Insonnia

Ti chiedi per quali sotterranei canali
la notte ci chiami a umani pensieri.
Tu non sai come ghiaccino i fischi
dei treni, quanto freddo patimmo,
quanto amore per i bimbi imbacuccati,
distesi sul sedile, il nero o biondo
capo adagiato sul tiepido grembo
delle madri. Tu non sai la tristezza
dei poveri, reclusi nel serpe dei vagoni
sferraglianti, quando l’osso del cuore
trasale in mezzo al petto a dirci
buoni, a dirci vivi per la nostra fame.
Ti chiedi per quali sotterranei canali
la notte ci chiami a umani pensieri.
Forse è la radice dell’eterno viaggio
(che continua, a sobbalzi, in compagnia
di quei volti di pietà scolpiti). Oppure
l’ombra delle parole che tornano in delirio,
il gesto regalato all’altro, il sogno,
la speranza da chiudere in valigia,
fra un logoro libro e quattro stracci,
come allora ora che da noi il passato
diverge e gridi nella gelida notte
adombra, ove il sonno in scioltezza
a biglie gioca con i pensieri.