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La dura denuncia di Sebastiano Ardita:”Le carceri si sono trasformate in centri di controllo telefonico e telematico delle attività criminali “

Sebastiano Ardita è un magistrato che ha acquisito una grande esperienza nel settore delle carceri ampiamente riconosciuta in mono unanime, sa bene quindi di cosa parla avendo ricoperto il ruolo di Direttore generale del dipartimento detenuti e trattamento del DAP (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria)e proprio in tal senso in un convegno a Palermo “Parlate di mafia “ ha espresso il suo punto di vista con una dura denuncia sull’attuale situazione delle nostri di istituti di pena “La lotta alla mafia è tornata indietro. Ci sono interi settori istituzionali deputati al contrasto dei fenomeni criminali totalmente fuori controllo. Le carceri sono fuori dalla attenzione pubblica- afferma Ardita-, fuori dal controllo delle Istituzioni, sono allo sbando”. Il magistrato descrive una situazione veramente drammatica e preoccupante sullo stato attuale dei penitenziari.

“Le complesse ragioni possono essere riassunte in una semplificazione. Nelle carceri esistono due ordinamenti: uno è quello scritto nelle leggi  penitenziarie,-ha proseguito Ardita- l’altro è quello della criminalità (che in Italia è spesso quello della mafia). Il primo ordinamento si applica quando tra i reclusi è presente lo Stato, con i suoi uomini. Il secondo ordinamento si applica quando lo Stato è assente e i detenuti rimangono da soli – dice Ardita – Ebbene nel nostro sistema penitenziario qualche anno fa si è deciso di fare arretrare la presenza dello Stato: si è dato ordine di aprire le celle, di fare uscire gli agenti, lasciando soli i detenuti. E così – al di là delle intenzioni – di  fatto si è sancito il controllo criminale delle carceri”.

“Le carceri si sono trasformate in centri di controllo telefonico e telematico delle attività criminali, in piazze di spaccio dove circola  liberamente la droga, in succursali dei quartieri e delle famiglie di  cosa nostra”, spiega ancora Sebastiano Ardita .

 “Ogni anno vengono sequestrati centinaia se non migliaia di apparati  cellulari e schede sim, ma questo non impedisce ai detenuti appena entrati di avere subito un telefono per effettuare comunicazioni illecite. Tutto questo avviene oramai da anni nel silenzio, fuori dalla attenzione e dall’interesse delle Istituzioni politiche che devono risponderne ai cittadini” conclude in maniera sconfortata il magistrato.

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