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Maternità surrogata. Le ragioni ostative della destra non sono uguali a quelle della sinistra

In Italia la gravidanza per altri, Gpa, surrogazione di maternità, è vietata dall’art. 12 comma 6   della legge n. 40 del 2004, legge sulla procreazione assistita. Nello stesso anno dell’approvazione della legge, a fronte di alcune restrizioni che la legge comportava,  i Radicali, l’Associazione Luca Coscioni, una parte della partito della Margherita, i Democratici di Sinistra ,i  Socialisti e democratici  italiani, il Partito di  Rifondazione  Comunista costituirono un comitato che promosse la proposta referendaria  sia con un quesito di abrogazione totale   della legge  e  sia di  quattro  quesiti di abrogazione parziale della legge.  La Corte Costituzionale dichiarò ammissibili solo i quattro quesiti. Ricordo la campagna referendaria del 2005, molto ovattata, poco seguita dalle cittadine e dai cittadini. Per molte della mia generazione fu inevitabile il confronto con il clima referendario del 1981   a difesa della legge 194 del 1978, la legge sull’aborto, quando fu netta la partecipazione e la scelta della cittadinanza nel mantenere la legge. Nel 2005 le restrizioni normative alla procreazione assistita erano considerate un vissuto di una minoranza di cittadine e cittadini. La stessa impossibilità a procreare non era percepita un comune  problema delle donne e delle coppie. Da tempo, inoltre, per le nuove generazioni femminili la procreazione non era prioritaria e già la maternità era rinviata, perché in Italia inconciliabile con il lavoro. L’insufficiente partecipazione al referendum impedì il raggiungimento del previsto quorum e la legge restò restrittiva. La norma permetteva di intervenire solo in caso sterilità ed infertilità e con inseminazione omologa. Limitava, inoltre, il numero degli embrioni da impiantare e   la revocabilità del proprio consenso fino al momento alla fecondazione dell’ovulo. Nel tempo delle pronunce della Corte Costituzionale hanno dichiarato illegittimo qualche punto della legge, quello sulla omologa per esempio.   A tutt’oggi rimane invariato, invece, il divieto della maternità surrogata.  Inoltre l’articolo 5 della stessa legge prevede la procreazione assistita solo per le coppie eterosessuali coniugate o conviventi. La furiosa battaglia della destra fa apparire una propria novità assoluta il riconoscere la coppia eterosessuale come unica forma  naturale, invece la Chiesa lo fa da millenni, e la  legge n. 40 è  anche   conseguenza di questa cultura. La stessa battaglia della destra crea confusione sul dibattito in corso nell’area politica progressista, in quanto una parte, per ragioni più profonde come per esempio la mercificazione del corpo delle donne, non è d’accordo sulla gestazione per altri.  Le ragioni ostative, sulla gestazione per altri, da parte della destra non sono uguali a quelle della sinistra. La destra al governo, semplicemente, non ha nel suo orizzonte politico e culturale una coppia omo e lesbica, figuriamoci con figlie i figli.   Chi non ricorda quel bellissimo film Una giornata particolare che al pari di un saggio storico ci ragguaglia sugli esili degli omosessuali durante il fascismo. Questo orizzonte, invece, è presente nell’area liberale e progressista, di cui una parte   ritiene, però, che non è possibile diventare genitore tramite il corpo di una donna esterna alla coppia. Dagli anni settanta per la prima volta sembrerebbe che manchi all’interno dell’area progressista una convergenza sul piano dei diritti civili. Ma non è così. I dilemmi che sono stati posti soprattutto da molte femministe eterosessuali, lesbiche e da molti uomini sono: a) la salute della donna b) l’uso economico, culturale e sociale del corpo delle donne, b) il significato della maternità, c) se esiste un diritto alla genitorialità e se questa può essere confusa con il materno, d) la genitorialità a pagamento solo per coppie facoltose.

 Il primo punto non tiene conto della salute della donna, se fare figli è un fatto naturale, però non è come bere un bicchiere d’acqua. Il secondo punto è l’antica vicenda dell‘uso del corpo delle donne, considerata una macchina riproduttiva priva di emozioni, sentimenti e relazioni.   Il terzo punto è l’esperienza della stessa maternità, che negli ultimi quarant’anni è stata dalle femministe considerata non un destino imposto, ma come una consapevole esperienza di autorità, in cui hanno corso sentimenti capaci di costruire mondo, coesione , non sul presupposto del potere da esercitare su altri o da subire o comunque da controllare : di quei sentimenti il legame materno dà esempi e mostra pratiche che ne fanno risorse a disposizioni di tutti .

Sul quarto punto ci si interroga se la genitorialità è un diritto, alcune femministe giuriste, infatti, criticano la retorica antidiscriminatoria secondo la quale si invoca il diritto alla paternità omosessuale, rendendola interscambiabile con il materno. La genitorialità, su cui insistono gli omossessuali, secondo la giurista femminista Silvia Niccolai, è un aspetto del fare – accudire, crescere e nutrire-  che neutralizza la differenza sessuale, cioè i corpi.  Quel fare, quel fatto sociale della genitorialità consente di mettere in secondo piano, scrive ancora   Silvia Niccolai, la differenza che intercorre tra le donne che possono partorire e gli uomini che non possono farlo. Il materno, infatti, è un fatto che precede l’ambito normativo e sociale perché ha in sé una potenzialità di trasformare l’esistenza. L’ultimo punto le coppie che ricorrono alla gravidanza per altri sono facoltose e spesso di alta istruzione, non altrettanto si può dire per le donne che accettano di mettere a disposizione il loro corpo per una gestazione per altri attraverso la procreazione assistita. Una gravidanza il cui la /il nascitura/o per contratto appartiene ad altre persone.   Da secoli la società è rassegnata alla prostituzione femminile come un fatto quasi naturale, dietro cui c’è malaffare e violenza. La stessa società occidentale fruisce del mercato delle minorenni in paesi esotici e lontani. Oggi sono le algide multinazionali della sanità , facendo leva sui desideri, a farci sembrare naturale anche la gravidanza contrattuale che esige un do ut des economico  per un prestito del corpo femminile. Non è, infine, nemmeno convincente la gravidanza solidale, cioè senza ritorno economico per le donne, prevista in alcune nazioni come il Canada.    Nel frattempo, inoltre, si coglie   nelle coppie omosessuali il desiderio di un figlio di sangue, dotato del DNA di uno dei due della coppia. Da tutti questi dubbi a negare una famiglia omosessuale con figli ce ne corre. L’adozione potrebbe costituire il naturale percorso per una coppia omo. In tutti questi anni le associazioni degli omossessuali e   la sinistra per diverse ragioni, rispettivamente le prime intente ad affermare il diritto all’esistenza delle diverse soggettività identitarie e la seconda per opportunità politica, non hanno   affrontato di petto il problema di rendere moderne e meno tortuose il procedimento di adozioni. Se non ora quando?

Infine a chi afferma che il dibattitto sui diritti non è prioritario e pari a quello che mira alla ripresa economica e alla uguale redistribuzione del reddito, ricordo i paesi autoritari dove è cresciuta negli ultimi trent’anni la ricchezza ma non i diritti.  La nostra storia ha radici nella   Francia rivoluzionaria le cui parole d’ordine erano tutte incentrate sui   diritti della ,  libertà della legalità e della  fraternità, su cui si erigevano anche gli interessi economici. La stessa Olympe de Gouge,  scrisse la sua straordinaria  Carta dei diritti delle donna  e della Cittadina, non dopo la  rivoluzione  ma mentre era in atto,  e forse per questo fu ghigliottinata.   

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Nunziatina Spatafora, nata a Giarre il 26 giugno del 1958, laureata in filosofia e Scienze delle Amministrazioni presso l'Università di Catania, lavora presso la Città Metropolitana di Catania di cui è presidente del Comitato Unico di Garanzia. Negli anni settanta, ottanta e novanta del secolo scorso, è stata fondatrice ed animatrice di associazioni femministe per i diritti delle donne e per l'esplicitarsi della cultura delle e sulle donne. I documenti di questa attività si trovano presso il suo archivio personale oppure presso il blog http://nunziatinaspatafora.blogspot.com È stata dirigente del Pci, Pds,Ds impegnata sui temi sociali ed di sviluppo locale. Dagli anni ottanta collaboratrice di giornali locali, per dieci anni iscritta all’albo dei pubblicisti e giornalisti, nel 2000 ha pubblicato un testo su Sciascia: le donne, la mafia presso la casa editrice di Catania CUECM. Ha tenuto diversi incontri nelle scuole del territorio sulla parità di genere.

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