Il libro di Ian Thomson “Una conversazione a Palermo con Leonardo Sciascia”

“ I racconti sull’omertà, il codice mafioso del silenzio che, nelle parole di Papa Giovanni Paolo II, < vincola moltissime persone ad una sorta di complicità squallida, dettata dalla paura > sono un luogo comune in Italia. Dopo aver ascoltato, durante una cena a Roma, il racconto di alcuni tra gli episodi più macabri ho deciso di fare un viaggio verso Sud fino a Palermo per andare a trovare Leonardo Sciascia…”
E’ l’inizio dell’intervista con lo scrittore siciliano, realizzata da un ventiquattrenne giornalista inglese, Ian Thomson, nel dicembre del 1985 e pubblicata sul London Magazine nel numero di maggio- aprile del 1987 col titolo Sicilian Writers and the Mafia. A conversation in Palermo with Leonardo Sciascia. Thomson, che all’epoca viveva a Roma, aveva già al suo attivo un’intervista con Italo Calvino e fu proprio quest’ultimo a metterlo in contatto con Sciascia. Oggi quest’intervista viene pubblicata per la prima volta in Italia dall’editore Rubbettino nella collana “Quaderni di Regalpetra”, diretta da Vito Catalano, nipote dello scrittore.

Proprio il titolo originale rende ragione dell’incipit su riportato e del successivo svilupparsi dell’intervista. La mafia, quindi: Il giorno della civetta, Il contesto, A ciascuno il suo sono il punto di partenza di un discorso che, pur avvertendo che l’isola è “ una metafora non solo della corruzione in Italia, ma anche della condizione umana in generale”(Frank Kermode), non rinuncia a svolgere un tema caro al pubblico anglosassone, quello della criminalità organizzata, siciliana in particolare, com’è raccontata da quel genere letterario definito “ giallo poliziesco”.
S’è parlato di intervista. In realtà si tratta di un’intervista particolare, del resoconto di una conversazione piuttosto, come suggerisce del resto il titolo. Non presenta cioè lo schema tipico delle domande e risposte, utilizzato, sempre a proposito di Sciascia, anche da Marcelle Padovani* e Domenico Porzio**, ma ha l’andamento di un racconto, che si apre con la descrizione del viaggio, dell’arrivo a Palermo, dell’accoglienza nello studio dello scrittore e si chiude con la passeggiata solitaria dell’intervistatore per le vie della città. All’interno di questa cornice si colloca l’excursus delle principali opere di Sciascia: un discorso divulgativo, com’era richiesto dal pubblico cui si rivolgeva, senza perdere però i caratteri del profilo critico; ed è qui che vengono inserite le affermazioni di Sciascia, o tratte dai suoi libri o raccolte dalla sua viva voce nel corso del colloquio.
In un’atmosfera cordiale e rilassata, tra le sigarette e il caffè, si entra nell’argomento principale: la mafia. Lo scrittore, di cui l’intervistatore ben conosce l’insofferenza verso la definizione di “ mafiologo”, non si sottrae al tema, delineando una breve storia delle opere che hanno trattato di mafia, da La mafia(1921) di Giovanni Cesareo a I Mafiusi di la Vicaria(1863) di Rizzotto e Mosca per arrivare al Gattopardo, che registra la nascita di una borghesia mafiosa, impersonata da don Calogero Sedara.
Sciascia non condivide, pur giustificandolo, il giudizio di Lampedusa sui siciliani riottosi a ogni cambiamento, in quanto ravvisa già segnali di reazione di fronte a una mafia “ che uccide donne e bambini come giornalisti, politici, carabinieri e magistrati”. “ Io credo nei siciliani che parlano poco, nei siciliani che non si agitano, nei siciliani che si rodono dentro e soffrono…nella silenziosa fragile speranza dei siciliani migliori”(da Il Quarantotto, uno dei quattro racconti de Gli zii di Sicilia).

Non poteva mancare la puntualizzazione di una delle più celebri definizioni sciasciane, della Sicilia come metafora: “ La Sicilia – risponde Sciascia – funge da metafora nei miei libri nella misura in cui vi è una diminuzione dello spirito pubblico in tutto il mondo, e nella misura in cui i valori e gli ideali che più mi stanno a cuore, quali quelli tipicamente voltairiani della Libertà, della Ragione e della Giustizia, vengono calpestati.”
Si giunge così, dopo una breve digressione sugli influssi letterari presenti nei “gialli “ di Sciascia, da Pirandello a Simenon a Poe, al cuore dell’ideologia dello scrittore, a quell’illuminismo che, Diderot e Voltaire soprattutto, è stato per lui un imprescindibile punto di riferimento, senza dimenticare l’apporto di un autore come Manzoni, del resto, al di fuori del suo cattolicesimo, figlio anche lui della cultura degli Enciclopedisti.
Non manca, neppure – e qui va dato atto a Thomson d’ aver toccato con tratti rapidi ed essenziali i temi principali sollevati dall’opera di Sciascia – la discussione sull’atteggiamento dello scrittore nei confronti della religione e dei preti, dal don Gaetano di Todo modo al parroco di A ciascuno il suo, entrambi esempio di cinismo e profonda mancanza di senso religioso: “ Non è necessario credere all’esistenza di Dio – dice Sciascia – o all’immortalità dell’anima per essere religiosi ” e cita Hugo e Tolstoj come scrittori “naturalmente cristiani”.
La conversazione si avvia alla fine, Sciascia parla dei suoi rapporti con la cultura inglese, di scrittori che ammira, come Daniel Defoe e Graham Greene, di un illustratore sconosciuto ai più, Arthur Rackam e, mentre accompagna l’ospite all’ingresso, stacca un esile libro da uno scaffale: è Per un ritratto dello scrittore da giovane, su Giuseppe Antonio Borgese. Prima di allontanarsi, l’ospite è attirato da due oggetti sulla scrivania, la foto, “incorniciata d’argento”, di Pirandello e “ un grosso pezzo di zolfo dalla forma piatta”: i simboli che lo scrittore ha voluto accanto a sé del suo destino, di scrittore e di uomo.
Thomson si avvia poi lungo viale della Libertà. Si muove a piedi, “tra profumi di mare e sentori di pesce fritto”. Giunto nei pressi di San Domenico, scorge un assembramento di persone, di carabinieri, di volanti della polizia. Un altro regolamento di conti, un altro “ cadavere eccellente”. E si torna all’inizio, in una composizione “ ad anello”.
*Leonardo Sciascia, La Sicilia come metafora. Intervista di Marcelle Padovani, Milano,Mondadori, 1979.
**Leonardo Sciascia, Fuoco all’anima. Conversazioni con Domenico Porzio, Milano, Adelphi, 2021(I ed.1992).