Le origini del pensiero meridionalista

Il dibattito che avvolge da sempre l’Italia da quando si è formato lo Stato unitario è relativo al tema irrisolto della condizione di sottosviluppo economico e sociale del Mezzogiorno. Dal 1861 la questione del mezzogiorno fu messa al centro dell’attenzione di pensatori politici in quanto con l’Unità d’Italia il brigantaggio aveva assunto dimensioni e proporzioni assai preoccupanti e questo fenomeno prosperò a causa della pesante pressione fiscale dello Stato unitario e per la coscrizione obbligatoria della leva. Questa nuova situazione si scaricò sulla debole economia del Sud particolarmente sottosviluppata che non riusciva a sostenere la nuova politica economica del Regno d’Italia. In particolar modo furono svuotate le casse del Regno delle Due Sicilie e lo sviluppo manifatturiero che era cresciuto a Napoli venne reso sterile e meno espansivo da un regime liberistico incontrollato e pervasivo. Dopo vent’anni si cominciò a discutere di una questione meridionale e sulla necessità di ridurre le gravi differenze sociali ed economiche delle aree del Paese. In modo particolare lo studioso Giustino Fortunato affermò che se il Sud non si fosse unito al Nord sarebbe scivolata in condizione di insuperabile povertà e miseria.

Giustino Fortunato
Bisogna anche dire che nella vita unitaria vi furono anche aree che erano cresciute in certe parti del territorio del Mezzogiorno e un aumento della commercializzazione dei prodotti agrari ed era aumentata anche l’urbanizzazione della città più grandi. In questi anni venne potenziata la rete ferroviaria di collegamento con il Nord e migliorò anche l’istruzione. Ci furono contrasti verso la fine del secolo con la Francia con effetti che condussero a una vera e propria guerra economica con i cugini d’oltralpe che era la maggiore cliente dei prodotti agrari del Sud e a seguito di questi conflitti l’economia meridionale subì una crisi grave. Il Sud viveva di agricoltura e queste condizione difficili produssero le prime grandi migrazioni . Sempre verso la fine del secolo Francesco Saverio Nitti fece una riflessione affermando che lo sviluppo settentrionale e il sottosviluppo meridionale sarebbero dipesi in grande misura dal forte spostamento dei capitali meridionali tramite il fisco e il credito verso le casse centrali e da un tendenza della politica doganale, prima liberistica e poi protezionistica nei settori di maggiore crescita qual’erano la siderurgia,zucchero.

Francesco Saverio Nitti
Nitti si fece carico di una proposta in cui lo Stato doveva intervenire per avviare una vera industrializzazione del Mezzogiorno utilizzando l’energia idroelettrica di cui l’Italia poteva essere ottima produttrice. Si sviluppò una corrente favorevole al libero scambio e antiprotezionistico mentre il socialismo italiano si dedicò poco a questi temi . Soltanto Gaetano Salvemini si distinse con una posizione assai originale che valutava la borghesia agraria la classe sociale che arricchiva con le tasse del dazio sul grano indicando la prospettiva prospettando un patto tra i contadini del Sud e gli operai del Nord e poi sul piano istituzionale propose il suffragio universale come fattori fondamentali per cambiare gli assetti sociali. Nei quindi anni in cui governò Giovanni Giolitti in buona sostanza si sviluppò l’economia nella regioni del Sud e si mise in oto l’applicazione dei primi provvedimenti legislativi per il Mezzogiorno.

Gaetano Salvemini