinarono e spararono contro di lui vari colpi. Venne trasportato in ospedale in gravissime condizioni e spirò poco dopo.   Lizzio era un poliziotto di grandi capacità e di irriducibile tenacia che aveva iniziato a prestare servizio a Napoli e dopo qualche anno venne trasferito dov’era nato a Catania. Cominciò con tanta passione e precisione un lavoro incessante presso la squadra mobile impegnandosi in modo certosino e puntuale come un segugio alla ricerca di reati e criminali.  In realtà in tutti gli anni a Catania  indagò con particolare a attenzione  sulle cosche mafiose di antica tradizione e nel contempo su quelle emergenti. Lizzio era una grande investigatore che acquisì una vasta conoscenza sulla mafia catanese e divenne un punto riferimento fondamentale per la questura. Operò moltissimi arresti di appartenenti alla mafia  e nel 1992 quando venne ucciso Lizzio era in servizio da un anno al comando del nucleo anti-racket della questura di Catania. Erano gli anni in cui la maggior parte degli imprenditori catanesi subiva estorsioni e pagava il pizzo. Lizzio cominciò ad occuparsi di indagini molto delicate e rischiose che cominciarono a portare a dei risultati positivi con l’arresto di numerosi estorsori. Pochi giorni prima del suo omicidio l’Ispettore capo aveva eseguito degli arresti contro un clan mafioso cittadino.

Giovanni Lizzio è stato il primo poliziotto ad essere ucciso a Catania e le indagini condussero gli inquirenti al movente di un omicidio ordinato per fermare la sua  attività investigativa anti-racket. Però nel tempo è emersa anche la decisione di ammazzarlo per dare un forte segnale allo Stato da parte della criminalità nella strategia di cupio dissolvi portata avanti dalla cupola siciliana a cui Santapaola dovette sottostare.

Il murales dedicato all’Ispettore Giovanni Lizzio

Le indagini sull’omicidio ebbero una svolta nel 1993 dopo l’operazione “Orsa Maggiore” che consentirono una della più grandi operazioni antimafia a Catania con l’arresto di 156 persone prevalentemente del clan Santapaola anche grazie al collaboratore di giustizia Claudio Severino Samperi . In quell’occasione furono incriminati i boss di vertice Benedetto Santapaola, Giuseppe, Giuseppe Pulvirenti, Calogero Campanella e Aldo Ercolanno che furono accusati di essere i mandanti del delitto Lizzio. Emerse che tale esecuzione mafiosa aveva un doppio scopo :il primo era quello di “giustiziare” un investigatore che aveva denunciato Giuseppe Pulvirenti, “u malpassatu” per il reato di estorsione, mentre il secondo obiettivo era di “aderire” alla linea di attentati contro i rappresentanti dello Stato portata avanti da Totò Riina in Sicilia.

Il processo “Orsa Maggiore” si concluse nel 1996 con la condanna all’ergastolo per Santapaola come unico mandante dell’omicidio Lizzio mentre gli altri imputati Aldo Ercolano e Calogero Campanella vennero assolti. Tuttavia le indagini vennero riaperte a seguito delle dichiarazione dei pentiti Natale Di Raimondo e Umberto Di Fazio, che si autoaccusarono di aver preso parte  all’omicidio, quindi, iniziarono due processi contro gli esecutori materiali. Nel Giugno del 1998 si celebrò il processo con il rito abbreviato  e vennero condannati Di Raimondo e Di Fazio a 12 anni di reclusione con la riduzione della pena prevista dalla legge per i collaboratori di giustizia  mentre altri due imputati Francesco Squillaci e Giovanni Rapisarda ebbero trent’anni di carcere. Successivamente  Rapisarda venne poi assolto in Appello. Nel processo con il rito ordinario vennero invece assolti Filippo Branciforti e Francesco Di Grazia. Bisogna sempre tenere viva la memoria dell’Ispettore Capo Giovanni Lizzio, raro esempio di grande volontà e intelligenza investigativa che pagò con la vita la sua determinazione a fare sino in fondo il suo dovere di servitore dello Stato.

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Rosario Sorace, nasce a Giarre il 13 maggio 1958;nel 1972, a 14 anni, inizia un intenso impegno politico e sociale. A soli 25 anni diventa segretario regionale dei giovani socialisti in Sicilia e dopo due anni, nel 1985, viene eletto al Consiglio Comunale di Giarre. Successivamente, viene eletto al Consiglio Provinciale di Catania dove svolge la carica di Assessore allo Sviluppo Economico. Nel 1991 viene eletto Segretario della Federazione Provinciale del PSI di Catania. Nel contempo consegue la laurea in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Catania in cui oggi svolge il servizio in qualità di funzionario di Biblioteca del Dipartimento di Scienze Chimiche. È giornalista pubblicista. Collabora dal 2018 con i giornali on line IENE SICULE, SIKELIAN, IL CORRIERE DI SICILIA e AVANTI LIVE. È un grande di lettore di prosa e scrittore di poesie.

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