Pensieri sparsi su neoliberismo e capitalismo

Ormai il liberismo e il libero mercato sono modelli economici che si sono assolutamente stabilizzati nella stragrande maggioranza dei paesi e rappresentano “l’ideologia” dominante che fa da sfondo alle democrazia, alle autocrazie o alle dittature. Mentre di converso il rifiuto del socialismo, ideologia economica prima ancora che politica, sembra definitivamente accantonata o archiviata. Eppure le disuguaglianze di reddito e di condizione sociale si sono allargate a causa della mancanza di regole in questo sviluppo capitalistico e sono cresciute a dismisura sulla base anche dei report che ci provengono dagli osservatori indipendenti. Ogni grande paese compresa la Cina o l’India hanno scelto , pur con le dovute differenziazioni culturali e antropologiche, la strada della crescita economica “incontrollata” ,il neoliberismo come priorità accantonando o non perseguendo le politiche del welfare.
Almeno dalla metà degli anni ottanta gli squilibri sociali sono aumentati in ogni parte del mondo e ,quindi, si sono registrati con il passare del tempo forme di resistenza al neoliberismo con l’affiorare nel corpo sociale di “ movimenti anti-globalizzazione” anche se alla fine sono formazioni autonome e spontanee delibi e minoritarie, affette da una mancanza di progettualità, degne solo di registrare e segnalare un forte disagio che è esploso in particolare nella crisi apertasi tra il 2007-08. Si sono invece indebolite anzi hanno abbracciato anch’esse il neoliberismo persino le formazioni di stampo social-democratico che dovevano “tosare la pecora del capitalismo”.
Oggi chi predica e pratica l’anticapitalismo delinea solo le carenze, le criticità di un sistema sociale e denuncia gli insuccessi economici, concentrandosi su quello che non funziona e paradossalmente evidenzia solo il fatto che il capitalismo non è riuscito ad espandersi oltre i soliti paesi del G8 o G20, non includendo o marginalizzando i paesi poveri. Pensiamo all’Africa che non riesce a decollare per l’assenza assoluta di risorse primarie e di una mentalità in grado di comprendere i “benefici” di un sviluppo capitalistico e oggi in gran parte colonizzata economicamente dal gigante cinese e dagli potenti Stati dell’occidente. Il capitalismo moderno cammina lentamente a volte malfermo altre volte violento e si ferma però davanti alle paurose povertà dei paesi sottosviluppati.
I modelli del capitalismo mondiale sin dal secolo scorso sono rimasti immuni da mutamenti sociali o rivoluzioni anzi hanno rafforzato la struttura dello Stato-nazione ,hanno determinato una prevalente cultura dominante liberale e liberista fondata sul profitto e sul consumismo. D’altronde bisogna anche dire che senza uno stato forte e potente non ci poteva essere sviluppo industriale e capitalista. Quindi lo Stato non è mai apparso leggero anzi ha realizzato un rafforzamento burocratico e di apparato considerevole , non lasciando solo agli imprenditori il compito di costruire un modello di sviluppo capitalistico. Laddove il rischio imprenditoriale diveniva pesante per le industrie lo Stato è intervenuto nelle forme di erogazioni finanziarie , garanzie reali, sgravi fiscali degli oneri sociali e copertura finanziaria tramite interventi diretti o mediante le banche centrali. E quindi i capitalisti sono stati sempre protetti, sostenuti e coccolati nei momenti di crisi acute favorendo in tal modo un accumulazione di ricchezza in poche mani e persino la nascita di un neocapitalismo moderno e maturo.
Però oggi molti capitalisti vogliono oggi liberarsi dall’abbraccio dello Stato e ritornare allo Stato minimo del vecchio mondo.