Teatro Bellini, Ilia Kim interpreta Brahms diretta da Mārtiņš Ozoliņš

Addio al sinfonismo classico-romantico. Sguardo dritto e aperto nel futuro. Così può essere riassunta la parabole musicale di Johannes Brahms cui il Teatro Massimo Bellini ha dedicato venerdì 27 gennaio ( con replica il 28) un intenso concerto, animato dalla presenza di una pianista d’eccezione come la coreana Ilia Kim e dell’incisivo direttore d’orchestra lettone Mārtiņš Ozoliņš, una bacchetta molto conosciuta e apprezzata nel teatro catanese.

E non è casuale che nel programma siano stati abbinati il Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra in re minore op. 15 e la Sinfonia n. 4 in mi minore per orchestra op. 98, in quanto proprio a Clara Schumann, nel 1854, Brahms comunicava, a proposito del Concerto, di aver “trasformato la sua Sinfonia abortita in un Concerto per pianoforte”.
Insomma l’op. 15 è il frutto di un’aspirazione e di una vera e propria ossessione: scrivere una Sinfonia, sogno che solo nel 1876 si sarebbe realizzato, e ricercarne l’attuazione con uno sfrenato spirito di autocritica. Strano Concerto, dunque, questo n. 1in cui lo strumento solista è trattato dal musicista al pari dell’orchestra: insomma si tratta già di una sinfonia con pianoforte aggiunto.
Ilia Kim si è distinta per un’esecuzione energica e tecnicamente ineccepibile, superando le notevoli difficoltà della partitura, che non fa assolutamente sconti al pianista: agile nei rapidissimi arpeggi, estrosa nelle doppie ottave, funambola nelle decime spezzate nella mano sinistra, ha affrontato la densità massiccia degli accordi con grande abilità, confermandosi una delle pianiste più interessanti del panorama odierno.

L’orchestra è stata diretta con accuratezza da Mārtiņš Ozoliņš, che le ha impresso grande forza drammatica e concentrazione espressiva. Bello e raffinato il bis, richiesto a suon di applausi, con il sonetto 104 di Petrarca di Liszt.
Il secondo tempo è stato dedicato alla toccante Sinfonia n. 4, un capolavoro di plurilinguismo musicale, dal contrappunto bachiano alle sonorità zigano-ungheresi dei pizzicati, con tocchi impressionistici che sembrano anticipare Debussy, in un diluvio di note su note, timbri su timbri. L’orchestra del nostro teatro ha reso giustizia alla bella partitura, offrendo anche una convincente prova nelle parti degli strumenti solisti, dagli ottoni agli archi. D’altronde Brahms, da vero tedesco del Nord e appassionato discendente di Bach e di Händel, vedeva nella Sinfonia la summa e il vertice dell’attività di un compositore.
Nostalgia, impeto, delicatezza, solennità: tanti i sentimenti fluttuanti in questo concerto che hanno regalato agli ascoltatori una bella serata di musica.