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Nuovo quotidiano d'opinione e cultura
Il tempo: la ricchezza per l’umanità
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Oltre il labirinto

In una casa bella, ma malandata, vivevano tre animali sciagurati.

Nascosta da un fitto labirinto di siepi, un tempo vantava al suo centro una fontana a tre sbalzi, in cui guizzavano colorati pesciolini. Col trascorrere degli anni, però, la fontana era stata rubata, con tutti pesci, ed il casale era andato in malora.

Le siepi, che nessuno curava più, avevano continuato a crescere, ed alcuni passaggi erano ormai occlusi dalla vegetazione.

Il primo a scegliere il casale come propria dimora era stato il gatto PeloNero. Aveva vissuto per gran parte della sua vita con una nobildonna dalla folta chioma dorata che lo pettinava e ingioiellava, come fosse la sua bambola.

PeloNero si lasciava adulare come un re, ma la bella vita finì la sera in cui, durante una festa di gran gala, rispolverò il suo istinto animale, decidendo di inseguire un furtivo topino.

Balzati entrambi sul lampadario al centro della sala, il grosso felino era cascato giù, atterrando sulla morbida capigliatura della padrona. Per sua sfortuna, gli artigli si erano impigliati e senza volerlo, aveva tirato giù ciò che non doveva: la voluttuosa chioma nobiliare, infatti, altro non era che un parrucchino, che ora giaceva inerme e scompigliato sul pavimento.

Per sfuggire all’ira furibonda della calva nobildonna, aveva preferito prendersi una vacanza lontano lontano. Addentratosi nel bosco, neanche si era accorto di essersi perso nel labirinto. Aveva continuato a gattonare con indifferenza, fino a scovare, per puro caso, questo bel palazzo signorile.

Anche il vecchio Ernesto era un fuggiasco. Il mulo si era stabilito lì per sfuggire al padrone, un mastro carpentiere, che, ingrato, dopo una vita trascorsa a trasportare sacchi di cemento e mattoni, voleva mandarlo al macello. Era lì, in attesa dell’infausto destino, in fila con altre sfortunate bestie, quando si accorse che il padrone non aveva annodato la corda all’anello. E così, lui, che era sempre stato un tipo senza grilli per la testa, aveva avuto un sussulto: aveva iniziato a correre con tutte le sue forze, nonostante le ossa tremolanti, verso il folto del bosco. Era entrato nel labirinto e dopo giorni passati a vagare senza meta, ferito e senza cibo, finalmente aveva trovato una via d’uscita. Avvistato il bel casale, vi si era rifugiato volentieri.  

Infine, era arrivato Citto, un passero che amava cantare da mattina a sera. Peccato fosse stonato come una campana! Nel bosco tutti lo allontanavano a causa della sua voce così stridula, e quindi aveva sorvolato il labirinto e scelto di vivere in compagnia del mulo e del gatto, per non sentirsi più solo.

Questa sua debolezza però era pagata a caro prezzo: PeloNero, infatti, non perdeva occasione per tendergli agguati al fine di farne la sua cena. Non si sa bene se per i morsi della fame o se per il mal d’orecchi.

Il vecchio mulo, invece, si accontentava. Ormai, abituato com’era a prendere solo bastonate, non gli sembrava poi tanto male, anzi, amava il piccolo uccellino ed il suo canto imperfetto.

Così i tre, nella grande vecchia casa, tutta buchi e ragnatele, cercavano di tenersi compagnia e tirare a campare alla meglio.

PeloNero, abituato com’era a tutti gli agi, soffriva, dopo una vita trascorsa da nobile, questa misera condizione.

Passeggiando nel giardino, si fermava davanti al buco nel terreno, dove anni prima era posta la fontana, e lamentava:

“Ah, qui ci vorrebbe proprio un bel gioco d’acqua con tanti pesciolini. Sarebbe stato proprio comodo: avrei avuto la cena a portata di zampa in ogni momento”.

Aggirandosi invece per le numerose stanze della casa, lo si poteva sentire sospirare:

-“Qui ci avrei visto bene un bel divano damascato. Immagina Ernesto: tu ci avresti appoggiato il muso per dormire la notte, ed io mi sarei sdraiato accanto a te.” –

Passando nella stanza che un tempo era stato un fastoso salone delle feste, esclamava:

-“E qui amico, dove ora ci sono solo ragni e polvere a ostruire la canna fumaria, ci sarebbe stato a pennello uno di quei grossi bracieri, buoni per riscaldare le ossa nei giorni di gelo.”

Ma venne l’autunno. Un autunno freddo e piovoso. Dopo i primi giorni passati a scaldarsi avvolgendosi in vecchie tende, i morsi della fame erano diventati terribili.

“Bell’affare stare qui ad aspettare di morir di stenti” – piagnucolava il felino.

“Vedrai, vedrai che smetterà di piovere e usciremo fuori a cercare qualcosa da mettere sotto i denti” – rispondeva Ernesto.

Citto, come al solito di buon umore, ribatteva “Ah io sto bene, i vermi vengono fuori numerosi dopo una pioggia battente. Se volete ne prendo anche per voi…oppure posso cantare per distrarvi dalla fame”.

“NOOOO” rispondevano in coro il gatto ed il mulo.

Poi Ernesto ebbe un’idea:

“Attraversiamo il labirinto di siepi, usciamo nel bosco per arrivare fino alla radura. Lì c’è il fiume, e potremmo pescare. Citto avvisterà i pesci, io li pescherò con la coda e li lancerò verso di te, PeloNero, che con i tuoi artigli li bloccherai a terra. Vedrai che bella zuppa mangeremo stasera”.

Il nobile gattone già aveva l’acquolina in bocca, e Citto era felice di essere utile.

I tre, così, nonostante la pioggia, si erano incamminati nel bosco.

Arrivati in prossimità del corso d’acqua, la loro attenzione fu attirata da un urlo di aiuto.

Il fiume, a causa dei tanti giorni di pioggia, si era ingrossato, e mancava poco perché esondasse.

Un poveruomo era in balia delle acque, e implorava che qualcuno lo soccorresse.

Subito Ernesto si era prodigato, e tendendo la coda, era riuscito a trarre d’impaccio il malcapitato.

Una volta all’asciutto, Ernesto aveva riconosciuto il suo vecchio padrone, l’ingrato mastro carpentiere.

“Ernesto, sei tu? Come posso ringraziarti? Vieni qua, vecchio asinaccio”

La bestia, anche se esitante, si era avvicinata….

“Un buon animale sei e sei sempre stato. Se non ci fossi stato tu, a quest’ora sarei cibo per i pesci!

Sono caduto nel fiume mentre cercavo, insieme agli altri, di ripulirne la foce, ormai piena di rifiuti.

Venite, venite tu e i tuoi amici, torniamo al paese, permettetemi di ricambiare il favore accettando di essere miei ospiti a cena”.

I tre furono ben felici di accettare e, insieme all’uomo, si incamminarono verso il villaggio.

La moglie del carpentiere li servì con tutti i riguardi: fieno di prima qualità per Ernesto, sogliola al gratin per PeloNero e per Citto…. beh per Citto niente, però era stato adagiato su un morbido cuscino di seta rossa.

A cena, oltre i tre amici, erano presenti le più prestigiose personalità del paese.

Terminato che ebbero di mangiare, il vecchio padrone prese la parola “Grazie per essere stati miei ospiti, siete animali nobili e coraggiosi. È per questo che a nome della città vi chiediamo un aiuto: il paese è minacciato dal fiume. Per metterci in sicurezza dobbiamo liberarlo dai detriti”.

Ernesto, Pelonero e Citto si guardarono per un attimo negli occhi, e, gonfi di orgoglio, accettarono senza esitazione.

Il giorno seguente, alla foce del fiume, molti uomini si erano radunati e avevano iniziato lo sgombero. Non era un lavoro facile: mobili, pezzi di legno, stoviglie, ed ogni sorta di cianfrusaglia avevano creato un muro che impediva il fluire delle acque. Grazie alla forza di Ernesto, all’occhio astuto del gatto, e a Citto, che spronava i lavoratori con allegria, il lavoro venne ultimato prima del tramonto.

I mobili e gli altri detriti, compresa una fontana di pietra ed una stufa di ghisa, erano stati messi in fila sul prato ad asciugare.

I lavoratori, ormai stanchi, erano seduti a riposare ed ammiravano la quantità di roba che erano riusciti a mettere all’asciutto, quando tra la folla, si fece largo una mendicante.

La curva e cenciosa signora si fece coraggio e disse:

“Vi prego, non mi scacciate. Sono un’anziana povera e sola. Ho bisogno di qualcosa con cui scaldarmi…potrei avere quella vecchia stufa che qualcuno ha buttato via?”

PeloNero stava per dire la sua, in quanto aveva già adocchiato il calorifero per portarselo a casa, quando incontrò lo sguardo della vecchia. L’aveva riconosciuta: era la nobildonna.

La ricca signora, dopo quella sera infausta, era caduta in disgrazia: i nobili del paese l’avevano messa da parte e suo marito aveva dissipato tutto il patrimonio in sigari e gioco d’azzardo, lasciandola senza il becco di un quattrino.

Anche l’anziana riconobbe il vecchio gatto da compagnia. Vergognandosi, scappò via, rinunciando alla richiesta.

PeloNero, senza farsi vedere, la seguì fino a casa e vide…vide l’anziana seduta davanti ad un camino spento chissà da quanto. La polvere sui pochi mobili rimasti, era alta almeno tre dita.

Sentì un freddo pungente attraversargli il pelo. Entrò, ed andò a sedersi sulle gambe della donna, come faceva un tempo.

Dormirono così per tutta la notte. Al mattino, la signora accettò in silenzio di seguire PeloNero attraverso il bosco.

Giunti in prossimità del labirinto di siepi, sentirono un gran movimento.

Il saggio mulo, infatti, aveva deciso di utilizzare i mobili pescati nel fiume per arredare finalmente le stanze. Tutto il paese, in segno di gratitudine, lo aveva aiutato nel trasporto e così:

nella stanza all’ingresso un divano a tre posti, con tutti i cuscini ripiumati, troneggiava sotto la finestra..

Ernesto già si immaginava accovacciato a terra con il muso appoggiato sui morbidi guanciali.

Entrando nella sala grande, proprio davanti al camino, era stata posizionata la stufa di ghisa, rimessa a nuovo grazie all’impegno del mastro carpentiere.

PeloNero, così, avrebbe cucinato prelibate cenette nelle sere d’inverno. E di notte, la stufa avrebbe aiutato a mantenere caldo l’ambiente.

Un set di mestoli scintillanti faceva mostra di sé in cucina. Coperte, tavoli, sedie, e un abatjour completavano l’arredamento, dando nuovo lustro alla casa.

La nobildonna fu felice di abitare in una tale reggia, in compagnia dei tre animali.

Anche Citto aveva trovato una nuova amica: ella, infatti, lo ascoltava ammirata per ore e ore.

Con l’avanzare dell’età, la signora era diventata quasi del tutto sorda, e per questo ai suoi orecchi arrivava dolce il canto dell’uccellino.

A volte usciva fuori di casa, con Citto posato su un dito. Orgogliosa, percorreva tutto il labirinto, fino al centro.

Qui, poggiava il passerotto sul bordo della fontana.

Citto, con non poca emozione, si sforzava di intonare la più dolce delle melodie per allietare i nuovi amici pesciolini.

E si sa, oltre ad essere muti, i pesci sono anche privi di orecchi.

Elena Bevilacqua, tratto da “Sotto il Vulcano”, Rudis Edizioni.

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ELENA BEVILACQUA ,Lucana d'origine, vive a Roma da molti anni. Grande appassionata di libri di qualsiasi genere, ha studiato sociologia e scienze umane. Da non molto tempo scrive poesie e racconti per bambini, ed illustra con materiali differenti: pastelli, acquerelli, grafite …e persino sabbia! Si è affacciata al mondo dell’editoria da alcuni anni e vanta diverse pubblicazioni. Ha un profilo Instagram: sofiaastrisce e un Canale youtube: Elena Bevilacqua

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