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Quando la musica non vince il dolore

A 56 anni è mancata Sinéad O Connor, cantautrice irlandese. Così famosa e talentuosa, eppure così fragile. Già sabato scorso la notizia era stata sdoganata, ma era una bufala. O un fosco presagio. Non sono state accertate ancora ufficialmente le cause del decesso.

Aveva sofferto di diversi problemi mentali, tra cui l’agorafobia, la mancanza di autostima, gli attacchi di panico,i disturbi bipolari. Nel 2017 ha confessato di aver tentato per otto volte il suicidio, e l’ultima volta subito dopo la perdita del figlio diciassettenne Shane,morto suicida nel 2022, una cicatrice che mai più si era rimarginata. Era ingrassata, si trascurava e ripeteva come un mantra su Twitter di essere morta insieme a suo figlio (ultimo di 4).Tra le montagne russe della sua personalità borderline, nel 2018,aveva trovato un po’ di requie con la conversione all’Islam, (o come dichiarava lei”inversione”, cioè un ritorno a come sei nato) adottando il nuovo nome di Shukada’ Sadaqat, cercando anche di dar voce ai diritti LGBTQIA.

Sosteneva che l’Islam fosse il naturale approdo del viaggio di qualsiasi teologo intelligente che conosce le Scritture, perché tutte convergono in quella direzione. Periodicamente si riacutizzavano i postumi di un’infanzia tormentata, perché lei, dentro, celava quel ” male oscuro” che le impediva di vedere l’azzurro fuori; il gorgo profondo dell’inquietudine e dell’inadeguatezza la trascinava violentemente, e lei non trovava la forza per risalire e, probabilmente, chiusa, esiliata nella sua “Sant’Elena” non riusciva a vedere una pietosa e “valida man” che la trasportasse, come il Napoleone manzoniano, “in più spiroso aere” .

Tanti i traumi infantili, i conflitti irrisolti ed inespressi, i lutti non elaborati. Dopo la separazione dei genitori, a 9 anni era stata affidata alla madre alcolizzata e depressa che la torturava, imbrigliandola in una relazione sadica e simbiotica caratterizzata da altalene di Paradiso e Inferno; figlia “reificata” e ridotta a pacco postale, era stata assegnata al padre; successivamente aveva patito il grigiore e la severità dei collegi cattolici irlandesi.

Il Bing bang stava in agguato, ma lei era prodiga di emozioni …

Tutti abbiamo sognato con la canzone “Nothing Compares to you”,scritta anni prima da PRINCE per i Family, inserita nell’album ” I do not want what I haven’t got” e proclamata singolo numero uno al mondo, nel 1990, da Billboard Music Awards; tutti la ricordiamo quando, nel 1992 , durante l’esibizione al Saturday Night Live, modificó senza preavviso le ultime parole del testo di War, la canzone di Bob Marley, e strappó davanti a migliaia di persone la foto del Papa Giovanni Paolo II, gridandogli di combattere il vero, potente nemico, la PEDOFILIA, negli ambienti cattolici…(un riferimento alla sua storia personale?).Probabilmente questo gesto le attirò le antipatie di una buona fetta di pubblico e minó il difficile rapporto con i Media. Intanto si sposava e separava…

In seguito, sempre con i capelli rasati che ormai erano diventati il suo marchio di riconoscimento in the world,dichiaró che non avrebbe più cantato quel successo planetario che la ingabbiava e non la emozionava più. Altra metamorfosi: si fa prete e leader di un movimento cattolico indipendente. Aveva denunciato più volte l’isolamento, l’emarginazione di chi sprofonda nelle malattie mentali ed è costretto, giorno dopo giorno, a subire l’ostracismo delle persone che ama e la condanna sociale di chi accusa il malato di essere un fallito, una palla al piede per i familiari. Nel 2017 scriveva: “Sono da sola e vivo in un motel in New Jersey. Sono da sola e non c’è niente nella mia vita, eccetto il mio psichiatra, la persona più dolce al mondo che mi tiene in vita. Le malattie mentali sono come le droghe, sono uno stigma. All’improvviso tutte le persone che dovrebbero amarti e prendersi cura di te ti trattano male”. Era FRAGILE.

Secondo Alessandro D’Avenia essere fragili è un’arte, soprattutto in un mondo dove vince chi è più forte e dove, sin da piccoli, ci insegnano a difenderci dai nemici, anche da noi stessi, e a biasimare la fragilità. Solo l’amore permette di abbracciare le nostre fragilità. Lei non ha avuto amore da se stessa e nemmeno da chi (non) la circondava.

In una società marcia dove in troppi hanno le pietre in mano e in cui impera un edonismo sfrenato che ci vuole tutti sorridenti, narcisisti, competitivi e consumisti, la fragilità equivale a debolezza e rende una persona inutile. La malattia è diventata colpa.

In qualunque modo tu abbia tolto le tende,commossa, io ti dico addio, sfortunata Sinéad…torna alla madre terra,benignamente accolta nel suo tellurico ventre, e ricorda che “Nothing compares to you”.

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Nata a Catania nel lontano 19..(il tempo è solo uno stato d’animo!), dopo aver conseguito la maturità classica si iscrive presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Ateneo di Catania. Si laurea in Lettere classiche con votazione di 110/110 “cum laude” e si immerge nel mondo del lavoro. Dopo aver vinto il Concorso a cattedra nel 2001 inizia ad insegnare presso i Licei. Partecipa a diversi convegni come corsista e come relatrice, cercando di tenersi costantemente aggiornata. Si occupa di temi e problemi della sfera umanistica, collaborando con diverse riviste. Appassionata di libri, ama dipingere, recarsi a teatro, ascoltare musica e suonare il pianoforte. Ama viaggiare, e la sua valigia è sempre pronta!

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