Giornata della Memoria. Ricordare per non dimenticare

Come ogni anno, il 27 Gennaio viene riconosciuto a livello internazionale come il Giorno della Memoria. Questa decisione, risalente al 2005, venne presa dall’Assemblea generale dell’ONU in riferimento alla liberazione del campo di concentramento di Auschwitz da parte delle truppe sovietiche appartenenti all’Armata Rossa. Difatti, Auschwitz è diventato uno dei simboli costantemente menzionati in merito allo sterminio degli ebrei, e la sua liberazione ebbe un’importante rilevanza storica ai fini di comprendere tutto l’orrore che quei cancelli e quel filo spinato cercavano di tenere lontano dal resto del mondo libero.
In effetti, durante quel terribile e buio periodo, bisognava nascondere qualsiasi traccia che potesse fare risalire alla verità dei fatti: l’obiettivo era agire velocemente, tanto nello sterminio quanto nell’occultare tutte le atrocità compiute, con una precisione propagandistica senza rivali.
Nell’immaginario collettivo, i lager erano circondati di verde e offrivano agli ebrei sia lavoro che tempo da poter dedicare alla ricerca della propria tranquillità. Dall’esterno, gli occhi innocenti non riuscivano a scrutare al di là di questo. L’inganno, che era stato organizzato dal regime appositamente per garantirsi l’appoggio dell’opinione pubblica e per non intimorire la popolazione ebraica che si accingeva a raggiungere quei luoghi contro la sua volontà, era come un filtro presente tra le persone e la realtà
concreta delle cose. Anche nel momento in cui si iniziò a scavare nel profondo e a scoprire cosa avvenisse davvero, si cercò di bruciare ogni testimonianza così da dimenticare l’accaduto. Come se niente fosse mai esistito.Eccolo il cambiamento: da una memoria che significava dimenticare, a una memoria che vuol dire ricordare.

Ricordare attraverso l’ascolto delle narrazioni dei sopravvissuti alla Shoah che, con voce tremante, richiamano alla mente tutto l’orrore subito sulla pelle e lo tramandano per poter dare un insegnamento alle generazioni future.
Ricordare toccando con cura le lettere ormai ingiallite dal passare degli anni, che ci parlano tramite parole colme di amore, speranza, paura e che la mano, mentre imprime l’inchiostro nero, vorrebbe non fare intendere, ma non si ha la forza per lottare contro le proprie emozioni, e una lacrima finisce per bagnare il foglio seguita da tante altre.
Dovrebbe essere sempre il giorno del ricordo, in cui volgiamo lo sguardo su tutte le atrocità disumane che l’essere umano ha compiuto e continua a compiere ancora oggi.
Perché nelle guerre, l’impensabile è già pensabile. Bisognerebbe solo evitare di renderlo realizzabile.