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Nicola Mineo,scompare un Maestro

Ora che anche l’ultimo ci ha lasciato, la nostra generazione si sente orfana dei Maestri e avverte tutta la responsabilità di testimoniarne l’insegnamento e tutta la inadeguatezza, la paura di non esserne all’altezza. E ci rimproveriamo del nostro essere stati sempre figli ribelli, contraddittoriamente affetti da un “Edipo” intellettuale e insieme disobbedienti, pronti a prendere strade autonome e contrastanti. Perché i figli restano sempre adolescenti, si sa! Sempre? Fino a quando si tratta di misurarsi con un modello vivente, la morte poi cambia tutto.

Non solo grande dispiacere per la scomparsa di un Maestro, ma sensazione come della fine di un’epoca…

Lo conobbi che avevo 14 anni, quando mi esaminò agli esami d’ammissione dal ginnasio al liceo con una domanda che ricordo ancora: “Signorina, sa dirmi chi è il poeta della luce?”, mi aiutò, mi arrabbiai: “Che c’entra Dante se noi abbiamo studiato Manzoni?”. Ma Dante c’entrava sempre per lui.

E poi lo ebbi insegnante di Italiano al Liceo per tre anni e in terza liceo lo vidi correggere le bozze di “Profetismo e apocalittica nella Divina Commedia” e smettere di fumare le sue Marlboro con un ultimo pacchetto sul quale scrisse la data e che mi diede in custodia sperando che anch’io facessi lo stesso. Anche quella volta disubbidii e avrei fatto meglio ad ascoltarlo nell’interesse dei miei bronchi.

Nicola Mineo

D’estate lo aiutavo a dare ripetizioni nella sede del PSIUP ai figli degli operai bocciati da una scuola di classe.

E poi lo ritrovai all’Università con Muscetta con il quale presi la tesi di laurea, e i laterziani Dante e Foscolo furono pane quotidiano.

E poi feci con lui un Dottorato triennale di ricerca: “Ritiriamo i microfilm dell’Antologia del Viesseux per i suoi studi?”. “Preferisco occuparmi d’altro, professore” – stavo studiando la Coffa.  Ne verrà fuori qualche anno dopo il libro “Sibilla arcana, Mariannina Coffa (1841-1878)”, e in occasione della presentazione a Noto il professore dirà: “ Io conoscevo il libro di Marinella Fiume prima che fosse stampato e debbo dire che, all’inizio, quando ella intraprese  questa via dello studio della Coffa così approfondito  dedicandole tanto tempo, avevo  la sensazione che fosse una strada di quelle che portano poco lontano. Invece ho dovuto ampiamente ricredermi, nel tempo e negli anni in cui Marinella Fiume ha lavorato a questa Autrice, perché di fatto il libro apre una serie di orizzonti sia sul piano storico – come ha  sottolineato la collega prof. Anna Scattigno – che sul quello letterario e culturale europeo. Rispetto ai tanti “minori” della provincia italiana ed anche dei grandi centri culturali, sicuramente la Coffa si colloca in una posizione che è di assoluto e grande rilievo. Il materiale d’archivio trovato da Marinella, non soltanto in loco ma anche fuori Sicilia, dimostra  sicuramente l’attenzione “da donna a donna” e la sua partecipazione umana e personale nei confronti di Mariannina scelta come “oggetto” di studio.  Ma, al di là della partecipazione, c’è, in questo libro, l’evidenziazione una condizione culturale emergente dai rapporti con la società e con gli altri:  queste cose fanno sì che il nome e la figura della Coffa possa e debba uscire dall’alveo ristretto delle conoscenze locali e degnamente aspirare ad entrare – almeno nell’indicazione dei nomi – nei manuali più comuni e più noti della storia letteraria italiana.Il critico, per certi aspetti, è come un medico: non può commuoversi per le vicende umane, tristi o dolorose, dell’autore oggetto dei suoi studi. Non è l’elemento strettamente  personale, quello trainante le sue più profonde convinzioni in merito al valore dell’artista. Il critico si deve convincere per il modo in cui le esperienze personali sono state trasmesse attraverso la mediazione linguistica o stilistica. (La Gazzetta di Noto, 4 ottobre 2000).

Il prof.Nicola Mineo

Quando seguivo il Dottorato, il professore teneva un seminario per gli studenti sulle figure retoriche nella Divina Commedia. Gli studenti erano attentissimi ma incapaci di esprimere un proprio piccolo pensiero personale. Venivo dall’insegnamento alle superiori perciò volli rendermi utile e chiesi al professore di poterli vedere ogni volta mezz’ora prima del seminario: li preparavo all’incontro e lui fu molto contento di vedere la partecipazione e sentire gli interventi durante la sua lezione. Anche lui proveniva da un lungo periodo di insegnamento nelle scuole superiori, sapeva quanto fosse importante nell’università saldare lo specialismo, la ricerca alla didattica.

Un giorno uno studente osò chiedere se la religiosità dantesca non fosse fuori tempo e solo pienamente medievale e che senso avesse leggere Dante oggi.

Rispose come avrebbe risposto anche molti anni dopo: “Leggere Dante significa oggi – proprio nel nostro tempo, che ha vissuto e vive, sia in guerra come in quella che chiamiamo pace, agghiaccianti esperienze di assurdi stermini e di smisurati egoismi, di integralismi distruttivi e autodistruttivi e di preoccupanti oltranzismi – ritrovarsi in valori come la pacifica e amorosa convivenza umana, la felicità di un’esistenza non attanagliata dall’ansia del successo ad ogni costo ed equilibrata dalla ragione, la gioia del conoscere, la nobiltà di una vita liberata dalla cieca passionalità, la sicurezza di una giustizia immancabile, giusta anche nella clemenza, la certezza di una conformità e una rispondenza tra azione e qualità, fatti e ideali o umano e sovraumano. In questo consiste la più autentica religiosità del poema dantesco. E in questa religiosità si possono riconoscere gli spiriti più pensosi e inquieti, sia laici che di obbedienza confessionale. I valori celebrati nel poema possono trovare nuova attualità almeno come meta e come punto di riferimento”.

 E poi ancora insieme ad amministrare la cosa pubblica: lui assessore a Giarre con Giuseppe Toscano, anche lui professore all’”Amari”, io sindaca a Fiumefreddo; la politica come militanza culturale, come mezzo per ridare dignità a una terra vessata da mafia, clientelismo, ingiustizie sociali.

E poi ancora insieme per conferenze e presentazioni di libri, anche i miei, fino a ieri.

E in ultimo il mio rifiuto, poi ritrattato, alla sua insistente richiesta di darci del tu…

Una vita! Non è facile capacitarsi e dirgli addio!

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Sono nata a Noto l’8 Febbraio del 1950 e mi sono laureata in lettere classiche all’Università di Catania conseguendo anche un dottorato di ricerca in Scienze letterarie e linguistiche. Ho insegnato per 34 anni negli Istituti di Istruzione Secondaria e per un decennio alla SISSIS come tutor di tirocinio per “insegnare ad insegnare” ai giovani laureati. La mia prima esperienza di docente la narro in Feudo del mare: la stagione delle donne quando negli anni Settanta ho ricevuto il primo incarico in un istituto professionale femminile per sarte e stiliste di moda, a Gagliano Castelferrato in provincia di Enna. In questo paese si trovò il metano ed è stato anche il luogo in cui Enrico Mattei pronunciò il suo ultimo discorso prima di morire nell’esplosione del suo aereo. Proprio a Gagliano Castelferrato il Presidenti dell’Eni aveva inaugurato la fabbrica Lebole Sud dove avevano trovato lavoro circa 450 donne. Sono stata sindaca di Fiumefreddo di Sicilia per ben due consiliature: dal 1993 al 2002. Mi sono impegnata a recidere quel torbido e fitto intreccio tra la mafia e la politica nel mio territorio, subendo spesso minacce che non solo non mi hanno impaurito ma anzi mi hanno spinto ancora di più ad amministrare nel rispetto della legalità. Oggi svolgo soprattutto un’attività di scrittrice con un forte impegno di carattere editoriale. Le mie pubblicazioni che voglio ricordare sono le seguenti :Sibilla arcana-Mariannina Coffa, (2000) Siciliane, (2006)dizionario biografico (a cura di Emanuele Romeo Editore; Celeste Aida, (2008); Feudo del mare, (2010); Aforismi per le donne toste,(2012);Sicilia esoterica, (2013);Di madre in figlia. Vita di una guaritrice di campagna, ( 2014) Voglio il mio cielo. Lettere di Mariannina Coffa, (2015); La felicità era, forse, il male minore, con Santino Mirabella,(2016). Ho anche guidato laboratori di scrittura autobiografica, in aiuto delle donne vittime di violenza nei Centri antiviolenza, nelle scuole e nelle carceri femminili. Da queste esperienze è scaturito il volumetto “Il silenzio non è d’oro”, tradotto anche in inglese pubblicato a cura del Soroptimist club di Catania. Più recentemente ho scritto “La bolgia delle eretiche” (2017) in cui rivisito i verbali dei processi madrileni a streghe, fattucchiere, guaritrici e “donne di fuora”; “Ammagatrici” (2019) e per ultimo il libro-inchiesta “Le Ciociare di Capizzi” (2020).

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