Art. 41-bis, ergastolo e profili di (il)liceità costituzionale

Un delicato fenomeno è da sempre quello legato al rapporto che vi è tra il diritto e l’evolversi della società. In tal senso il legislatore è chiamato costantemente ad intercettare i mutati assetti di ordine economico e sociale, sicché da tradurli in norme positive capaci di modellare l’ordinamento in aderenza a tali cambiamenti. Di recente, è stato posto al centro il dibattito riguardante la previsione di misure come il 41-bis – meglio noto con l’espressione “carcere duro” – e l’ergastolo, soprattutto in relazione agli aspetti di liceità sul piano costituzionale offerti da dette misure.
È pacifico sostenere come una delle norme di rango costituzionale che, più di altre, si pone in evidenza a tal proposito, si sostanzia nell’art. 27 della Carta fondamentale, nella parte in cui, si afferma, il principio di rieducazione del reo sulla scia della funzione di reinserimento sociale che riveste la pena comminata all’autore di un illecito, sollevando così, perplessità in ordine alla meritevolezza dei profili sanzionatori suindicati.
A tal punto serve procedere ad alcune precisazioni: con l’art. 41-bis, l’errore che talora si commette, è quello di ritenere tale regime alla stregua di una maggiore afflittività della pena, come si trattasse di una punizione aggiuntiva cui la persona è sottoposta. In realtà, le pesanti limitazioni, sebbene incidano in misura evidente sul paniere delle libertà del detenuto, servono proprio al perseguimento delle finalità primarie che l’istituto tende a perseguire, cioè neutralizzare i contatti con l’esterno là dove fossero stati accertati elementi concreti di pericolo idonei a giustificare le restrizioni ulteriori.

Del pari al 41-bis, anche quando si parla di ergastolo, che esprime di certo la pena più elevata secondo l’ordinamento – il cd. fine pena mai -, è opportuno procedere ad alcune puntualizzazioni: esso, infatti, richiede di essere contemperato con la possibilità concessa al detenuto che avesse mantenuto una condotta regolare, e che dunque non risulti pericoloso, di poter beneficiare di permessi premio, della semilibertà e della libertà condizionale.
Tutto questo spinge a considerare quanto sia necessario procedere ad un bilanciamento complessivo delle diverse situazioni presenti, specie quando, ci si confronti con la natura di interessi molteplici coinvolti, non sempre e per forza convergenti, nell’ambito della medesima fattispecie da regolare, dovendo così individuare la prevalenza dell’interesse ritenuto superiore e, pertanto, preminente sui restanti, attraverso il ricorso ad un’interpretazione orientata conforme a Costituzione.