Loading
Nuovo quotidiano d'opinione e cultura
Il tempo: la ricchezza per l’umanità
Nuovo quotidiano d’opinione e cultura

Intervista a Piero Isgrò “Sono un sognatore, scrivo con sincerità e senza artificio “

Piero Isgrò è giornalista professionista e da tempo anche scrittore. Si è laureato in legge con una tesi sul processo di Norimberga e ha cominciato la sua carriera a “La Sicilia” di Catania dove per anni è stato critico televisivo e responsabile della cultura e della terza pagina. Assunto in Rai, prima in Sicilia poi al TG1 a Roma, ha continuato ad occuparsi in prevalenza di cultura.  Ha scritto una commedia su Vincenzo Bellini, andata in scena al Teatro Stabile di Catania per la regia di Sandro Sequi e con Massimo Popolizio, che diventerà uno dei più grandi attori di teatro italiani, nel ruolo di Bellini. Ha  pubblicato un saggio sulle dive americane del passato, “L’orologio di celluloide” per poi dedicarsi al romanzo storico con incursioni nel regno del fantasia e nelle esperienze di vita privata. Desidero ricordare  i suoi romanzi a cominciare da “Il musicista e l’imperatore”  e poi, in successione nell’ultimo decennio,  “La bambina francese”, “La sposa del Nord”, “Finisce la notte”. “L’ermellino muore”. L’ultimo romanzo è “La Porta Dipinta” , che narra l’amore conflittuale tra  Nicola e Regina  nel contesto di  eventi, come l’invasione delle truppe di Varsavia a Praga, che hanno cambiato il corso della storia. Un uomo discreto, riservato, con cui ho avuto un colloquio  stimolante e fervido sulla sua vita professionale e umana.

Hai fatto studi giuridici e ti sei laureato con una tesi sul Processo di Norimberga. Una scelta affascinante. Com’è nata?

L’argomento mi venne in mente dopo avere visto il film di Stanley Kramer, Vincitori e vinti. Le tesi dibattute a Norimberga erano due: la prima, sostenuta dai difensori dei criminali nazisti, negava la legittimità del processo in base al principio illuministico Nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali; la seconda, sostenuta dai pubblici ministeri delle potenze alleate, asseriva la legittimità del processo in quanto basato su convenzioni internazionali esistenti. In realtà, le iene naziste furono condannate per avere commesso crimini contro l’umanità non ancora contemplati dal diritto internazionale ma, secundum legem, moralmente obbligatori.

Che ricordi hai  del tuo esordio nel giornalismo?

 Mio padre conosceva il caporedattore de “La Sicilia”, Piero Corigliano, e una sera andò a trovarlo. Gli fece leggere alcune mie poesie. Gli piacquero tanto che mi affidò il compito di scrivere di televisione. Si trattava di seguire ogni sera i programmi della Rai, dopo il telegiornale delle 20.30, e scrivere i resoconti per l’edizione del mattino. Allora abitavo in via dello Stadio, non avevo ancora l’auto, e il giornale aveva la sede grosso modo di fronte all’Arcivescovado. Rientravo a casa a piedi verso mezzanotte. Almeno tre chilometri all’andata e al ritorno. Sette giorni su sette. Imparai a scrivere e piuttosto velocemente. Ancora non ero stato assunto formalmente, cosa che avverrà dopo il servizio militare. Credo di essere stato uno dei pochi giornalisti catanesi ad averlo fatto. Fu un’esperienza interessante. Dopo il Car a Palermo, terribile, fu trasferito a Roma, dove presi servizio all’ufficio Propaganda e documentazione del ministero della Difesa. Poi a Catania. Caserma Sommaruga. Nel pomeriggio davo una mano al giornale, per non perdere i contatti.

Catania è nel tuo cuore e nella tua mente. Una città perennemente afflitta da tanti problemi. Cosa possono fare gli intellettuali per il riscatto della città?

 Non credo che gli intellettuali possano fare qualcosa. In genere si tratta di gente che si parla addosso, fumosa e astratta. Credo invece ai maestri, ai buoni maestri, ma non credo che ne esistano molti. Una figura che ha segnato in questo senso la storia cittadina è stato il professore Guglielmino. Oggi però la città non ha bisogno di intellettuali ma di buoni giornalisti che sappiano raccontare, che mettano sotto torchio il potere. Giornalisti come Pippo Fava assassinato dalla mafia per il suo coraggio, per le cose che scriveva. Ce ne sono ancora, non come Pippo, ma onesti.

Piero Isgrò

 Ti descrivi come un uomo malinconico e sognatore. In che modo incide l’indole sul tuo modo di raccontare ?

È vero. Sono un sognatore, ma questo al giorno d’oggi, per ciò che ho appena detto sugli intellettuali, non aiuta. Aiuta invece a scrivere le cose che hai dentro con sincerità e senza artificio. Ma per fare questo, per entrare nel cuore e nell’interesse del lettore, devi avere un bagaglio serio di letture. Parlo di scrittori come Cervantes, Tolstoj Stendhal… insomma, i grandi della letteratura russa, francese, tedesca, inglese, americana. Antica e moderna. I grandi italiani si arrestano a Manzoni e Verga, purtroppo.   

È difficile pubblicare un romanzo in Italia ?

Direi di no. Anzi, è facilissimo. Difficile pubblicare con un vero editore. Purtroppo, gli editori seri si stanno corrompendo. Pubblicano per lo più gialli, gialletti e storie estreme, storie che colpiscono ma che non lasciano il segno. Non mancano però i buoni scrittori.

Parlaci del tuo ultimo romanzo “La Porta dipinta”.

 Comincia da Praga. Luglio 1969, anno dello sbarco americano sulla Luna. A quasi un anno dall’invasione delle truppe del patto di Varsavia, migliaia di studenti manifestano in piazza San Venceslao, dove Jan Palach per protesta si è dato fuoco. Con loro ci sono migliaia di giovani venuti da tutta Europa. Dalla Sicilia arriva Nicola insieme con due amici. Qui incontra Regina, ed è amore fulminante. Quando riparte, Regina resta nell’ombra, dietro una porta dipinta sul muro. Tempo dopo Nicola è a  Londra per seguire la trasferta del Teatro Stabile di Catania con il “Liolà” interpretato da Turi Ferro. Qui conosce Lucy, la futura moglie. I primi tempi vivono a Catania, dove nasce la figlia Grace. Ma Nicola tornerà a Praga, incontrerà il suo grande rimorso, scoprirà di essere ancora innamorato, scoprirà di avere un figlio. La storia si può raccontare in un altro modo, col prologo e l’epilogo. Si comincia con la Luna, si finisce con un fiume. Il 28 marzo 1941, Virginia Woolf esce di buon mattino, raggiunge la sponda dell’Ouse, infila due pietre nelle tasche della giacca e si butta in acqua. Ci sono tanti fiumi nel racconto: la Moldava, il Tamigi, il Ticino, la Sprea. Ecco, la Sprea come l’Ouse.

È il mio romanzo migliore, credo. In parte ci sono le mie esperienze professionali, come il viaggio a Praga e quello a Londra, e la mia vita: il dramma di mia sorella che perde un figlio, le grandi figure di mio padre e di mia madre, episodi divertenti come quello dell’alloggio a Praga nell’abitazione di una signora aristocratica che per necessità affittava il salone dove aveva sistemato due lettini da campo. Vista la penuria degli alberghi ce l’aveva procurato la sorella di mia moglie, allora ambasciatrice a Oslo, tramite il collega praghese.

L’ultimo romanzo di Piero Isgrò

Cosa riserva il tuo futuro?

Il futuro è sulle ginocchia del Signore. Credo che continuerò a scrivere fino a quando anche un solo lettore mi spronerà a farlo.

Share Article
Rosario Sorace, nasce a Giarre il 13 maggio 1958;nel 1972, a 14 anni, inizia un intenso impegno politico e sociale. A soli 25 anni diventa segretario regionale dei giovani socialisti in Sicilia e dopo due anni, nel 1985, viene eletto al Consiglio Comunale di Giarre. Successivamente, viene eletto al Consiglio Provinciale di Catania dove svolge la carica di Assessore allo Sviluppo Economico. Nel 1991 viene eletto Segretario della Federazione Provinciale del PSI di Catania. Nel contempo consegue la laurea in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Catania in cui oggi svolge il servizio in qualità di funzionario di Biblioteca del Dipartimento di Scienze Chimiche. È giornalista pubblicista. Collabora dal 2018 con i giornali on line IENE SICULE, SIKELIAN, IL CORRIERE DI SICILIA e AVANTI LIVE. È un grande di lettore di prosa e scrittore di poesie.

You may also like

TOP