“Vieni avanti cretino “, la dignità del cinema comico

Mi è capitato, qualche settimana fa, di intrattenere un cordiale dibattito su “Vieni avanti cretino”, film del 1982 di Luciano Salce con Lino Banfi protagonista.
La discussione verteva sul giudizio di un noto critico, secondo cui il film in questione dovrebbe essere annoverato tra i migliori film comici degli ultimi quarant’anni; una presa di posizione che a qualcuno è sembrata fuori luogo e azzardata, e che ha scatenato un infuocato dibattito (potrà sembrare incredibile, ma i dibattiti tra cinefili sono spesso “infuocati”, sebbene si parli di argomenti del tutto aleatori).
Molte delle osservazioni rivolte contro il film di Salce, oltre a sottolinearne una presunta mancanza di profondità, rilevavano come, già nello stesso periodo, l’Italia fosse ricca di attori comici più importanti, o meglio più attrezzati dal punto di vista artistico creativo, come Carlo Verdone, Roberto Benigni, Massimo Troisi, Francesco Nuti.
Ed è a quel punto che sono intervenuto io, un po’ a gamba tesa (come avrebbe fatto Roy Keane in Manchester United-Liverpool).
Rivelando quello che, in fondo, è una sorta di “segreto di Pulcinella”, e cioè che Verdone, Troisi e Nuti non hanno mai girato film comici, ma commedie; Benigni invece, prima della conversione artistica successiva a “La vita è bella”, aveva diretto e interpretato pellicole comiche (ad esempio “Johnny Stecchino”, che non a caso copia, o cita, a secondo di come si voglia vedere la cosa, una famosa scena de “La guerra lampo dei fratelli Marx”).

Questo non vuol dire, naturalmente, che Verdone, Troisi e Nuti non fossero grandi artisti, ma solo che la loro verve comica, esibita in teatro e in televisione, veniva stemperata al cinema, e mescolata ad altri ingredienti, ognuno dei quali dettato dalla sensibilità artistica di ciascuno di loro. Vuol dire anche, però, altre due cose: la prima è che Benigni, secondo me, non è stato un attore comico migliore di Lino Banfi, sul quale ha sempre pesato, nelle valutazioni dei critici, l’onta di anni di gavetta, e di commedie erotiche spesso mal concepite e peggio realizzate; la seconda è che i film comici non sono peggiori delle commedie, non fanno parte di un sottogenere meno nobile, meno importante, meno dignitoso.
Certo “Vieni avanti cretino” non è quello che si definirebbe “capolavoro”, non è un film dei fratelli Marx o di Stanlio e Ollio; non è neppure “Totò a colori” (a mio modo di vedere il miglior film comico italiano di tutti i tempi), ma rimane un’opera dignitosa, che riesce a dare un equilibrio all’estro di Banfi (grazie alla solida regia di Luciano Salce, artista i cui meriti non sempre sono stati riconosciuti), indirizzandolo in un percorso narrativo che, seppur scansionato in episodi, è del tutto coerente. E’, soprattutto, una pellicola che diverte, che fa ridere senza accettare compromessi con alcun tipo di volgarità, senza ricorrere a facili sentimentalismi, centrando pienamente il bersaglio.
Quanti film comici italiani migliori di “Vieni avanti cretino” sono stati distribuiti al cinema da allora? Pochissimi. Questo perché, alla fine, ha vinto la convinzione che una risata debba avere sempre una giustificazione, morale o sentimentale, o addirittura politica: non è così, ovviamente. Con buona pace di quegli intellettuali (o presunti tali) che hanno sempre visto il cinema comico come il fumo negli occhi.
