La questione meridionale come ostacolo alla coesione nazionale

Il fenomeno rappresentato dalla “questione meridionale”, sul quale si innesta la costruzione del divario territoriale nord-sud, nasce da tempi più risalenti attraverso la compresenza di un coacervo di cause, tra di loro ampiamente eterogenee, che, persistono con fattezze di ordine economico-sociale più o meno invariate a tutt’oggi.
Sulla base di tali premesse, quindi, si inserisce l’anormalità permanente di legislatori, i quali ignorano le condizioni reali dei paesi per i quali emanano le leggi; ignoranza comune, dai contorni così generali, che quasi non è più nemmanco percepita. Essa rappresenta una sorta di morbo ereditario ed endemico; anche i pubblicisti autorevoli prescindendo dalle singole e specifiche appartenenze affermano, con decisa convinzione, di cose e paesi e di genti mai vedute, basando ogni tipo di valutazione superficiale sul semplice dato universale di qualche mezza dozzina di frasi fatti, o di luoghi comuni, accettati, come indiscutibile presupposto di ogni nostro discorso.
Eppure nessun popolo più dell’italiano ha bisogno di imparare a conoscere sé stesso e di raccogliere sovra le condizioni di casa sua le indagini degli studiosi e le sollecitudini dei suoi governanti. Indagare e conoscere noi stessi, nelle condizioni etniche ed economiche regionali, nelle condizioni della proprietà e dei contratti agrari, nei rapporti dei lavoratori coi proprietari, nelle eredità storiche e nelle fatalità psicologiche, significa porre necessario riferimento a circostanze talora capaci di pesare più di ogni legge sulle popolazioni della nostra Patria.
Con profonda ragione Carlo Cattaneo esclamava: “i popoli non si amano, perché non si conoscono, farli meglio conoscere è farli meglio amare!”. Tuttavia, mal riesce a conoscere chi si appaga di apprendere sulla scorta di opinioni soggettive strettamente basate su cifre statistiche indicative, ma non risolutive per conseguire l’effettiva conoscibilità dei fenomeni specie quando complessi e frammentati.

Carlo Cattaneo
All’interno dei numeri allineati in rigidi paradigmi schematici, sfugge la psiche. Ossia, serve recarsi in mezzo alle popolazioni e vivere un poco della loro vita, delle loro angustie, delle loro illusioni, dei loro stessi errori. V’è un clima storico e morale, come v’è un clima geografico, a comprendere il quale non basta consultare i gradi del termometro o del barometro, perché a formarlo concorrono mille altri fattori variabili e inafferrabili.
Ciò che reca una fisionomia differente alle città del sud è la diversa proporzione e la diversità dei rapporti fra gli elementi sociali; infatti, si tratta di una storia composta da dispotismi importati che, spinse gli storici del cinquecento, ad utilizzare la parola “reame” per sottolineare la situazione di arretratezza del Mezzogiorno d’Italia; poi, nel tempo, mutarono nomi e parvenze, non il fondo delle cose, giacché un’impronta feudale – volendo esprimere un termine forte e provocatorio – rimane ancora oggidì.