Gli 89 anni di Tuccio Musumeci: “La pensione di Eva” al teatro Brancati

È andato in scena in prima nazionale al teatro della Città ‘Vitaliano Brancati’ dal 13 al 23 aprile e, a grande richiesta, verrà replicato sabato 29 lo spettacolo:“La pensione Eva”tratto dal romanzo di Andrea Camilleri e prodotto dal Teatro della Città.
Adattamento e regia di Giuseppe Dipasquale, drammaturgo e regista ben noto al pubblico catanese anche per aver diretto numerosi teatri, tra cui lo stesso Stabile di Catania. Per la sua lunga collaborazione con Andrea Camilleri è stato scelto, nel tempo, dallo stesso scrittore per la riduzione teatrale di molti dei suoi racconti (Filippo Mancuso e Don Lollò, Il birraio di Preston, La concessione del telefono).
Accanto al grande Tuccio Musumeci (Cavaliere Lardera), che festeggia i suoi 89 anni, hanno recitato Debora Bernardi (Signora Flora/ tenutaria/ madre di Nenè), Daniele Bruno (Nené/Giugiù), Cosimo Coltraro (Don Jacolino/padre di Nené/Manzella), Claudio Musumeci (Jacolino/Angelo americano), Lucia Fossi, Anita Indigeno, Ramona Polizzi, Vittoria Scuderi (le Signorine), Vincenzo Volo (Ciccio/Partigiano/padre di Giugiù), Santo Fragala, Ugo Valle (i Clienti).
Le musiche sono di Matteo Musumeci, i movimenti coreografici di Giorgia Torrisi, i costumi di Dora Argento.
Le memorie della Pensione Eva, evidenzia Dipasquale, sembrano scritte sulla scia di Gabriel García Márquez che nella ‘Memoria delle sue puttane tristi’ riflette su come la vecchiaia e il degrado che porta con sé non possano contrastare l’amore.
Il protagonista, un giornalista novantenne (“l’anno dei miei novant’anni decisi di regalarmi una notte di amore folle con un’adolescente vergine”) scopre questo sentimento trovando “l’inizio di una nuova vita a un’età in cui la maggior parte dei mortali è già morta” nel postribolo, solo guardando senza mai toccarla, notte dopo notte, “senza le urgenze del desiderio o gli intralci del pudore” la giovinetta che si è voluta regalare.
Anche Camilleri, che amava lo scrittore sudamericano, sottolineava: “Quanto scritto intende essere semplicemente una vacanza narrativa che mi sono voluto pigliare nell’imminenza degli ottanta anni… il racconto non è autobiografico… È autentico il contesto. E la pensione Eva è veramente esistita…”.

La storia di Nenè e dei suoi amici Jacolino e Ciccio che in quella pensione festeggiavano la loro ‘iniziazione’ da adulti, è ambientata nella provincia siciliana degli Trenta/Quaranta, prima e durante la seconda guerra mondale.
Sotto gli occhi disillusi dell’anziano Cavaliere Calcedonio Lardera si avvicendano, al ritmo delle ‘quindicine’, le ‘signorine’ che animano il casino con i loro fantasmi, i racconti fantastici e le vicende politiche, per poi toccare con mano la cruda realtà della guerra, fra tragedia, avanspettacolo e varietà.
Quasi un romanzo di formazione questo lavoro che accompagna Nené e i suoi amici dai primi giochi infantili ‘del dottore’, all’iniziazione sessuale assistita dal padre, alle visite del lunedì alla pensione che fa «capire qualichi cosa di lu munnu».
Al centro di questo affresco si muove, con la sua consueta maestria, il grande Tuccio.
Il Cavalier Caldera è una presenza costante, un esilarante commento al testo.
Tra copione e improvvisazione il ‘maestro’, rende vivaci e divertenti episodi anche tragici legandoli saldamente tra di loro.
Inizialmente osservatore taciturno e sardonico di questo mondo che ruota attorno a lui, poi terrorizzato tra bombe e macerie, infine radioso e giubilante quando, in seguito alla paura per un bombardamento, riacquista felicemente, quanto inaspettatamente, la ‘vis amatoria’.
È una realtà, questa, che si dipana tra memoria e nostalgia, tra umorismo e tragedia, tra magia, amore e morte: “Un’operazione delicata e divertente” la definisce il regista; “un racconto di una levità che non porta scandalo ai sensi” commenta Silvano Nigro che conclude:
“Arriva il 1943. Sbarcano gli alleati. La Pensione Eva è ridotta a un mucchio di macerie. Nenè è in compagnia dell’amico Ciccio. I due si accomodano in mezzo ai detriti. Nenè chiede a Ciccio una sigaretta, che è la prima della sua vita. Sta festeggiando i suoi diciott’anni. Chiude così una stagione, con un nuovo rito di passaggio”.
Con Ciccio Nenè in conclusione festeggerà il ritorno alla vita:
“Mangiare, viviri e ascutare la risacca. Con l’amico arritrovato. Che c’era di meglio nni la vita? La guerra era passata, pareva accussì lontana che forse non c’era mai stata veramente. Vuoi vidiri che se l’erano insognata?”
Ancora una volta sembra tornare l’eterno parallelo tra vita e sogno anche in questo spettacolo che ha riscosso un grande successo di pubblico e di critica.