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Addio a Gianni Minà

Scompare all’età di 84 anni Gianni Minà uno dei volti del giornalismo e della scrittura oltreché della conduzione televisiva italiana. La sua è stata una carriera di collaborazioni con settimanali e quotidiani prestigiosi sia italiani che stranieri, ricordiamo La Repubblica, L’unità, il Corriere della Sera, il Manifesto, ma soprattutto di quel genere definito come film-documentario che ideò e realizzò grazie alla Rai e che vide come protagonisti personaggi storici del rilievo di Che-Guevara e Fidel Castro o grandi campioni dello sport come Muhammed Alì.

Nacque a Torino da una famiglia di origini siciliane, difatti il nonno paterno era originario di Castelbuono, in provincia di Palermo, e la famiglia da parte materna originaria del messinese. Esordisce in Rai quasi agli inizi della televisione nel 1960 collaborando per i servizi sportivi in occasione delle Olimpiadi di Roma. Nel 1965 iniziò a realizzare documentari e reportage che contribuiranno ad evolvere il linguaggio giornalistico in TV, per citarne alcuni “Un fatto come e perché”, “Dribbling”, “Tutto quanto fa spettacolo”, “Odeon”, “TV7” o “Gulliver”. Resta storica la sua intervista del 24 giugno 1965 fatta ai cosiddetti Fab Four, cioè i Beatles; ebbe l’onore anche di accompagnarli per Roma con la sua auto.

Gianni Minà assieme ai Beatles

Nella seconda metà degli anni 70, venne assunto al Tg2 diretto da Andrea Barbato ed iniziò ad occuparsi della boxe statunitense e soprattutto di quelle che erano le problematiche legate ai conflitti sociali delle minoranze in Sudamerica. L’America Latina accompagnerà la sua carriera, difatti nel 1978 seguì il campionato mondiale di calcio in Argentina e fu proprio durante la trasferta sudamericana che venne prima ammonito e poi espulso dallo Stato albi-celeste per aver rivolto domande sui Desaparecidos all’allora capo dell’ente organizzatore dei mondiali Carlos Alberto Lacoste. All’inizio degli anni 80 collaborò assieme a Giovanni Minoli a Mixer e successivamente esordì come autore e conduttore del programma televisivo titolato “Blitz”, che contribuì ad innovare lo spazio televisivo della domenica pomeriggio avendo come ospiti personaggi del calibro di Fabrizio De André, Sergio Leone, Robert De Niro, Gabriel Garcia Marquez, Federico Fellini e Mohammed Alì.

Gorbachov, Fidel Castro e Gianni Minà

Nel 1981 il presidente della Repubblica Sandro Pertini gli consegnò il Premio Saint-Vincent come miglior giornalista televisivo dell’anno. Nel 1987 per la prima volta intervistò il presidente cubano Fidel Castro e da quell’incontro nacque il documentario “Fidel racconta il Che”, un reportage che metteva in luce la figura di Ernesto Che Guevara dal punto di vista del leader cubano.

Da sinistra a destra Gabriel Garcia Marquez, Sergio Leone, Mohammed Alì, Robert De Niro, Gianni Minà

All’inizio degli anni 90, invece, condusse il programma Alta Classe, all’interno del quale intervistò artisti del mondo dello spettacolo e della musica. Ricordiamo le ospitate di Pino Daniele e Massimo Troisi, dei quali Minà era grande amico, che vide quest’ultimo protagonista del famoso sketch relativo alla famosa agendina di Minà di cui Massimo Troisi era molto “invidioso” perché poteva vantare cognomi importanti e trasversali.

Pino Daniele, Massimo Troisi e Gianni Minà

Nel 1992 iniziò a lavorare su delle opere rivolte al Sudamerica, tra queste sicuramente ricordiamo il reportage Marcos: aquí estamos diviso in due puntate che al suo interno conteneva un’intervista esclusiva al Sub- comandante Marcos. Dal 1996 al 1998 condusse il programma televisivo “Storie” el quale intervennero il Dalai Lama, Luis Sepúlveda, Martin Scorsese, John John Kennedy. Nel 2001, inoltre, firmò un altro reportage che aveva invece questa volta come protagonista Diego Armando Maradona intitolato “Maradona: non sarò mai un uomo comune”.

Pavarotti, Minà e Maradona
Luis Sepulveda e Gianni Minà

Senza alcun dubbio Gianni Minà è stato un gigante nel modo di condurre le interviste che hanno caratterizzato la sua carriera, che si trattasse di Fidel castro, di Maradona, di Sergio Leone o di Robert De Niro poco importava, perché il carattere profondamente umano e la dolcezza del suo animo riuscivano a far aprire l’intervistato ad un dialogo totale contraddistinto da una nota ironica sinonimo di grande intelligenza. Mancherà alla buona cultura del nostro Paese e a chi ha conosciuto varcandone i suoi confini.

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Alessandro Sorace classe 1988, nato a Catania. Giurista, giornalista pubblicista, appassionato di arte, storia ed amante della cultura, del gusto e del buon vivere. Collabora da gennaio 2022 col quotidiano online "Clessidra 2021".

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