L’eresia di Don Lorenzo Milani combattuta dallo Stato e dalla Chiesa

Don Lorenzo Milani proveniva da una famiglia agiata e borghese di Firenze e la madre era di origine israelita. Visse a Firenze sino al conseguimento della maturità, dopo si trasferì a Milano e nella metropoli lombarda Lorenzo ebbe modo di dedicarsi anche alla pittura iscrivendosi all’Accademia di Brera. Prima della fine della guerra ritornò con la famiglia a Firenze. Si pensa che il suo intenso interesse per la pittura sacra abbia intensamente alimentato la sua passione ardente ad approfondire la conoscenza e lo studio del Vangelo.
L’incontro che segnò la sua esistenza fu quello con don Raffaello Bensi, autorevole e carismatico sacerdote fiorentino che divenne il suo maestro spirituale influenzandolo profondamente nei suoi studi e nella sua formazione culturale. Nel 1943 entrò in Seminario Maggiore di Firenze e il 13 luglio 1947 fu ordinato prete. Venne mandato a Montespertoli ad aiutare per un breve periodo il proposto don Bonanni e nell’ottobre del 1947 venne nominato cappellano a San Donato di Calenzano (FI).
Proprio a San Donato fondò una scuola popolare serale per i giovani operai e contadini della sua parrocchia.Nel dicembre del 1954 Don Lorenzo fu nominato priore di Barbiana, una piccola parrocchia di montagna. Iniziò così il suo straordinario percorso di educatore istituendo una scuola popolare con i giovani della nuova parrocchia che somigliava moltissimo a quella di San Donato. Il suo impegno in favore dei ragazzi crebbe in modo considerevole e il pomeriggio riuscì anche a fare doposcuola in canonica ai bambini della scuola elementare statale.

Mentre nel 1956 rinunciò alla scuola serale per i giovani del popolo e organizzò per i primi sei ragazzi che avevano finito elementari una scuola di avviamento industriale. Fece una prima pubblicazione nel 1958 riportando le esperienze pasto iniziato otto anni prima a San Donato. Ma in seguito a questo scritto iniziarono i problemi con le autorità ecclesiastiche. Il libro fu ritirato dal commercio per disposizione del Sant’Uffizio, perchè ritenuta “inopportuna” la lettura. Già nel dicembre del 1960 fu colpito dai primi sintomi del male (linfogranuloma) che sette anni dopo lo condussero alla morte.
Don Milani era pervaso dalla “dottrina sociale” della Chiesa ed intendeva applicare questi precetti morali nella scuola e nell’ambiente in cui viveva. Non aveva fatto i conti con il potere che non da mai spazio agli innovatori.
Nel febbraio del 1965 scrisse anche una lettera aperta ad un gruppo di cappellani militari toscani, in cui manifestava il suo punto di vista a favore dell’obiezione di coscienza che, invece, veniva definita dai prelati “estranea al Comandamento cristiano dell’amore e espressione di viltà”. La lettera fu incriminata e don Lorenzo venne rinviato a giudizio per apologia di reato. Non poté essere presente al processo a causa della sua grave malattia e inviò allora ai giudici un’autodifesa scritta processo in prima istanza si concluse con l’assoluzione, ma su ricorso del pubblico ministero, la Corte d’appello, quando Lorenzo era già morto modificò la sentenza di primo grado condannando lo scritto.
Da ricordare anche che nel luglio del 1966 insieme ai ragazzi della scuola di Barbiana iniziò la stesura di Lettera a una professoressa che resta la testimonianza più alta e significativa del suo pensiero. Don Lorenzo morì poco dopo questo ultimo testamento spirituale 1967 a soli 44 anni.

Don Milani, é stato un prete celebre in tutto il mondo, per aver impresso una ventata d’aria fresca nella pedagogia anchilosata e conformista. Sono passati 100 anni dalla nascita e il suo pensiero espresso nella lettera alla professoressa rimane una grande testimonianza e una denuncia del clima di discriminazione tra ricchi e poveri nella scuola dell’obbligo. In particolare prende spunto dalla bocciatura di alcuni ragazzi di povera gente nella scuola di Barbiana e Don Milani usa un linguaggio provocatorio indicando con chiarezza i mali atavici di una struttura scolastica che premiava le classe sociali più ricche a discapito dei poveri.
Un manifesto denuncia di un prete eretico che con la metafora scolastica mette in evidenza un sistema repressivo e selettivo de classi dominanti nell’intera società.
Oggi viene celebrato e ricordato in pompa magna come un grande uomo, tuttavia all’epoca la Chiesa e lo Stato furono uniti contro questo prete scomodo con una carica di dogmatismo settario per la difesa dello status quo che, invece, Don Lorenzo coraggiosamente denunciò con la sua scuola sempre in difesa dei poveri.