Sessant’anni fa la strage mafiosa di Ciaculli

Nella mattinata di sessant’anni fa giunse una telefonata anonima alla Stazione dei Carabinieri Roccella( una borgata a este di Palermo )in cui si disse che c’era un’Alfa Romeo Giulietta posteggiata in modo sospetto lungo una strada statale nei pressi della borgata Ciaculli. C’era grande tensione tra le forze dell’ordine in quanto nella notte a Villabate, era esplosa una macchina davanti alla rimessa del boss Giovanni Di Peri, provocando due morti. Si recarono sul posto una pattuglia dei Carabinieri insieme ad un sottufficiale di Polizia in forza alla Squadra Mobile della Questura di Palermo. L’auto si trovava in una trazzera presso il fondo Sirena di proprietà del boss mafioso Giovanni Prestifilippo ed era abbandonata con le portiere aperte e le gomme bucate. Si sospettò immediatamente che vi fosse l’ennesima autobomba e venne chiamata una squadra di artificieri. Si ispezionò l’auto e nel sedile posteriore fu rinvenuta una bombola a gas agganciata ad una miccia semi bruciata. Così vennero chiamati gli artificieri, che disinnescarono l’ordigno. A quel punto si pensò che l’allarme fosse cessato. Mentre si continuava la perquisizione, qualcuno aprì il portabagagli dell’auto e subito avvenne un’esplosione terribile dovuta ad una carica di tritolo. Morirono in modo atroce sette uomini dello Stato: quattro carabinieri, due soldati e un poliziotto. Occorre ricordare i nomi delle povere vittime del dovere e di chi perse la vita nell’esplosione: Mario Malausa, Silvio Corrao, Calogero Vaccaro, Eugenio Altomare, Mario Fardelli, Pasquale Nuccio, Giorgio Ciacci.

Fu uno degli attentati mafiosi più gravi e feroci , forse anche il meno conosciuto nella storia orrenda e sanguinosa di Cosa Nostra. Questo attentato diede fine alla prima guerra di mafia del dopoguerra che si svolse in quelle settimane in Sicilia che portò numerosi morti nei vari clan mafiosi rivali. Vi furono solenni funerali di Stato nella cattedrale di Palermo a cui partecipò anche il Ministro dell’Interno Mariano Rumor e il Capo della Polizia Angelo Vicari. Dopo la strage, sull’onda dell’emozione e dello sdegno lo Stato italiano iniziò una stagione di repressione nei confronti Cosa Nostra.

Silvestro Silvio Corrao
Il 2 Luglio Villabate e Ciaculli vennero circondate dalla Polizia che arrestò quaranta persone sospette con il sequestro di un ingente quantitativo di armi. I rastrellamenti continuarono nei giorni seguenti e sembrava di rivivere i tempi del “prefetto di ferro” Cesare Mori. Gli arresti furono arrestate circa duemila persone sospette di legami mafiosi e finirono in manette boss di primo piano quali Paolino Bontate, Michele Cavataio, Pietro Torretta e Luciano Liggio. Ci furono 600 diffidati e 300 proposte per il soggiorno obbligato. Si sollecitò anche l’Interpol per ricercare i latitanti mafiosi all’estero. Cominciò ad operare la prima Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno della Mafia in Sicilia che venne presieduta dal senatore democristiano Donato Pafundi. I due collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta e Antonino Calderone hanno riferito che in seguito a questa repressione, la Commissione che dirigeva Cosa Nostra venne sciolta e numerose cosche decisero di sospendere le proprie attività illecite. Le indagini dell’epoca si svolsero con ostacoli e difficoltà, tuttavia si ipotizzò che questo attentato fosse stato preparato dai bosso mafiosi Pietro Torretta, Michele Cavataio , Tommaso Buscetta e Gerlando Alberti per colpire il boss rivale Salvatore Greco e Giovanni Prestifilippo, però si dovette abbandonare l’auto imbottita di esplosivo in quanto si erano bucati i pneumatici . Si ipotizzò anche che l’attentato fosse diretto per uccidere il tenente Mario Malausa valoroso investigatore causa che faceva indagini sui rapporti tra mafia e politica.

Il tenente Mario Malausa
Per l’autobomba ci furono i rinvii a giudizio ma non si è mai arrivati ad una condanna per questo attentato. La stagione di lotta alla mafia però non durò a lungo e lo Stato affievolì quasi totalmente l’impegno antimafia preferendo una tacita convivenza. I boss rialzeranno ben presto la testa e nonostante le indagini e i processi nessuno degli indagati fu condannato per strage di Ciaculli.
Tommaso Buscetta nel 1984 divenne collaboratore di giustizia e dichiarò a Falcone di non avere commesso il fatto e che l’unico responsabile della strage di Ciaculli era Michele Cavataio a suo tempo eliminato in una guerra di mafia.
In tempi più recenti ci sono state altre stragi di origine mafiosa (Rapido 904, di Capaci, di Via D’Amelio, di via Fauro, di via dei Georgofili o di via Palestro)e l’impressione se non la certezza è il fatto che insieme ai boss abbiano concorso altre entità e altri interessi.
Si rimane indignati e sconcertati che anche per questa strage tremenda che rappresenta un capitolo buio, amaro e triste non si sono mai individuati i colpevoli e il movente.

La stele ricordo sul luogo della strage