La grazia a Patrick Zaki

Il ritorno di Patrick Zaki in Italia per la grazia ricevuta doveva essere solo ed esclusivamente un momento di gioia per la liberazione di un ragazzo che negli ultimi tre anni della sua vita ha patito la prigionia e le torture solo per aver espresso il proprio pensiero in modo libero com’è giusto che avvenga in un paese che si possa definire democratico. Ovviamente il discorso è ben diverso in un paese come quello egiziano, nel quale le libertà vengono messe a dura prova, e non solo quelle, leggasi caso Regeni. Dicevamo, doveva essere un momento di felicità, ed invece nel mondo di oggi si deve sempre trovare l’appiglio per fare polemica, sempre. La scelta da parte di Zaki di rientrare in Italia con un volo di linea e non con il volo di Stato che gli era stato messo a disposizione, ha suscitato lo sdegno di alcuni per una sorta di “irriconoscenza” al paese che si è premurato di intessere la diplomazia che ha portato alla grazia ricevuta. La realtà però a ben vedere non ha questa lettura, tutt’altra semmai. Il non voler usufruire del volo di Stato che avrebbe avuto un valore assolutamente e pienamente politico della sua immagine è stato molto probabilmente un bene e di questo lo stesso Zaki ne era pienamente consapevole e per tale ragione ha preferito evitare questa modalità di rientro. La strumentalizzazione della vicenda era dietro l’angolo. E così via alle dicerie sul suo conto, e alla trattazione della vicenda da parte del servizio pubblico su un piano assolutamente secondario, proprio in virtù di questo diniego, confermandosi come “disservizio” privato per l’ennesima volta. Zaki a più riprese, sia durante le fasi di rientro, che durante la conferenza stampa tenutasi domenica 23 luglio all’Alma Mater Studiorum di Bologna, ha tenuto a ringraziare il governo e l’Italia tutta per l’operato e la vicinanza dimostrate durante la prigionia e per il lavoro diplomatico svolto che ha portato alla grazia; in modo altrettanto schietto e scaltro ha tenuto a sottolineare che l’attenzione su chi subisce ingiustizie legate alla soppressione dei propri diritti fondamentali e civili non deve mai abbassarsi, come nel caso di Giulio Regeni che ad oggi resta senza giustizia fatta per i suoi carnefici.

Ultimo passaggio questo, che ha messo in luce un altro dato polemico emerso in queste ultime ore; cioè che Zaki sia stato una sorta di “grazia barattata” rispetto alla oscura vicenda di Regeni che pertanto si connoterebbe con sempre maggior impunità. Ci si augura ovviamente che tutto questo non sia assolutamente vero, ed anzi il fatto che un attivista come Zaki abbia tenuto a rimarcare che la sua liberazione costituisce un esempio e non un ultimo atto tra Italia ed Egitto, merita un assoluto plauso in virtù dell’attenzione al centro della quale si trova in questo momento e che quindi dona ulteriore forza propulsiva alla ricerca della verità e della giustizia su casi analoghi o ben peggiori come quello del ragazzo friulano e dei suoi genitori. Impariamo a gioire per le vittorie, ed aspettiamo ad esprimere giudizi che spesso si rivelano parziali o peggio ancora privi di alcun fondamento. In un periodo storico come quello attuale la liberazione di un uomo innocente ha lo stesso valore simbolico di un rigoglioso fiore in un deserto assolato ed arido.