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“Nato in Istria durante la guerra” di Rocco Agnone

Pubblico questo racconto ricevuto dall’amico Rocco Agnone in cui narra le vicende della sua famiglia dopo l’8 settembre 1943

Non si può scegliere dove e quando nascere. A me è capitato di essere gettato nella vita in un luogo particolare e in un momento storico segnato da eventi tragici. Infatti, sono nato nel maggio del 1942 a Buje d’Istria, paese in cui mio padre era residente in quanto vi prestava servizio quale carabiniere. Dei miei primi anni di vita, trascorsi durante l’infuriare della Seconda guerra mondiale, non serbo precisi ricordi. Alcune notizie mi sono state fornite dai miei genitori e, soprattutto da una mia zia, sorella di mia madre, allora molto giovane e convivente con noi. Però, accanto ai ricordi dai contorni precisi, probabilmente esiste una memoria profonda di stati emotivi. Memoria che può generare, poi, particolari modalità della propria interiorità. Presumibilmente la tendenza di cui sono in possesso, a valutare l’eventuale presentarsi di momenti difficili, anche imprevedibili, e di trovare sempre la capacità reattiva per affrontare le difficoltà nel segno della speranza, può essere derivata da tale memoria. Così come anche la continua ricerca del senso della vita considerata un bene prezioso. Mi raccontava mia zia che, quando si cominciava a sentire il rombare di aerei, subito le chiedevo, se mi trovavo all’aperto, di andarci a rifugiare dentro perché impaurito. Inoltre, da Buje, non molto tempo dopo la mia nascita, siamo scappati verso l’Italia attraversando il Friuli e il Veneto per arrivare nel Trentino.

Mio padre, forse perché come carabiniere non volle arruolarsi come militare della repubblica di Salò, venne caricato su un camion per essere deportato in Germania in un campo di concentramento.

Durante il viaggio si gettò dal camion e fuggì. Gli spararono e lo colpirono ad una caviglia. Riuscì, alla fine, non so precisamente come, a non essere deportato. Durante questa peregrinazione di un nucleo familiare con l’enorme carico della necessità di proteggere anche una vita al suo albore, sono da ricordare alcuni eventi che mettono in evidenza come in quei frangenti possa emergere una grande solidarietà umana. Infatti, per un certo tempo, fummo ospitati a Malo, cittadina del vicentino, in una villa di una coppia (un fratello e una sorella) appartenente alla piccola nobiltà del luogo. Lui era un capitano degli alpini, che conosceva molto bene quei vicini teatri di guerra e aveva un bellissimo cane pastore tedesco con cui feci amicizia (conservo una foto che mi ritrae mentre gli tengo la zampa). Negli anni ‘60, mentre ero in servizio militare a Treviso, andai a trovare i due benefattori e lui, quando partii si commosse tanto, fin quasi a piangere) per l’affetto che aveva ritrovato nei miei confronti. Durante quella fuga, poi, sempre secondo il racconto di mia zia, mentre ci trovavamo in un paesino si sparse la voce che stavano per arrivare i tedeschi. Un contadino del posto ci caricò sul suo carretto e durante la notte ci allontanammo da quel paese. Infine, più o meno in coincidenza col finire della guerra, arrivammo in trentino nel paese di Caldonazzo, dove è ubicato un bel lago. In questo posto i partigiani locali fecero lavorare mio padre nella fabbrica del paese (di questa permanenza mi è rimasto il ricordo della sirena che suonava la fine della giornata lavorativa nella fabbrica: suono che attendevo perché la sirena annunciava il ritorno a casa di mio padre). A proposito di partigiani, debbo aggiungere che mia madre mi raccontò che lei, probabilmente salvando così delle vite, aveva dato in quel periodo notizie fuorvianti a militanti fascisti che le chiedevano notizie di giovani partigiani. Dopo un faticoso viaggio in treno siamo tornati in Sicilia nel paese natale dei miei genitori, Scordia, dove si riprese a vivere nella normalità (mio padre, tra l’altro, venne riassunto nell’arma dei carabinieri) .

Rocco Agnone  

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Paolo Daniele è stato docente di Latino e Greco al Liceo “ Michele Amari” di Giarre. A questa scuola, dove ha studiato e insegnato per quasi tutta la sua carriera, ha dedicato parecchie delle sue ricerche, soprattutto profili di docenti e riflessioni intorno alla didattica delle lingue classiche, confluite negli annuari del liceo da lui curati. In quest’ambito è nato anche il suo interesse per il poeta Santo Calì, che all’Amari ha insegnato negli anni Sessanta. A Calì ha dedicato studi sia sulla sua attività nella scuola(”Santo Calì, il professore”, un’antologia di scritti composta insieme al preside Girolamo Barletta) sia sui rapporti della sua poesia con la classicità(“Santo Calì e il mondo classico”, in Atti del Convegno Nazionale di Studi, Linguaglossa, 16-19 dicembre 1982).

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