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Da chi fu tradita Anna Frank?

La scrittrice Rosemary Sullivan rende noti gli studi legati ad un mistero lungo 78 anni

Il 20 gennaio dell’anno scorso è uscito, edito da HarperCollins, un libro scritto da Rosemary Sullivan che cerca di far luce sulle vicende legate ad Anna Frank, una giovane ebra tedesca che è divenuta un simbolo della Shoah grazie al ritrovamento del suo diario dove la stessa narra del terribile periodo in cui ad Amsterdam si nascose assieme alla sua famiglia in un rifugio ricavato nel retro-edificio degli uffici del padre Otto Frank.

La vicenda da un punto di vista storico va inquadrata durante la seconda guerra mondiale, quando i tedeschi ponevano in essere la cosiddetta “Soluzione Finale”, che prevedeva il rastrellamento di tutti gli ebrei presenti in Europa, per essere condotti nei campi di sterminio nazisti, verità sconvolgenti ed orripilanti che verranno alla luce una volta che il secondo conflitto mondiale terminerà con l’avvento degli alleati e la sconfitta del nemico con la svastica sul braccio. 

In quel periodo per venire meno alle loro ricerche e cercando di salvarsi la pelle, Otto Frank e la sua famiglia decisero, per l’appunto di nascondersi in questo rifugio, e vi rimasero per lungo periodo sino a quando il 4 agosto 1944, verso le 10.30 una macchina della polizia tedesca si fermò ad Amsterdam davanti all’edificio della Prinsengracht 263, sede della società Opekta Pectacon. In quella casa, in un alloggio all’ultimo piano sul retro, si nascondevano da due anni ed un mese otto ebrei: la famiglia Frank, la famiglia Van Pels e il dentista dottor Pfeffer. Comandava l’operazione il sergente maggiore SS Karl Josef Silberbauer, austriaco, con al seguito poliziotti olandesi in abiti civili.

Qualcuno aveva parlato e rivelato la presenza delle famiglie nascoste, ma chi?

Questa domanda è stata lasciata senza alcuna risposta per ben 78 anni, e adesso grazie ad un’equipe composta da Thijs Bayens, un cineasta olandese, Peter Twisk, uno storico e giornalista e Vince Pankoke, ex agente dell’Fbi e con l’aiuto di ricercatori, archivisti, analisti forensi, storici, criminologi e tecnici informatici hanno passato al setaccio migliaia di documenti per cercare di riuscire a ricostruire come realmente andarono le cose. Rosemary Sullivan nel suo libro descrive tutte le piste percorse da studiosi e tecnici, ed alla fine dice come le indagini si siano incentrate su quattro soggetti che potevano essere ipoteticamente responsabili della soffiata. Esclusi i primi tre,cioè Ans Van Dijk, Bep Voskuijl e Hendrik van Hoeve, per insufficienza di prove ne rimase uno solo: il notaio ebreo, membro del Consiglio ebraico di Amsterdam, Arnold van den Bergh.

Quest’ultimo su ordine dei nazisti doveva occuparsi di selezionare i nomi degli ebrei da inserire nelle liste di deportazione e nonostante fosse in realtà ebreo, come scritto, era riuscito a farsi inserire nella lista del tedesco Hans Georg Calmeyer che, ufficialmente, dichiarò la sua non appartenenza alla razza ebraica. Per questo motivo riuscì ad esercitare la sua attività fino a quando non fu denunciato alla SS dal suo successore notarile; a quel punto il notaio Van Den Bergh per salvare se e la propria famiglia dalla persecuzione razziale, barattò la propria salvezza dando degli indirizzi di nascondigli di ebrei ad Amsterdam, inconsapevole che tra questi vi fosse anche la famiglia Frank.

Ciò che emerge da questo triste ed amaro racconto è la pietas che la scrittrice Sullivan rivolge al colpevole di questo tradimento, contagiato dal male; ed ancora più come i tedeschi siano stati colpevoli di un male ancora più infimo e meschino: mettere le vittime le une contro le altre portandole alla rovina o ancor peggio alla morte.

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Alessandro Sorace classe 1988, nato a Catania. Giurista, giornalista pubblicista, appassionato di arte, storia ed amante della cultura, del gusto e del buon vivere. Collabora da gennaio 2022 col quotidiano online "Clessidra 2021".

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