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L’incantata memoria della “piccola patria”

     Siciliano di Caltanissetta trasferitosi prima a Prato e poi a Roma, classe 1952, Antonio Pane, oltre che come sensibile poeta (ha dato alle stampe, rispettivamente nell’85 e nell’86, due sillogi di versi – Rime e Petrarchismo penultimo –), si è segnalato per le sue qualità di studioso agguerrito di letteratura italiana e di paziente “cacciatore” di inediti di poeti e narratori del nostro Novecento.

     Al suo fiuto finissimo si devono, tra l’altro, il rinvenimento e la pubblicazione di preziosi inediti di Angelo Maria Ripellino e di Antonio Pizzuto. Mentre dello stesso Pizzuto ha pubblicato il libro di scritti inediti e rari – Lezioni del maestro (Scheiwiller, 1988) –, di Ripellino ha curato, in collaborazione con Alessandro Fo, il volume I fatti di Praga (ibidem, 1988), contenente le corrispondenze giornalistiche inviate dal poeta-slavista sulle vicende della “primavera” cecoslovacca, un altro volume – Siate buffi. Cronache di teatro, circo e altre arti (Bulzoni, 1989) –, dedicato agli interventi critici ripelliniani sullo spettacolo apparsi su “L’Espresso”, e l’antologia, in collaborazione ancora con Alessandro Fo e Claudio Vela, di testi poetici editi e inediti: Poesie 1952-1978 (Einaudi, 1990).

Angelo Maria Ripellino

     Ora Pane ritorna ad esplorare il “continente” Pizzuto con un denso-intenso intervento critico, intitolato Pizzuto a Castronuovo (con fotografie di Nosrat Panahi, Nejad (Quaderni della Fondazione Pizzuto, n. 2, 1997), teso ad indagare, attraverso una puntigliosa disamina delle tracce che ne rimangono nell’opera inventiva, i legami che sempre l’autore di Signorina Rosina conservò con le proprie radici.  

     Va ricordato che Pizzuto  non è  nato a Castronuovo, ma a Palermo e che, giovanissimo, conseguite le lauree prima in giurisprudenza e poi in filosofia, si trasferì a Roma, dove entrò nella pubblica sicurezza, percorrendo tutti i gradi della carriera fino a quello di questore (ricoprì anche la prestigiosa carica di Presidente della Commissione internazionale di polizia criminale e fu insegnante di lingue alla scuola di polizia della capitale); che, solo dopo essere andato in pensione, cominciò a pubblicare con regolarità i suoi romanzi, non senza aver ripudiato il poco scritto in precedenza e stampato sotto pseudonimo; che, fin dal suo apparire – da Signorina Rosina (1956) a Si riparano bambole (1960), da Ravenna (1962) a Sinfonia (1966), da Testamento (1989) alla postuma Ultime e penultime (1978) –, la sua opera si fonda su una scrittura di tipo sperimentale, atomizzata, liberata dai nessi sintattici e priva di qualsiasi centro focale, torrenzialmente riversata sulla pagina con il procedimento tecnico-stilistico del “montaggio”: una scrittura, mimetica d’un ininterrotto flusso di coscienza, in cui l’io sparisce come protagonista, il filo del racconto si sminuzza e la rappresentazione si seppellisce sotto un accumulo di frantumi autobiografici, memorie, figure e luoghi pietrificati come emblemi e retti da un imperfetto (bergsoniano) di vaga durata.

Antonio Pizzuto

     Ed è qui che lo scandaglio di Antonio Pane si immerge e porta alla luce, estraendole dal marasma dei frantumi autobiografici, le tracce rivelative della presenza di quelle radici.

    Scopriamo, allora, che Castronuovo (“Castro” in Si riparano bambole) è il paese natale del padre dello scrittore e che lì c’erano ancora i ”beni” di famiglia – un terreno rustico e una casetta –, nei quali, dall’inizio dell’estate alla vendemmia, parte dei Pizzuto-Amico (genitori e figli più grandi) tradizionalmente si trasferiva dalla residenza palermitana dei “Quattro Canti”, mentre, altra parte (il nonno materno latinista, sua moglie, l’indimenticabile nonna di Testamento, due figlie e il nipotino Pofi: il futuro scrittore), andava a trascorrere l’estate a Erice, cui è pure dedicato, con Palermo e Castronuovo, il secondo romanzo.

     Scopriamo, altresì, che tracce di Castronuovo, con precisi toponimi, paesaggi e figurine di fin de siècle, si ritrovano sia in Ravenna, nella trasfigurazione degli interni liberty e della stazione umbertina, nel richiamo del “Calvario”, dell’abbeveratoio, del molino “Contessa” ecc., sia in Sinfonia, dove lo scrittore, riprendendo le pagine di uno storico dell’Ottocento, reinventa il mito di Castro, eleva la “piccola patria” ad oasi dell’anima: a «proscenio di intangibili memorie».

     «Ogni compositore» – conclude il suo appassionato-appassionante lavoro Antonio Pane – ha i suoi refrain preferiti. Il tema castrense, diversamente da quelle celebri arie che Rossini con sovrana nonchalance faceva viaggiare immutate in opere diverse, percorre l’intera parabola della scrittura pizzutiana, riflettendo le continue metamorfosi del suo invitto sperimentalismo […], permanendovi Castro vagheggiato scenario, dolcissima quinta di un mobile gioco di variazioni e di rimandi. Eletta dimora di ogni libera e vaga adolescenza e insieme oblivioso asilo nella stanchezza del vivere».

                               

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Nato a Giarre nel 1941, Franco Pappalardo La Rosa si è laureato in Giurisprudenza a Torino, dove vive dal 1963. Giornalista, critico letterario, poeta e narratore, ha collaborato alle pagine culturali de L’Umanità, del Giornale del Sud e della Gazzetta del Popolo e a numerose riviste letterarie. Ha redatto: “voci” per il Dizionario della Letteratura Italiana (Milano, Tea, 1989), per il Grande Dizionario Enciclopedico – Appendice 1991 (Torino, UTET, 1991) e per il Dizionario dei Capolavori (Milano, Garzanti, 1994). In volume ha pubblicato: Il filo e il Labirinto: Gatto, Caproni, Erba (Torino, Tirrenia Stampatori Editrice, 1997); Cesare Pavese e il mito dell’adolescenza (Alessandria, Edizioni dell’Orso, 1993, 1a ristampa); Lo specchio oscuro: Piccolo, Cattafi, Ripellino (ibidem, 2004); Viaggio alla frontiera del Non-Essere: la poesia di Giorgio Caproni (ibidem, 2006); Il poeta nel “labirinto”: Luciano Erba (ibidem, 2006); Alfonso Gatto: dal surrealismo d’idillio alla poetica delle “vittime” (ibidem, 2007); Il fuoco e la falena. Sei poeti del Novecento: Caproni, Cattafi, De Palchi, Erba, Piccolo, Ripellino (ibidem, 2009); Cinque studi. Esemplari di narrativa italiana del Novecento (su “Associazione indigenti”, di M. Collura, “Caro Michele” di N. Ginzburg, “L’amore è niente” di M. Lattes, “Il Compagno” di C. Pavese, “Fratelli” e “Il Custode” di C. Samonà), Torino, Achille e La Tartaruga, 2015; Le “storie” altrui: narrativa italiana del penultimo Novecento (77 recensioni e interviste), ibidem, 2016. Autore anche di narrativa e di poesia, ha pubblicato: Il vero Antonello e altri racconti, Acireale, Lunarionuovo, 1985; Angelo, Torino, Ananke, 1999; Il caso Mozart, Roma, Gremese, 2009, postfazione di G. Barberi Squarotti (romanzo finalista al premio Brancati-Zafferana 2009); Rondò. Tre racconti, Milano, Mimesis, 2012, nota critica di G Tesio; Farandoletta. Un sogno in Sicilia, romanzo, Torino, Achille e La Tartaruga, 2018; Il Melomane, romanzo, ibidem, 2022; L’orma di Sisifo. Poesie 1958-2012, nuova edizione con inediti, ibidem, 2020 (contiene le poesie apparse, rispettivamente, nelle sillogi: Il cuore, la metropoli, Padova, Rebellato, 1969, e Ultime dalla Còlchide, Torino, L. G. C., 1978).
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