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Intervista alla poetessa Bia Cusumano “Scrivere è sinonimo di vivere”

Possiamo annoverare Bia Cusumano tra quelle donne di cultura, audaci e intraprendenti capaci di portare  avanti progetti ambiziosi e in grado di animare la vita locale su temi di rilevante importanza per la nostra terra. Nasce a Castelvetrano nel 1978 e  dopo aver conseguito la maturità classica al Liceo Ginnasio “G. Pantaleo” di Castelvetrano, si laurea in Lettere Moderne all’Università di Palermo. La sua attività lavorativa la vede impegnata come docente di Lettere Italiane e Latine presso il Polo Liceale di Castelvetrano. Innanzitutto mostra immediatamente grande energia mentale e una vena letteraria e artistica pubblicando nel 2010 uno scritto poetico De Sideribus edito da Zedda Editore, una raccolta di esordio che la fa conoscere a Castelvetrano e nel territorio.

Si sposa e diventa madre, trascorre un periodo di stasi naturale per fare crescere la figlia Giulia e dopo dieci anni nel 2021 scrive “Come La Voce al Canto” edito da Il filo di Arianna, in cui mette insieme le poesie scritte in quei lunghi anni di apparente silenzio, ottenendo buoni apprezzamenti della critica letteraria della provincia di Trapani. Inizia una collaborazione con il filosofo Fabio Gabrielli, brillante figura di pensatore, intellettuale e docente universitario presso la Lum di Milano, da cui nasce una pubblicazione sull’olocausto “Sulla Foglia del filo spinato- storia di una bambina trasparente e di un bambino con un nome ” edito da Libridine editore. Nel 2023 è fondatrice dell’Associazione Culturale PalmosaKore A.P.S. di cui diventa Presidente divenendo direttore culturale del Palmosafest, Festival d’Arte e di Letteratura della città di Castelvetrano, da lei ideato. E’ anche socia di Casa Sciascia di Racalmuto, presso la cui Stanza dello Scirocco ha presentato la sua seconda silloge di versi, cominciando così a tessere la tela di una rete culturale tra territori diversi. Porta avanti varie collaborazioni giornalistiche tra cui quella con la rivista per Loftcultura.it attraverso la rubrica letteraria “RossoBia” che viene ideata nel gennaio del 2022 insieme alla giornalista Jana Cardinale, in cui si esprime tramite una prosa poetica con racconti tesi ad esplorare e approfondire il mondo dei sentimenti e delle emozioni dell’animo umano. Le sue collaborazioni sono diverse e continuano con il giornale “Il Corriere di Sciacca”, per cui scrive sulla rubrica letteraria “Il Vizio delle Parole”. Inizia anche a collaborare con il quotidiano “La Sicilia” di Catania e con “MalgradoTuttoweb” di Egidio Terrana e Salvatore Picone. Attualmente scrive anche per Primapaginacastelvetrano.it, nella rubrica “Faro di Posizione”. Mostra di possedere doti di animatrice nell’organizzare eventi e manifestazioni culturali e letterarie, non tralasciando mai anzi intensificando la sua produzione poetica e letteraria. Proprio nel ruolo di direttore culturale del Palmosafest, festival d’Arte e di Letteratura della città di Castelvetrano comincia a mettere in cantiere iniziative sulla legalità e sull’antimafia.

E’ prossima la pubblicazione di un libro di racconti “Trame tradite” e un’altra silloge poetica. Adesso le è stato conferito il Premio “Prima Donna Siciliana 2023”, riconoscimento prestigioso nato da una idea dell’Associazione artistico culturale “Comunicazione globale” di Catania, diretta da Antonio Omero. Questo premio è inserito nell’ambito degli eventi del PalmosaFest e sarà consegnato nei prossimi giorni, il 20 maggio a Castelvetrano presso la chiesa di San Domenico. Nella stessa giornata sarà presentato il libro di Francesca Incandela “Donne di mafia, donne contro la mafia”.  La motivazione del riconoscimento ideato nel 2015 rappresenta la sintesi perfetta del modo di essere e del ruolo socio culturale di Bia Cusumano e vale la pena di riportare qui le parole espresse per cui viene premiata: “Per il suo impegno come promotrice culturale nel costruire la bellezza in Sicilia e per la sua raffinatezza nella scrittura”.

Ho voluto conoscere meglio questa donna emergente del panorama sociale e culturale siciliano ponendole alcune domande.

Quando nasce questa ispirazione poetica?

Da sempre, mi ricordo che fin dalla mia infanzia avevo sempre con me carta e penna e ovunque mi ritrovavo a scrivere versi: in macchina, in autobus, sugli scontrini finanche se non avevo con me fogli, a scuola durante ricreazione. Poi diventando una donna iniziai a scrivere su quaderni e taccuini, successivamente al pc. Scrivere per me è sinonimo di vivere e non immagino la mia vita senza la forza creativa e suggestiva della parola. Le parole per me sono state sempre madri, sorelle, compagne, amori, scudi, coperte, sigilli di appartenenza. 

A quali poeti si richiama  ?

Sicuramente il battesimo di fuoco l’ho ricevuto da Alda Merini che ha segnato profondamente la mia formazione poetica, non a caso mi sono laureata con una tesi “sperimentale” sulla Follia Sacra di Alda Merini, incontrandola sui Navigli a Milano ed intervistandola. Poi ho un legame molto forte con Nazim Hikmet e i suoi versi, ma anche con la Szymborska, con Pedro Salinas, con Marina Cvetaeva. Ho anche un rapporto molto intimo con filosofi che hanno segnato la mia vita da Recalcati a Mancuso. In realtà, non credo ci siano scissioni nell’umano sentire, ovvero io vivo la poesia come la possibilità di riconciliazione delle parti. La possibilità che le arti tutte possano toccarsi, abbracciarsi, scivolare sinuosamente l’una dentro l’altra. Tra i poeti italiani amo molto Arminio, la Gualtieri, la Anedda, per riferirmi ai contemporanei. Poi Leopardi e Foscolo per fare un salto indietro. Ovviamente io mi sento principalmente una poetessa d’amore per cui è il forte sentire che mi appassiona e spinge a scrivere. Sento affini i poeti che hanno tentato di cantare l’amore nei suoi molteplici volti o i filosofi e gli scienziati che hanno avuto una prospettiva intensa e appassionata nei confronti della vita. Anche nella chimica vi è poesia e nella scienza tutta. Non mi piacciono le scissioni, sono a mio modo di vedere pericolose e patologiche. Bisogna mirare alle composizioni delle parti. In fondo la grande sfida della poesia oggi è essere in trincea e cercare di cucire gli strappi.

 Come si sposa la poesia che è intimità con l’impegno socio culturale che è estroversione?

Sono sempre stata una donna dinamica, estroversa, vulcanica, direi alla Merini, “una terra sismica”. Scrivo nel silenzio della villetta di mio padre, dove posso sentire il profumo dei limoni e il cinguettio degli uccelli, avendo il privilegio di trascorrere molto tempo nella sua villetta in campagna che è la casa dei miei avi, insomma le mie radici. Ma la Poesia o la scrittura sono momenti di grazia con l’Altrove, come dico io. Il poeta è una terra di mezzo tra questo mondo e un altrove misterioso. Il poeta è un visionario ma allo stesso tempo una sentinella vigile. Deve vegliare, custodire, avere il coraggio di scegliere da che parte stare. Per me la parola è impegno etico, civile, sociale, umano. Altresì sono sempre stata portata ad ascoltare il mondo dell’altro e a farmene carico, per cui presentare eventi culturali: poeti, scrittori, artisti, esprime l’altra parte di me, quella che dà voce agli altri, che sa fare spazio ed accogliere la bellezza suggestiva ed unica di cui ognuno di noi è portatore nel mondo. Per cui essere Presidente della Associazione Palmosa Kore che produce il PalmosaFest, Festival d’Arte e di Letteratura, mi permette di incontrare e dare voce a tantissimi artisti con cui entro in connessione empatica, cercando di raccontare la loro storia e il loro mondo interiore. In fondo è continuare ad essere una ricercatrice dell’animo umano sempre attraverso la parola.    

 C’è ancora un pregiudizio nella nostra terra sulle donne artiste?

Credo di sì, purtroppo. Siamo sempre figlie di una cultura terribilmente maschilista e patriarcale o che ha bisogno di legittimarsi tale per affermare la sua forza. In realtà, da sempre le donne hanno mosso le fila della storia, dal mito meraviglioso di Elena che ha scatenato la guerra di Troia, a Penelope saggia e fedele che per amore ha saputo attendere venti anni, con uno stratagemma geniale,  a donne che dietro le quinte hanno mosso la storia dell’impero di Roma, a donne che hanno compiuto gesta eroiche come Giovanna D’Arco, a donne scienziate come Marie Curie che ha vinto il primo Nobel, a donne scrittici, poetesse, a donne che si sono prese cura dei loro uomini reduci di guerre,  a donne che hanno lottato accanto ai loro uomini per avere riconosciuti i loro diritti, a donne che hanno custodito segreti indicibili per amore o per dovere. Insomma credo che nonostante le donne finite al rogo perché additate come pazze o streghe o quelle rinchiuse nei manicomi perché usando la loro testa non volevano compiacere il sistema o gli uomini, titolati a parlare in quanto esseri di sesso maschile, le donne hanno imparato a resistere e rinascere sempre. Per cui nessun rogo le ha messe a tacere, nessun Dio le ha incatenate all’immobilità. Nessun carnefice può esserne colpevole impunito. Essere donne artiste non può essere una colpa ma un merito, un plus che arricchisce la femminilità. Oggi abbiamo bisogno di donne che non si sostituiscano agli uomini ma pur restando profondamente donne, quindi eleganti, raffinate, belle, passionali, sappiano esprimere bellezza e dolcezza, tenerezza e cura. Il mondo ha bisogno di ascolto e cura. Le donne sono più inclini al maternage, forse proprio perché per natura concepite anche, e dico anche, non solo, per procreare e creare vita. Ma si può essere madri in molti modi, mettendo al mondo figli, prendendosi cura di quelli altrui o creando bellezza attraverso l’arte, appunto essendo donne artiste.

La Sicilia è insularità che rischia di non progredire. La cultura può agevolare il superamento della nostra marginalità socio economica ?

La Cultura è il volano. Per me rappresenta come il mito di Icaro la possibilità di alzarsi in volo e cercare di raggiungere mete e orizzonti lontani e mai inaccessibili. La Sicilia è una terra feroce e meravigliosa come la definisco io. Un meraviglioso ossimoro ma essere siciliani significa restare e resistere, ovvero non arrendersi. Fare cultura in Sicilia è più complesso e difficile che farlo a Roma o a Milano, ma questo non può e non deve essere un deterrente, anzi deve spronarci a dare di più, a fare di più, a non sentire mai di essere giunti. Qui bisogna faticare il doppio, il triplo, spesso mettersi contro un sistema atavico di indolenze e abulie, stereotipi e condanne. Il pregiudizio da vincere prima di tutto è: “Ma che vuole fare? dove vuole arrivare? Chi si crede di essere?” I Siciliani spesso fanno fatica ad accettare l’idea che non basta parlare ma bisogna agire, costruire, faticare, spendersi, donarsi, non risparmiarsi. E’ come se molti nascessero stanchi o rassegnati quasi ad un destino immutabile. Siamo siciliani per cui nulla cambierà mai. Per mia natura non sono arrendevole ma tenace per cui non accetto compromessi, vie comode e sconti. C’è da faticare, bene, ne sono consapevole. Ma la bellezza costa fatica e sudore. Non si arriva in vetta se non con le ginocchia sbucciate e logore. Bisogna che la Sicilia sfati il mito del “Tutto cambia perché nulla cambi”. Siamo noi il nostro destino.

 Dalla poesia alla prosa il passo è breve. Come avviene?

Credo sia stata una naturale evoluzione e allo stesso tempo una necessità d’anima. Ad un certo punto i versi non bastavano più, la parola si allungava ed era necessario più spazio. Da qui l’idea suggerita da una cara amica giornalista, Jana Cardinale, di far nascere una rubrica RossoBia sulla sua rivista culturale. I Racconti sono piaciuti e poi ad un certo punto l’idea è stata quella di raccoglierli in un testo che a breve vedrà la luce. Non sono scaramantica ma per discrezione non svelo ancora la casa editrice. Il testo è pronto e spero presto veda la luce, anche perché sto già lavorando alla mia prossima silloge poetica. La madre in fondo che mi ha partorito è e resta la Poesia. La poesia è come il primo amore, davvero non si scorda mai. Per cui presumo alternerò sempre la poesia alla prosa e non escludo che dai racconti io possa accingermi alla stesura di un romanzo. Ho un buon editor, il migliore che io potessi incontrare, Antonio Celano, a cui sono molto legata e che profondamente ringrazio perché ha sempre creduto in me e non mi ha mai lasciato sola, neanche nei momenti di umanissima fragilità.

 Lei insiste sul tema educativo della bellezza. Ecco ci può spiegare meglio cosa intende?

La Bellezza per me è Itaca. E’ la mia terra di appartenenza. Ho anche un tatuaggio al polso con la parola Itaca. Come per Ulisse, la bellezza per me è viaggio, meta, terra di approdo a cui tendere ma come Ulisse non sento mai di essere giunta al compimento del mio viaggio. Ecco perché dico sempre Costruire Bellezza. Perché nell’atto del costruire c’è l’atto di compiere che indica slancio, passione, fatica, impegno, sudore ma mai stasi. La bellezza è in divenire, è metamorfosi e crescita. E’ la bussola e il faro del mio percorso di vita come donna, docente, scrittrice, operatrice culturale. E’ una perifrastica attiva. E’ sigillo di appartenenza ma non è mai possesso acquisito.

 La legalità e l’antimafia sono le stelle polari del suo impegno. Cosa bisogna fare per rendere concreto l’impegno contro Cosa Nostra?

Io ho sempre scelto il lessico della verità. Odio le menzogne, gli inganni, le mistificazioni, i tradimenti. Per cui, questo sentire inevitabilmente mi ha sempre portato a scegliere di non stare nei limbi, nelle vie comode, nelle zone d’ombra. Sono sempre stata per: o dentro o fuori. O da una parte o dall’altra. In fondo non si possono servire due padroni come non si possono avere due amori nello stesso cuore. Il passo verso l’antimafia è stato inevitabile. Scegliere da che parte stare significa prendere posizione con coraggio anche a costo di essere scomodi e dare molto fastidio a chi ama invece compiacere per avere le scorciatoie o i favori di un sistema spesso colluso, troppo spesso capace di vendersi per ottenere ciò che desidera. Io non ho mai venduto i mei desideri, non ho mai abiurato al mio credo, ho sempre scelto da che parte stare con consapevolezza e responsabilità. Gli intellettuali non possono che essere Fari di posizione nel buio di tempi difficili, confusi, promiscui, incerti come quelli che stiamo vivendo. Ho esempi grandi da seguire come Peppino Impastato e Rita Atria, il giudice Falcone, Borsellino, Livatino, Francesca Morvillo e tanti altri siciliani che per i loro ideali e per il senso altissimo del dovere e delle Istituzioni, sono stati disposti a dare perfino la loro vita. Non posso tradire questa appartenenza. Mi sento sorella e figlia di questi uomini e donne. Dovremmo sentirci tutti figli e fratelli di uomini così.

 In che modo si può vivificare l’antimafia in Sicilia per non farla apparire una tematica puramente celebrativa ?

Con i gesti, con gli esempi. Le parole adesso non bastano più. Le manifestazioni, i cortei, gli eventi sono e saranno sempre importanti, per riflettere, comprendere, ascoltare, conoscere. Ma bisogna fare il passo in più. Che ognuno la mattina si alzi e faccia il proprio dovere. Ecco questa frase di Falcone accompagna i mei giorni e mi permette di superare stanchezza e amarezza. Vogliamo cambiare il mondo? Bene, basta semplicemente che ognuno faccia il proprio dovere e lo faccia bene.

Cosa può fare l’arte per migliorare la forma mentis dei siciliani e per farla fruire alla gente comune, al popolo?

L’arte è il linguaggio universale che può tutto. Così si giunge a toccare i cuori e le vite degli altri e a cambiarle. Abbiamo bisogno di bellezza, appunto declinata nelle sue molteplici forme: poesia, canto, musica, danza, pittura, scultura. Abbiamo bisogno di gentilezza e di elevarci da uno stato ferino e brutale che a volte purtroppo prende il sopravvento negli uomini. La bellezza salva. E’ argine, è mantello sacro, è rotta, destinazione e destino. Toglie i nostri ragazzi dalle strade, li allontana dalla delinquenza, li rende migliori. E se salviamo i nostri ragazzi e diamo loro un buon motivo per restare e costruire bellezza, la Sicilia può cambiare, la gente può tentare di credere che sia possibile farlo. Non dobbiamo arrenderci. Dobbiamo attuare quella che Giovanni Impastato definisce la disobbedienza civile. L’artista in fondo è un disobbediente, perché sovverte costruendo, non demolendo, sovverte proponendo nuove prospettive e nuovi modi di stare al mondo.

Cosa vuole fare da grande?

Voglio essere Bia Cusumano. Sono la donna che desideravo essere da bambina. Faccio la docente, la scrittrice, costruisco mondi. Sono Presidente di una Associazione Culturale e Direttore Culturale del Palmosafest. Presento tanti scrittori, scrivo molto e sono al servizio della mia città e della mia terra. Sono esattamente ciò che desideravo essere e amo profondamente ciò che faccio. Per cui mi auguro solo di potere scrivere ancora tutto ciò che la Musa mi detterà e di continuare a farlo con tutto l’amore di cui sono capace.

Felice Cavallaro, Bia Cusumano Giovanni Impastato

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Rosario Sorace, nasce a Giarre il 13 maggio 1958;nel 1972, a 14 anni, inizia un intenso impegno politico e sociale. A soli 25 anni diventa segretario regionale dei giovani socialisti in Sicilia e dopo due anni, nel 1985, viene eletto al Consiglio Comunale di Giarre. Successivamente, viene eletto al Consiglio Provinciale di Catania dove svolge la carica di Assessore allo Sviluppo Economico. Nel 1991 viene eletto Segretario della Federazione Provinciale del PSI di Catania. Nel contempo consegue la laurea in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Catania in cui oggi svolge il servizio in qualità di funzionario di Biblioteca del Dipartimento di Scienze Chimiche. È giornalista pubblicista. Collabora dal 2018 con i giornali on line IENE SICULE, SIKELIAN, IL CORRIERE DI SICILIA e AVANTI LIVE. È un grande di lettore di prosa e scrittore di poesie.

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