Intervista alla scrittrice Silvana La Spina”La storia che mi colpisce è sempre fallimentare”

Silvana La Spina è una scrittrice di grande talento e di indubbia fama nazionale che si è distinta in un lunga attività letteraria iniziata giovanissima. E’ nata in Veneto, in Provincia di Padova e tuttavia ha radici siciliane assai profonde e radicate. Infatti il padre era siciliano mentre la madre era veneta. Ancora bambina si trasferisce con i genitori a Ramacca, in provincia di Catania. Qui ha vissuto un’adolescenza e giovinezza tempestosa e ,dopo gli studi fatti in un collegio, si ribellò alla opprimente condizione familiare. Il padre è stato mutilato di guerra, ex ufficiale, interprete e membro dell’“intelligence” in Africa, un uomo che possedeva un carattere silente e a causa dei suoi impegni assai delicati totalmente assente. A 18 anni Silvana scappò di casa per sfuggire ad una madre oppressiva reiterando gli stessi gesti che fecero molti anni prima suo nonno e suo zio. Da sposata andò a vivere a Palagonia, piccolo paese dell’entroterra, cosicché la tenace giovane riuscì a tenere i contatti con il mondo culturale italiano ed europeo tramite le riviste letterarie. Divenne una lettrice onnivora di romanzi e in poco tempo si dotò di una cultura letteraria assai elevata. A soli 21 anni si trovò con due figli da crescere e anche separata dal marito con una sentenza della Sacra Rota Romana. Da allora si divise tra Milano, metropoli della cultura europea e la Sicilia ,terra tanto amata, perenne musa ispiratrice delle sua narrazioni. In mezzo a mille difficoltà materiali e morali riuscì a laurearsi in Filosofia divenendo insegnante di lettere. Dopo queste vicende turbolenti cominciò la sua vita di scrittrice assai prolifica e ricca di spunti letterari predilendo la Sicilia come ambiente e contesto delle sue storie. Proprio in virtù di questa inquietudine e irrequietezza , la sua esperienza editoriale diventa una continua ricerca con una formazione che è estremamente lontana da un tipico provincialismo culturale. Forse si può ben dire che sia una scrittrice in eterna fuga. Da qui la sua ammirazione per la letteratura americana e il suo ricorso ridondante con riferimenti agli autori e alle letture amate che vanno da Thomas Mann, Hermann Melville, Ernest Hemingway, Nathaniel Hawthorne e Charles Dickens, a Saramago, Borges e Cervantes. I personaggi dei romanzi della La Spina sono tutti caratterizzati da una vita nomade ,riflesso evidente della sua esistenza , come lei tormentati da tanti dilemmi insoddisfatti. Il legame tra scrittura e vita della scrittrice trae spunto e si sostanzia ,peraltro ,da queste esperienze autobiografiche tormentate, come anche dell’educazione religiosa ricevuta in collegio dalle suore domenicane di Acireale, dove la La Spina ha asserito di aver compreso la reale natura del potere e di “come devi rapportarti con esso, lottando o sottomettendoti”. La scrittrice si sofferma sullo studio delle religioni, accanto all’educazione cattolica, che ,quindi, si riflettono così nella scelta ricorrente di ricostruire storie all’interno di chiese, conventi e monasteri di clausura. Anche il luogo e la lingua di La Spina rispecchiano una narrazione poliedrica, mai paga del proprio percorso creativo. La sua produzione letteraria di grande eleganza è assai apprezzata da un seguito di lettori assai e fedele. E così si passa dai romanzi storici, dove si mescolano toni fantastici e picareschi, con una miriade di caratteri umani che si intrecciano in situazioni rocambolesche in cui è facile e piacevole perdersi. Silvana La Spina diversifica i generi letterari manifestando un vitalità e una fantasia espressiva protesa a combattere una realtà asfittica, opprimente in cui non esiste o viene rimossa la memoria.
Nel 1993 ottiene un importante riconoscimento vincendo il Premio Letterario Piero Chiara con il suo romanzo Scirocco scritto nel 1992.L’elenco delle sue opere è davvero lungo e notevole che dimostrano una ricchezza espressiva e la sua genialità nell’ambito della nostra letteratura pubblicando e ripubblicando con le più grandi e importanti case editrici . Ecco i titoli dei suoi libri di maggiore spessore: Morte a Palermo, 1987 ;L’ultimo delitto di madame, 1987;Scirocco e altri racconti, 1992 ;L’ultimo treno da Catania, 1992;Quando Marte è in Capricorno, 1994; Un inganno dei sensi malizioso, 1995 ;Bellarosa, 1997;L’amante del paradiso, 1997;Penelope, 1998;Morte a Palermo, Milano, 1999;La creata Antonia, 2001;Uno sbirro femmina, 2007;La bambina pericolosa, 2008;Un cadavere eccellente: una nuova indagine per lo sbirro femmina,2011; La continentale, 2014;L’uomo che veniva da Messina, 2015;L’uomo del Viceré, 2021. E’ anche autrice di una saggio “La mafia spiegata ai miei figli (e anche ai figli degli altri), 2006.
Ecco lo stimolante colloquio che è intercorso con questa grande scrittrice.

Che cos’è la scrittura del romanzo per Silvana La Spina ?
Principalmente bisogno di raccontare storie. L’uomo ha bisogno di storie, fin da quando gli uomini si riuniva davanti a fuoco e hanno cominciato a raccontare, di solito storie epiche, di guerre, di semidei, ma anche di amori senza tempo. E nelle letterature si è cercato un modo per trasmetterle, tramite poemi, saggi, poesie…ma alla fine del Settecento è arrivato il romanzo, che fino ad ora è il mezzo più compiuto e duttile per raccontarle.
Per me più che altro è il bisogno di raccontare un certo periodo storico, come per esempio il settecento per l’Uomo del Vicerè, poi viene il luogo, poi la storia in sé e i personaggi. Scrivendo quasi sempre di Sicilia, mi piace specialmente i periodi di fallimento, quando la nostra storia poteva essere diversa e non è stata.
Sì, la storia che mi colpisce è sempre fallimentare.
Lei si definisce ‘barocca’ e ‘sulfurea’ al tempo stesso. Cosa intende dire ?
Credo che nessun siciliano sia veramente barocco, ritengo che gli scrittori barocchi siano proprio lombardi, per esempio Gadda, Testori, Arbasino…In ogni caso è eredità spagnola, le loro agudezas sono superlative infatti. Io non credo affatto di esserlo, o magari a modo mio, specie nella trilogia storica con Mondadori, ma lì avevo scelto più che altro come modello Saramago.
Nelle trame mi piace il mistero, la tensione che ne deriva, il bisogno di arrivare a una conclusione.

Lei ha vissuto tanti drammi esistenziali molto pesanti come il conflitto tra sua madre e suo padre, poi il matrimonio fallito. Quanto hanno inciso questi fatti nella sua opera letteraria?
Tutto incide, vorrei vedere se una vita vissuta non incidesse in quello che si scrive. Ma nelle mie trame non so, credo che ci sia di tutto, da un’ infanzia tutta sommato allegra, a un’adolescenza abbastanza tiranneggiata, ma fa parte della mia generazione, semplicemente che come tutte le ribelli ho pagato. Dovevo stare più quieta? Forse.
Nella sua opera vi è un periodo noir, giallo con trilogie dedicate alla figura di un commissario donna. Cosa l’ha spinta a questa sortita letteraria?
Io direi che sono nata col giallo. Morte a Palermo infatti era un giallo, ma naturalmente un giallo letterario con personaggio addirittura Borges, del giallo mi piace la regola ferrea di trovare una soluzione, inoltre è quasi sempre un viaggio, tra vari mondi e personaggi. E’ un circuito chiuso insomma, è questo che mi piace del giallo, segue esattamente le regole aristoteliche dell’unità di luogo, di tempo e di azione.
Lei è molto sensibile ai temi sociali e politici. I romanzi storici occupano gran parte della sua opera. Cosa pensa dell’oggi attorno a sé?
Io ho una formazione di intellettuale impegnata, non potrei non risentire di ciò che succede attorno a me, mi interessa la politica, la storia degli altri, tutto quanto accade naturalmente. L’oggi dice? Beh, da un lato è magnifico perché può succedere di tutto, dall’altro fa paura. Certo c’è uno sbandamento generale, la paura alza steccati, la civiltà è in bilico, ma è successo anche altre volte e io nonostante tutto sono ottimista.

Nei sui romanzi ricostruisce le tensioni tra Nord e Sud d’Italia del dopoguerra, metafora della sua vicenda familiare. Non sembra che ci siano grandi cambiamenti in questa Italia dimezzata.
Per l’Italia, dobbiamo metterci in testa che è una piccola nazione, senza un impero recente come l’Inghilterra o la Spagna, dove non a caso là la letteratura è vitalissima.
Anche la nostra letteratura risente del provincialismo generale, ma che farci, siamo in Italia e qua dobbiamo stare. E poi la nostra lingua è poco duttile, almeno per quanto riguarda la narrativa. Naturalmente c’è anche il problema Nord Sud, che non so fino a che punto si potranno mai integrare, la nostra è la civiltà del feudo,la loro quella della bottega, dell’industria e non da oggi ma dal Medioevo.
Lei è soprattutto una narratrice di donne addolorate e oppresse, in special modo siciliane. Sono capaci di guarire da sole dai loro traumi ?
Non so se sono una narratrice di donne, col romanzo storico per esempio è difficile, la storia in generale la fanno gli uomini, ma sì talvolta ho usato anche le donne, in tal caso però in storie private, nelle storie pubbliche è difficile.
Le mie donne naturalmente lottano, vanno contro la morale corrente, altrimenti non potrebbero nemmeno vivere storie o raccontarle.
Nella sua opera affiorano le figure di donne forti e anticonvenzionali che lottano per la libertà. E’ un riflesso del suo modo di essere. Chi sono le scrittrici che l’hanno ispirata maggiormente ?
Io sono una lettrice onnivora, e quindi leggo donne e uomini, non credo però di avere scrittrici di riferimento, naturalmente ho letto le classiche, quasi sempre inglesi, ma credo che siano stati di più gli autori uomini. Del resto come si può confrontarsi con un Tolstoj o con un Dickens? Io poi sono stata una fanatica di Mann, e per quel tipo di scrittura ci vuole una sapienza ancora maschile. Le grandi autrici attualmente sono ancora americane, come la Oates ad esempio, non credo che da noi ci sia qualcosa di simile.
Cosa le sarebbe piaciuto che non ha fatto?
Avrei voluto scrivere tante altre opere. Una come il Padrino ad esempio, ma naturalmente facciamo di tanto “sognato” solo una parte. La realtà incalza.